venerdì 9 ottobre 2015

HO TRENT'ANNI: SUVVIA, PARLIAMONE.

Se c'è uno straccio di genetliaco che val bene una citazione sul blog, beh, è questo: domani avrò trent'anni, cifra tonda.

Il che dovrebbe far paura, e invece no, perché la mia crisi l'ho già avuta ai ventisette - l'anno in cui ho capito che, nonostante il tesserino, sarei comunque stata troppo vecchia per le riduzioni agli universitari - e adesso son qui bella paciarotta. Io odio festeggiare i miei compleanni (credo abbia a che vedere con il mio disturbo da ansia da prestazione) e quest'anno non sarà l'eccezione alla regola: niente party alla Grande Gatsby in casa Pelliccia, ma se volete farmi gli auguri (e i regali, razza di poracci!) sono sempre ben accetti.

Tuttavia, nonostante questo mio generale distacco e poco entusiasmo per la celebrazione dell'avanzare della mia ormai veneranda età, beh, direi che l'avvenimento spinge a una riflessione: insomma, trent'anni non sono il momento perfetto per fare tutte quelle cose del tirare le fila, mettere punti e darsi nuovi obiettivi? Non sono il momento perfetto per i punti sulla situazione, i programmi per il futuro e la definizione di cosa è veramente importante nella vita?

Sì, i trent'anni sono il momento ideale per mettere in cantiere un sacco di progetti interessanti: incominciare a bere acqua detox, per esempio, e passare dalla crema idratante a quella antirughe perché non possiamo più tardare la presa di coscienza dell'esistenza delle malvagie rughe naso-labiali e del fatto che nessuna di noi rimarrà immune a lungo.
Sarà il caso di piantarla con le letture da ragazzina e fare l'abbonamento annuale  a Vanity Fair, sia mai che arrivi il momento buono per imparare a vestirmi come una signora, non più come una signorina.
L'impegno concreto che voglio prendere per l'arrivo dei miei trent'anni, e lo dico pubblicamente davanti a tutti voi, è quello della crema anticellulite, perché va bene la corsa, va bene la Kayla Itsines e l'acqua con l'alga spirulina, ma qua è arrivato il momento di tirar fuori l'artiglieria pesante e affrontare la mia peggior paura, che si riflette nell'immagine di una me, nuda e tremante una mattina di gennaio, nel freddo della bruma, a spalmarmi roba color fanghiglia stando attenta a eseguire movimenti circolari esercitando una pressione costante.
Forte del fatto che, insomma, quando uno ha trent'anni diventa assolutamente giustificato l'utilizzo di espressioni quali "ai miei tempi" o "quando ero giovane", la vecchiezza diventerà non solo autorizzata ma per me motivo di vanto: diamo quindi un caloroso benvenuto alla copertina il venerdì sera e alla coca cola all'aperitivo quando la sera prima si è esagerato; le serate più divertenti saranno quelle in cui potremo ricordare i bei vecchi tempi all'università, da cui ormai ci separano i secoli, con toni nostalgici, tracannando birra. Lo so, lo so che a trent'anni si dovrebbero perdere le brutte abitudini e cominciare a trattare il nostro corpo per quel tempio che è, ma vi ricordo che io ho già intenzione di fare lo sforzo con la crema anticellulite. Una cosa per volta.

Altre cose importantissime da fare prima che arrivi domani: procurarsi un ombrello con cui andare in giro senza provare vergogna (no rosa, no pois, no fru fru, NO HELLO KITTY); aprire un fondo pensione che, ok, mi avete convinto, non si sa mai; togliere dal curriculum quella voce che lascia ad intendere che sappia parlare vagamente tedesco, ho smesso di studiarlo dodici anni fa, farsene una ragione; fare una compilation su Spotify di sole canzoni italiane anni 90 da ascoltare mentre stiro (sono naturalmente compresi Nek, Syria e i Dirotta Su Cuba, Massimo Di Cataldo no.); buttare via i tesserini dell'università che riportano una me diciottenne veramente poco credibile ormai, cosa che avrei dovuto fare già ai ventisette, ma non ho fatto perché ero troppo depressa; smetterla con lo shopping compulsivo, ho bisogno di pochi capi che mi valorizzino (AHAHAHA *risate fuoricampo*); programmare un viaggio fighissimo; imbottirmi di VivinC perché iniziare i miei trent'anni con gli acciacchi, grazie ma anche no.

Sono stanchissima. Per i prossimi buoni propositi, mi sa che ci vediamo ai quaranta.



domenica 4 ottobre 2015

SHOPPING SENZA FRONTIERE: DEPOP.

A volte, anche in una città come Milano, lo shopping è una pratica difficoltosa. Indirizzi sbagliati, orari d'apertura da medioevo, impegni lavorativi e un sistema metropolitano inefficiente ci conducono troppo spesso a optare per la scelta più ovvia e più semplice, ovvero Zara. Zara, per coloro a cui piace vincere facile.

Il mese scorso cercavo una cintura un po' gioiello da abbinare all'abito per il matrimonio del primo (e unico) tra i miei cugini a cui non sono venuti eritemi in faccia al solo sentir menzionare la parola "confetti". Non che ci avessi pensato io,onestamente, ma di fronte al mio allegro abito pantalone blu notte abbinato con accessori neri, Madre e zie timidamente mi hanno suggerito l'idea di dare un po' di luce al mio abbigliamento funereo con qualcosa che fosse un po' meno creepy e magari intonato alla clima di giuoia della serata imminente.

Quindi volevo una cintura a vita alta, sottile, magari colorata, magari con delle pietre. Piena di buone speranze, sono uscita di casa e mi sono aggirata per il mio quartiere, Isola, il quale letteralmente pullula di negozietti vintage e second hand, vuoi che non riesca a trovare qui la cintura che mi aggrada? E infatti. Al che, amareggiata e con un culo più pesante di una sporta di mattoni, l'ideona: cià, ma proviamo a vedere cosa trovo su Depop.

Depop (ma molto tempo prima che vi approdassi io si chiamava Garage) è una specie di mercatino dell'usato virtuale in cui blogger, shopping compulsive e chiunque altro vende-compra-scambia in un ambiente relativamente protetto. Non so come né quando né perché, ero iscritta ab illo tempore senza mai degnarmi di usarlo, fatto sta che l'app campeggiava tronfia con il mio profilo intonso sullo schermo dell'Iphone.

Da vera vecchia quale sono, ho sempre titubato sugli acquisti on line, in primis per una questione di anziana malfidenza (ma sarà mica una truffaaaaaa?), e in secondo luogo perché l'idea di acquistare senza vedere-toccare con mano e soprattutto provare mi genera un po' di ansia. Eppure come si sa, a mali estremi occorrono rimedi estremi, perciò, senza grandi aspettative, mi sono messa a spulciare in cerca della cintura perfetta e... tadaaaan!  Contro ogni aspettativa, eccola lì la mia cintura, un gioiellino targato Armani primi anni 90 in raso nero e cristalli, ammiccante dallo schermo e, destino dei destini, DELLA MIA MISURA!

Luccica e sta almeno dieci centimetri sopra l'ombelico... perfetta direi!

E' stata un'escalation dalla potenza inarrestabile di una slavina: intanto ho pensato, se compro perché mai non dovrei anche vendere, e far fruttare così tutti quegli ingombri vestitiformi che sono sopravvissuti al ciclone Marie Kondo solo per rimanere un'altra stagione a campeggiare nel mio armadio?
Naturalmente, prima ancora che avessi deciso anche solo vagamente cosa mettere in vetrina, avevo di nuovo acquistato un paio di occhiali da sole, introvabili nel colore che mi piaceva in tutto l'interland milanese.

Ciao Me-Tro Spektre Blue Mirror, vi ho desiderato tanto, non lasciamoci più.

Questa è la prima difficoltà di Depop: mantenersi razionali. C'è tanto ciarpame naturalmente, tante cose che semplicemente non interessano, ma trovi anche pezzi meravigliosi, introvabili, desiderati, il più delle volte a veramente poche manciate di euro o comunque a prezzi vantaggiosi rispetto a quelli dei negozi fisici. E la tentazione è forte, perciò è necessaria l'autodisciplina: io mi sto creando una sorta di wishlist di oggetti che mi piacciono, e ho deciso che comprerò man mano che, vendendo, me lo potrò permettere. In questo modo non divento povera e tengo fede al mio proposito di non sovraccaricare l'armadio. Al momento sono a tre acquisti e ho una wishlist chilometrica che comprende una gonna di Lazzari adorabile con le taschine a forma di mela, una pochette rosso fragola American Apparel, scarpe improbabili e un'insegna rotativa al neon (?).

No, ma non mi sta prendendo la mano.

Se gli acquisti vanno alla grande, delle vendite posso giusto non lamentarmi: Depop ha solo confermato un sospetto che avevo già da tempo, ovvero una scarsa propensione da parte mia per gli affari. Se il mio approccio verso quello che voglio comprare è mi piace - pago - prendo, quello del 90% del resto del mondo è forse mi piace ma vorrei le foto anche del buco del culo - ti chiedo le misure precise al millimetro - che composizione ha? - vorrei vederlo indossato - ho gli sbatti però giuro ti pago - ho problemi con PayPal - ho problemi con Postepay - mi è affogato il pesciolino rosso e non ho potuto ricaricare - ma mi fai lo sconto? - le spese di spedizione non te le voglio pagare - scambi? 
Ci sono persone con cui si arriva a scambiarsi i dati del pagamento e poi spariscono. Letteralmente. Nel nulla.
Altre fanno proposte assurde.
Tutti hanno problemi. E tutti (tranne me) sono bravi a chiedere gli sconti.

Anche su Depop la differenza tra la gente figa e me è lampante, e il fattore discriminante non è tanto quello che proponi quanto - scopertona -  come lo fai. Ho capito che la qualità migliore nel mondo contemporaneo è la capacità di fare foto decenti. E avere una casa adeguatamente illuminata.
Io devo ovviamente fare tutto da sola, ho chiesto una volta una foto a Il Pelliccia e ciao. Ragazzi, faccio quello che posso, davvero: spesso ho paura che il portinaio passi sul ballatoio e mi becchi in mutande in piedi sul tavolo a fotografare un foulard. Il risultato sono sempre foto sovraesposte, sgranate, con me che cerco goffamente di nascondere il fatto che sotto quell'adorabile giacchina che sto cercando di propinarvi, ho un pigiama  con la faccia di Pluto.

Qualche informazione per le vecchiacce malfidenti come me: 
è sicuro? Con un po' di buonsenso annesso, direi di sì. Ovvio che ci sono le fregature, tipo gente che cerca di rivenderti cose che troveresti a molto meno direttamente in negozio o ciarpame inguardabile. Tendenzialmente però, il fake è controllato, punito e castigato, e pagando direttamente tramite il sito hai anche diritto a una tutela in caso di acquisto di merce non conforme a quella pubblicizzata (leggi, truffeeeeeee). Da parte del venditore, i soldini ti arrivano direttamente sul tuo conto PayPal e se la merce che hai spedito per un qualche motivo viene dirottata in Perù interviene Depop che ti rimborsa. 
è conveniente? Sì, no, dipende. Devi stare attenta a cosa stai cercando, valutare le proposte ed essere veloce. Perché è ovvio che se c'era un'occasione, te l'hanno appena soffiata sotto il naso. La buonafede è alla base, ma non passate per coglione: ovvio che certe cose non le regala nessuno, ma prenderle di seconda mano per risparmiare un pulcioso euro anche no. Fate cinque minuti di ricerca su internet e siete in grado di capire se ne vale la pena o conviene girare da un'altra parte.
è lucroso? AHAHAHAHA. Se pensate di fare i soldi con Depop, CIAO. Il mercato è saturo, e ci sono già le leonesse a detenere il posto fisso in Home page. Accontentatevi di ricavarci la paghetta e di avere l'occasione di disfarvi di pezzi che tenete nell'armadio a fare la muffa da ormai troppo tempo.
è davvero interessante? SI'. In mezzo al ciarpame c'è la possibilità, per chi ha la tenacia del cane da tartufo, di trovare pezzi veramente unici: c'è del vintage, ci sono oggetti del desiderio andati sold out ovunque, il fatto a mano, le edizioni limitate del recente passato, o semplicemente oggetti che covavi da tempo ma che non ti era mai riuscito di trovare nelle tue solite frequentazioni.

Turbante fatto a mano, il brand si chiama S L O W L Y e crea dipendenza.

Vi ho convinte? Ci vediamo su Depop? E allora vi smarchetto subito il mio account che certamente è lagianni85: va bene, le foto fanno cagare, è vero, l'ho infarcito di puttanate di Zara, ma i prezzi cercano di essere onesti e non vi faccio pagare le spese. E poi dai, l'insegna rotativa in cucina mi serve davvero.

Ma vi immaginate le minchiate che potrei scriverci?!



giovedì 24 settembre 2015

SI FA PRESTO A DIRE SHOPPING

Parlare della Milano Fashion Week durante la Milano Fashion Week è così mainstream che ormai non lo fa più nessuno, apparte IoDonna e MarieClaire. E vivaddio, perché se c'è un periodo dell'anno in cui sentirti la grande esclusa, è proprio questo: niente party. Niente sfilate. Manco un pulcioso fotografo di street style che ti si fila (ehy Scott Schuman, dico a te se mi leggi!). Per fortuna che ieri sera hanno passato KungFu Panda alla tv, sennò sai la noia.
Pertanto non proferiremo verbo sulla questione - tranne che per dire che la Chiaretta Ferragni per il momento sta azzeccando tutti i look, alla faccia di chi le vuole male - ma parleremo piuttosto di altro,  argomenti caldi che necessitano una più approfondita dissertazione, ad esempio:
che alternativa trovare a questa riga in mezzo che ha stufato e che ho scoperto dopo due anni che mi sta male perché ho la fronte bassa?
è forse giunta l'ora di prendere in considerazione una seconda sfilza di sedute per la depilazione laser e disboscare definitivamente le gambe?
cosa regalarmi per celebrare i trent'anni che si avvicinano? 

Ma anche: perché è così difficile fare lo shopping per i bambini?

Stasera andiamo a cena a casa dell'ultimo nato dell'ormai nutrita schiera di nipotini e nipotine acquisiti: un bel batuffolino cicciottoso col naso a patata che si chiama come la più ganza della Tartarughe Ninja. C'è di che festeggiare, e festa significa regalo, sennò si sarebbe chiamata pizzata e pace all'anima. Inoltre, il galateo non scritto dei bambini vuole che non ci si dimentichi che il festeggiato in questione ha sorelline/fratellini più grandi, oltretutto reduci da forte shock emotivo, che necessitano pertanto di un premio di consolazione. Per espletare questi miei doveri morali, oggi sono andata in missione baby shopping. Trattasi di una di quelle attività, insieme ai matrimoni, per cui generalmente mi si attribuisce uno stratificato know-how, per il semplice fatto che mi ritrovo spesso ad averci a che fare. Errore. Così come ai matrimoni non so mai cosa mettermi né quali sono le frasi di augurio adatte da sussurrare all'orecchio della sposa, lo shopping per bambini mi catapulta in una realtà parallela in cui le misure vengono espresse in centimetri e i giochi hanno sempre parti piccole che potrebbero essere ingerite o aspirate (crisidansia: ma perché ce le devono mettere, queste parti, non possono creare giochi da un unico blocco di plastica?).
Certo, qualche nozione di base ce l'ho. Ad esempio so che, mentre la PeppaPig divide genitori e bambini (e io sto coi genitori, perché questa storia delle famiglie monorazziali deve proprio finire), mentre invece Masha e l'Orso mette d'accordo un po' tutti (tranne Il Pelliccia, che familiarizza con l'Orso e ci sta male). Ma al di là di questo, brancolo nella nebbia per terreni sconosciuti.

Trovandomi già per caso in zona Duomo per via dei miei illeciti traffici su Depop (devo farci un post, in effetti...), ho optato per la mecca degli undercinquenni, ovvero il Disney Store: dove, se non lì, puoi sperare di cavartela con i regali per un bambino? Eppure, anche lì, i livelli di difficoltà non sono mica così semplici:

- livello di difficoltà n.1: decifrare le taglie. Da Disney sono già un passo avanti, oltre la presunta lunghezza dell'infante, ti indicano direttamente sulla gruccetta la corrispondenza in mesi, a partire dal newborn (delle cosette piccine picciò che ciao) fino a boh, i dodici anni credo, evitandoti l'imbarazzo di girare col metro Ikea in tasca per prendere le misure ai figli delle tue amiche. Solo che io, dopo aver collezionato decine di mamme che, riferendosi al proprio pargolo, declamano: "Questo piccolino è nato l'altro ieri epperò gli devo già mettere le tutine dei sei mesi" non mi fido. Inoltre le taglie vengono espresse in multipli di tre: 0-3 mesi oppure 3-6? Aiuto, ma la via di mezzo? Come crescono sti bambini, alla SuperMario quando mangia i funghetti? Il logaritmo diventa più complicato in quanto si ha a che fare con creature che si allungano alla velocità della luce, perciò c'è sempre il dubbio: glielo prendo giusto giusto che se lo mette adesso, oppure sto abbondante sui 3-6 mesi che mi levo dall'impiccio? E se sto abbondante, fammi calcolare in che mese saremo da qui a 3-6, mica che gli compro il piumino che gli va bene ad Agosto e lo mando in infradito ad aprire i regali sotto l'albero.

- livello di difficoltà n.2 : con cosa giocano i bambini? Se c'è una cosa pacifica, è che le cose che andavano di brutto quando ero piccola io, cioè le Barbie, il Mio MiniPony e il Banco Scuola, non tirano più come una volta. Che poi mi chiedo con quale entusiasmo a me e alla Sgnappa piacesse giocare con il Banco Scuola, vista la costellazione di innumerevoli banchi che ci avrebbe aspettato distribuita uniformemente per i futuri vent'anni della nostra vita. Eppure ci giocavamo di brutto: io, in quanto Sorella Maggiore, avevo il diritto insindacabile di coprire il ruolo della maestra, schiavizzando la Sgnappa a fare finti compiti che se non finiva, lavativa, la spedivano diretta a scontare la punizione. Ora che ci penso, forse mi ci divertivo solo io.
Comunque, per il benessere di tutte le sorelle e i fratelli minori costretti a subire angherie e nonnismo, questi sono giochi che non vanno più di moda: al Disney Store ho visto set di personaggi sconosciuti in plastilina, giochi radiocomandati e peluche di principesse ciccione. Ma che è sta moda delle principesse ciccione? Ok che la Barbie era forse un pelino troppo figa, ma non siamo un po' giovani per questo bagno di crudo realismo? 

- livello di difficoltà n. 3: come evitare un regalo da perdente. Che poi in ogni caso il vero problema è: ok ma quali sono le principesse fighe e quali quelle sfigate? Per esempio, da piccola mai e poi mai avrei voluto che mi regalassero una Biancaneve (orrore! Una principessa coi capelli corti!) o quella cessa di Pocahontas che finiva sola e mesta, mentre ovviamente avrei gioiosamente gradito le fighe di Belle e di Aurora che si sparavano il ballo finale con un vestito degno del Mio Grosso Grasso Matrimonio Gipsy! Ci sono sempre i personaggi di serie B, e tendenzialmente li riconosci perché  gli scaffali a loro dedicati sono sempre i più pieni. Però sarebbe carino se il personale, adeguatamente istruito, ti desse suggerimenti pratici del tipo: "La bambina ha otto anni? Naaaaa Violetta è superata ormai, adesso va di moda Descendants che, tu non lo sapevi, me è tipo l'Once Upon A Time dei prepuberi, e guarda, questo è il personaggio figo e tal'altro lo sfigato..." e così via, guidandoti in un a scelta più consapevole.
Non potendo usufruire di questo illuminato servizio, ho dovuto fare da me e ho scelto:
per lui, una tutina di Topolino non troppo azzurra (che mi fa sempre tristezza) e senza quei piedini e manine incorporati (che mi fanno sempre camicia di forza), un po' abbondante, con le maniche lunghe e in felpa, per il prossimo Dicembre dovremmo esserci. E due bavaglini abbinati che secondo me di quelli le mamme non ne hanno mai troppi.
per lei, mi sarebbe piaciuto buttarmi su qualcosa di Inside Out che mi piace troppo, ma a parte il dubbio (e se non l'ha ancora visto? Se non le piace?), tutte le bambole di Gioia erano finite (ma dai?) e io non volevo comprare né Tristezza né Disgusto (e Rabbia mi fa un po' paura) e soprattutto, non c'erano altri giochi se non penne e gomme colorate. E astucci. Ma io dico. Alla faccia del Banco Scuola! Così alla fine mi sono buttata su quell'ancora di salvezza che è Frozen, perché Olaf piace sempre a tutti a prescindere da età, sesso e religione. Mentre facevo la fila per la cassa però mi è caduto l'occhio su certe cover per l'IPhone, e ripensandoci devo dire che per soli quindici euro e novanta, anche se è rimasto solo Rabbia...


lunedì 14 settembre 2015

LITIGARE

Questo è un post che ho scritto qualche mese fa, in una palude di tristezza, e che non ho avuto il coraggio di pubblicare, perché mi spaventava. 
Lo pubblico adesso, perché è più facile fare i conti con la propria debolezza, una volta che ce la si è lasciata alle spalle.
Ti amo tanto.


A volte non c'è una ragione per farlo.
A volte è solo una stupida necessità fisica, pura cattiveria, perché io sono triste, io sono nervosa, io non mi piaccio come sono, non mi piace quello che faccio, quello che penso, quello che scrivo io, e poi io io io io.
A volte è solo sadismo, è solo masochismo, è solo un pretesto.
A volte sembra che a digrignare i denti ci si senta meglio, serva a scaricare le colpe che non abbiamo sulle spalle di qualcun'altro, perché c'è bisogno, un bisogno concreto, di sentirsi più leggeri.
A volte è per niente, solo perché in fondo in fondo si è rimasti capricciosi, si hanno cinque anni e il ciuccio come mia sorella che ne ha due lo voglio anch'io, poi si hanno dodici anni e le mie amiche vanno al concerto a San Siro, e poi si hanno sedici anni e voglio andare in discoteca e mi rompe che mi dici va bene vai ma torni all'una, che all'una forse cominciano giusto a farti entrare, al Celebrità. E poi hai trent'anni, e ti senti come quando ne avevi cinque e poi dodici e poi sedici e hai deciso che vuoi litigare.
A volte è perché sono così inutile, così maledettamente inutile, e avrò il diritto santo dio, avrò il sacrosanto diritto di urlare al mondo che non è colpa mia, che non è giusto, e che vi odio vi odio vi odio, ma il mondo non è mica lì a stare a sentire te, e non puoi spaccare i vasi, non puoi prendere a pugni i muri, o la tua testa, allora prendi a pugni qualcun'altro, forte, più forte, e non importa quanto gli faccio male, di quello, forse, me ne preoccuperò dopo, ci penserò dopo, adesso ho solo voglia di veder scorrere il sangue, di graffiare, di urlare, urlargli, perché sì, perché secondo un logica malsana, distruttiva, non posso stare male da sola.
Perdio, non posso stare male da sola.
Se ti faccio male, è perché non posso stare male da sola.

mercoledì 9 settembre 2015

COSA STO FACENDO DI TANTO INTERESSANTE

Avete presente che fastidio quelle persone che si giustificano sempre del fatto di non essere riusciti a fare qualcosa con la scusa che non avevano tempo? Io le odio, perché sono del partito che se ci si tiene, il tempo lo si trova per fare qualunque cosa. Scrivere sul blog per esempio. 

Ecco, eppure sono settimane che latito e il motivo, giuro, è che non ho avuto tempo. Dato che non sto scrivendo un romanzo, né pulendo le fughe delle piastrelle, che cosa mai mi starà tenendo tanto impegnata e tanto distante dal blog? Ecco un sunto di quello che sto facendo da poche settimane a questa parte, e credetemi se vi dico che ho lo smalto sbeccato da due giorni e me ne vergogno ma ancora non ce l'ho fatta a cambiarlo:

- sto lavorando, molto ma soprattutto con soddisfazione, esperienza che non capitava più da troppo tempo ormai. Mi destreggio tra turni che spaziano dalle 8.30 del mattino alle dieci di sera, con conseguente labirintite e alterazioni nel ritmo circadiano, ma a cui mi adatto con grazia, buona volontà e stoicismo, grata al destino benevolo che mi fa alzare dal letto la mattina con entusiasmo e senza vedere la morte nera e mi fa tornare a casa la sera assaporando il gusto dolce di una stanchezza produttiva e soddisfacente. L'anno orribile che mi sono lasciata alle spalle mi ha insegnato una cosa fondamentale, e cioè quanto importante sia l'impatto che la sfera lavorativa ha sulla mia vita, il mio umore, il mio benessere. Perciò, un consiglio spassionato: non rimanete infelici, perché il lavoro non sarà tutto, ma è comunque tanto, e quando vi mangia il fegato rischia di inghiottire anche tutto il resto.

- mi sto allenando, secondo il programma di quella pazza di Kayla Itsines e la sua Bikini Body Guide. Ebbene sì, ho deciso di prepararmi alla prova costume alla fine di agosto, a riprova di un tempismo che da sempre mi appartiene. Diciamo che è un investimento per l'anno prossimo preso con grande anticipo. La BBG l'ho ovviamente scoperta su Twitter, perché le blogger del mio cuore ci stanno in larga misura provando, e da brava influenced io mi faccio tirar dentro a qualsiasi cosa. Se domani decidessero di collezionare cacche secche probabilmente mi trovereste a battere marciapiedi assolati alle due di pomeriggio. Comunque. Questa BBG è praticamente un impegno a tempo pieno: il succo è che hai un programma di allenamento di dodici settimane in cui alternare sessioni di allenamento cardio e workout per diventare figa. Detta così sembra facile, in realtà è una mazzata: io sono alla quarta settimana e mi toccano tre uscite di corsa leggera (mezz'oretta) + tre allenamenti, lunedì gambe, mercoledì addominali e braccia, venerdì total body. Il Pelliccia, che di tanto in tanto mi segue al parco, armati di tappetino e pesetti, può testimoniare che non sono una passeggiata. La vera destrezza sta tuttavia nell'organizzare le uscite di allenamento incastrandole con i turni lavorativi: Rubik, scansati. In tutto ciò, dopo quattro settimane io non ho ancora il mio belly slot, e la cosa mi fa alquanto incazzare. Forse dovrei riflettere sul fatto che scionfarsi di rotelle alla liquirizia tutte le sere dopo cena non aiuta la causa. Mi riprometto comunque di aggiornarvi quando e se arriverò viva alla fine delle dodici.

- sto leggendo libri fighi ultimamente: pensavo che la mia vita sarebbe finita con il concludersi dell'ultimo capitolo de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, soprattutto perché subito dopo sono incappata nella Guida Galattica per gli Autostoppisti e, boh, forse sono io che non capisco lo humor inglese, ma mi ha fatto cagare a volontà. Ero a un passo dal gettarmi dal dirupo del Monte Fato, e invece ho scoperto che c'è ancora una speranza là fuori: nell'ultimo mese ho letto Dio di Illusioni di donna Tartt (fighissimo) e Lo Strano Caso del Cane Ucciso a Mezzanotte di Mark Haddon (tenero), ma soprattutto sto leggendo IT. IT. Quello che la mia mamma non mi ha mai permesso di vedere  il film quando ero piccola perché avrei fatto brutti sogni e quando sono diventata più grande mi cagavo sotto. Beh, anche adesso mi cago sotto. Quando lo leggo e sono a casa da sola controllo bene che la porta sia chiusa a chiave e lascio una luce accesa in corridoio. Non si sa mai. Sono mille e trecento pagine di libro e non riesco a lasciarlo giù: me lo carico nel cestino e caracollo fino al lavoro e in pausa mangio una focaccia velocissima per avere tutto il tempo possibile per leggerlo. Sono letteralmente assuefatta. L'altro giorno riflettevo col Pelliccia di come le nostre (mie) conversazioni siano per grandissima parte influenzate dal libro che sto leggendo in quel periodo, specialmente se, come spesso succede, mi genera questo effetto di morbosa dipendenza. Io ho bisogno di condividere, e non faccio granché caso al fatto che magari il mio interlocutore quel libro non l'ha letto e che, non so, magari potrebbe aver voglia di leggerlo un giorno e io gli sto, come dire, spoilerando tutto lo spoilerabile. Comunque. L'abbiamo letta tutti la notizia che la Rowling sta lavorando al prossimo Harry Potter in uscita per il 2016, non è vero?

- sto facendo shopping. Ma che strano. Ho comprato una gonna da pin up con l'orlo sceso (che Madre ha prontamente riparato, grazie Madre) e una camicia con le spallotte anni '80 in un negozino vintage dietro al Duomo per la sproposita cifra di 20 euro totali, un paio di skinny jeans neri a vita alta e con le ginocchia di fuori che mi sento troppo la mia compagna di banco al corso di russo, ma soprattutto i miei adorati Spektre Me-tro blu e una cintura Armani vintage in satin nero con fibbia di cristalli sul mio nuovo feticcio, Depop. E a proposito di Depop

- sto vendendo. Una volta buona, invece che continuare a scialacquare e basta, ho pensato di utilizzare questa magica piattaforma, che è a metà fra Instagram e EBay, per il suo scopo più nobile, ovvero disfarmi di roba che per un motivo o per l'altro non metto più e monetizzare nel frattempo per rimpolpare il mio guardaroba di cose che adesso mi sembrano assolutamente indispensabili ma che tra un paio di mesi per un motivo o per l'altro non metterò più e forse vorrò rivendere e così via, in un circolo di becero consumismo e follia che non vedrà mai una fine. Ho iniziato oggi e ho già venduto due - due!- oggetti, sono emozionatissima! Tipo che la prima notifica di acquisto è stata un po' del genere Oddio! Ho venduto! Ma io non credevo sarebbe successo veramente, l'ho fatto solo così, per provare! E adesso che faccio? Come si spedisce sta roba? Devo chiamare il corriere? Fammi vedere a che ora chiudono le poste! Devo comprare una montagna di buste quelle con i pallini dentro, così una la uso per la spedizione e a tutte le altre schiaccio i pallini per tenere a bada tutta questa agitazioneeeee! A parte il mio isterismo, tutto bene. Se volete dare un'occhiata alle mie cianfrusaglie mi trovate come @lagianni85 ovviamente. Cercherò di essere onesta, promesso.




martedì 18 agosto 2015

SCARPE CON GLITTER E ALTRI ACQUISTI SCONSIDERATI

Insomma, è autunno.  

Una volta passato anche ferragosto, si fa quel periodo dell'anno in cui una volta cominciavamo a manifestarsi pruriti per zaini, pastelli e diari rosa. Adesso si accarezzano i maglioni di cachemire, si cominciano a compilare liste di tè e tisane da provare e, soprattutto, si comprano scarpe.

Dopo un'estate passata ciabattando in Birkedioleabbiainglorianstock, un po' pregusto un po' tremo al pensiero dell'imminente ritorno alle scarpe chiuse. Le scarpe dell'autunno sono della specie più pericolosa in assoluto perché, se d'inverno andiamo tranquille col supporto del calzettone di lana merino infilato a forza sotto lo stivale, in autunno c'è da andare a piedi scalzi. Anche se all'improvviso si dovesse mettere a fare cinque gradi il primo di settembre, regole non scritte vogliono che collant e calzettoni siano vietati, si va col cappotto e intabarrati fino alla punta del naso ma la caviglia che sia coraggiosamente scoperta. Ergo, comprare scarpe per l'autunno necessita di un'attenta valutazione: dovranno essere morbide e di ottimo cuoio per evitare stigmate e purulente piaghe da sfregamento, bisognerà fare attenzione a lacci e laccetti, che se poco poco butta una giornata di sole si ha l'effetto cotechino. 
Si parte così, sempre armate di buone intenzioni e di questionari dettagliati da sottoporre ad ignare commesse, fermamente convinte che quest'anno no, non si cederà al primo modello in cartapesta, costellato di borchie che si incastonano direttamente nella pelle e con una suola di pura ossidiana che sloga le caviglie solo perché è tanto cariiiiiino.

E infatti al primo colpo, occasione imperdibile pescata tra i saldi di luglio, ho acquistato queste:

Guarda come brillano!

Sono di Kurt Geiger e non ho potuto veramente impedirmelo perché:
A. sono di glitter oro, ripeto: sono di glitter oro.
B. mi fanno sentire il Gran Ciambellano della Maria Stuarda.
C. erano scontate del 50%.

Glitter e calzatura sono due vocaboli che mai dovrebbero incontrarsi in questo universo spazio temporale. Sembra di indossare le carcasse di due ferri da stiro e ho paura che ci camminerò con un'andatura alla Frankenstein che mi farà onore. Già pregusto le escoriazioni e le chilometriche bolle che mi faranno piangere lacrime di pentimento, ma è lo scotto da pagare per sì adorabili creazioni. 

Per non lasciare scampo alcuno alle mie povere estremità, da Zara ho comprato senza neanche provarle queste:

C'è ancora attaccato il cartellino, quanta tenerezza...

Non che volessi eh. Galeotto fu un viaggio di ritorno dalla Liguria con Pelliccia intento alla guida e nonna dormiente sul sedile posteriore. Per tenermi compagnia ho aperto la app di Zara e toh! Hanno appena messo fuori la nuova collezione! Le ho viste e ho sognato di loro tutta la notte come fanno gli innamorati. Il giorno dopo in pausa pranzo, coperta da una divisa siberiana e sudante come un panda in sauna, ho chiesto il favore ad un attonita quanto sconosciuta ragazza di provarle per me, perché tu sei senza calze almeno vedo come ti stanno, ho un quarto d'ora e devo rientrare dalla pausa, grazie! Sono BELLISSIME. Un po' Aquazzura, un po' Tango di Valentino, sicuramente molto Zara, infatti quando ci cammini fanno sgnec sgnec.

Potevo dirmi soddisfatta, ma si è messo di mezzo il cesto dei panni. Il mio cesto dei panni in vimini bianco si è rotto, dopo quattro anni di onorato servizio. Così qualche giorno fa ho caricato su Madre e mia sorella Sgnappa per una gita di piacere alla ricerca del nuovo sostituto. La qual ricerca non ha purtroppo sortito i risultati sperati, in quanto sono tornata a casa senza cesto ma con un paio di adorabili ballerine a punta. In un colore neutro che ho prontamente abbinato a dovere, perché soffrire va bene, ma che ne valga almeno la pena.

Sobrietà, questa sconosciuta.

giovedì 13 agosto 2015

LA GIANNI GOES TO EXPO: GUIDA GIANNICA SUL MEGLIO, SUL PEGGIO, SUL BUONO DI EXPO 2015.

Il Pelliccia ed io eravamo seriamente convinti che fosse una buona idea visitare Expo nella settimana di Ferragosto, quel periodo dell'anno in cui le strade a Milano sono lande deserte e le uniche saracinesche ancora sollevate corrispondono a centri massaggi thai. D'altronde - ci siamo detti - tutta la brava gente sarà ben al mare a puntellare l'ombrellone no? NO. Erano tutti ai tornelli alle dieci e mezza del mattino.

Ma gente o non gente, Il Pelliccia ed io si era prenotato con grande entusiasmo almeno una dozzina di ore prima e quindi sì, anche La Gianni, col consueto ritardo sul resto del mondo, ha effettivamente varcato i cancelli di Rho Fiera e, armata di marsupio e ciabattazze, in perfetto stile deutsch, ha fatto il trionfale ingresso all'Esposizione Universale.

Considerazioni generale sull'esperienza: partivo totalmente vergine di qualsivoglia informazione (leggi: scalpitavo dalla voglia), non fosse per i post-oracolo di Vita su Marte, al cui giudizio ormai mi affido anche per comprare i peperoni al mercato, e che ho utilizzato come linee guida per la scelta dei padiglioni da visitare (perché è grande, impossibile vedere tutto). Rettifico: che avrei voluto utilizzare come linee guida per la scelta dei padiglioni da visitare, mentre invece mi sono basata via via sulle forze che mi rimanevano per affrontare le interminabili file all'ingresso. L'ora trascorsa immota sotto il sole bollente in attesa di varcare i tornelli ha sensibilmente minato la mia forza di volontà.

In generale, mi è piaciuto, sì. Dall'alto della mia totale ignoranza sull'evento, mi sarei ingenuamente aspettata un'esposizione in cui venivano trattati temi come lo sviluppo e l'ecosostenibilità, invece mi sono ritrovata nel mezzo di un'enorme fiera del cibo (entomofagia! Dove si parlava di entomofagia?), una fiera del cibo assolutamente figa però.

Sono riuscita a visitare: Brasile, Nepal, Cina, Marocco, Vietnam, Malesia, Azerbaijan, Austria, Polonia, Messico, Gran Bretagna, Federazione russa, Turkmenistan.

Mi sono persa e me ne dispiaccio: Padiglione Zero, Italia, Corea, Angola, Kazakistan, Emirati Arabi e Giappone.
In Giappone davano due - due ore di attesa per entrare. Il Padiglione Zero era inavvicinabile.

Ecco quello che mi è piaciuto di più:

  • primo posto per la Cina, seguita da Austria, Marocco, Azerbaijan e Polonia. Oltre ad un molto instagrammabile soffitto punteggiato di ombrellini, ho amato l'immensa distesa di steli di grano illuminati. Poi ti sparano un video strappa-lacrimuccia con protagonista una nonnina rugosa che aspetta i suoi nipoti per la riunione di famiglia in occasione della festa di mezz'autunno. Io e Il Pelle siamo stati particolarmente fortunati perché ci siamo beccati anche l'esibizione di danze tradizionali.
  • Marocco, forse il più coinvolgente dal punto di vista sensoriale: lo scopo era immergerti nella riproduzione dei diversi ecosistemi del paese, e per farlo non sono stati utilizzati solo luci, suoni e colori, ma anche la temperatura, perciò si passava dalla stanza fredda e umida dell'oceano a quella rovente e ventosa del deserto.
  • Bellissime le distese di tulipani che accendi passandoci sopra il palmo della mano in Azerbaijan, suggestivo il bosco in Austria, magica la riproduzione della foresta pluviale in Malesia.
  • La Polonia, malcagata dai più, mi ha stupito con il suo magic garden e una scultura enorme di cioccolato che profumava di meraviglia (fanno il cioccolato in Polonia? Io non lo sapevo!).
  • Molto particolare l'alveare del Regno Unito, che spunta in fondo ad un bel giardino. Tramite non so che diavoleria robotica, è tempestato di lampadine che si accendono e si spengono seguendo i ronzii prodotti dalle api in movimento negli alveari a casa della regina. 
Chi invece ha deluso:

  • Cinquanta minuti di coda in Nepal perché vuoi non visitare il Nepal, dopo tutti gli sbatti che ha avuto? Bellissimo da fuori, dentro c'è un Buddha dorato. Punto. Salvato solo per l'aperitivo a base di samosa.
  • Ho rotto fino allo sfinimento per visitare la Russia, paese per il quale ho una non celata predilizione. Una stazione spaziale - vodka bar e una gigantesca tavola degli elementi che mi ha riportato ai felici anni dell'università. Perfettamente allineati agli standard della madre patria, hanno accuratamente evitato di investire in aria condizionata.
  • Il Turkmenistan non ha ben capito la comanda ed espone pacchi di pasta e surrogati delle macine del Mulino Bianco.
  • Medaglia al disonore per il Messico, inspiegabilmente tra i consigliatissimi, ma che aveva molto poco a che vedere col cibo e tanto invece con l'autopromozione come meta turistica.
La cosa più figa da fare a Expo è naturalmente mangiare. Il Pelliccia ed io non si può dire che abbiamo proprio proprio pasteggiato: si è trattato piuttosto di un pranzo itinerante, con aperitivo di samosa e nimki in Nepal, polpettine vegetariane in Malesia, raclette svizzera, tacos messicane e per finire tè verde e dolci in Marocco.

Samosa e Nimki - Nepal
Ayam Panai - Malesia
Raclette - Svizzera
Tacos - Messico
Tè verde e dolci al miele e mandorle - Marocco

Anche se sfatti ce l'abbiamo in qualche modo fatta ad arrivare alle nove per vedere lo spettacolo dell'albero della vita e sì, spettacolo è la parola giusta. Nonostante ogni angolo di Facebook pulluli di foto e video a riguardo non ero preparata a una cosa del genere. Tanta, mi sembra il termine pù adatto a descriverla.

In conclusione, mi è piaciuto questo Expo? Sì, molto.
Ho imparato qualcosa di nuovo? Solo come si scrive Turkmenistan.
Ho speso un botto per mangiare? Un bottino diciamo, ma ne è valsa la pena.
Sono carica per il secondo round? NO. Per il momento direi che un tour de force di tale portata è affrontabile una volta nella vita. Per il resto, ci vediamo a Dubai tra cinque anni.

Cestini carini in Nepal.
Io e Il Pelliccia che ci divertiamo sulla rete in Brasile. Sotto di noi piante e ortaggi. Molto divertente ma mi è sfuggito il senso.


Il Padiglione cinese e l'interminabile coda.

Ombrellini di carta volanti.

I tulipani magici dell'Azerbaijan.

Il Magic Garden polacco e Il Pelliccia che fa lo scemo.

Entrando in Russia.

La tavola degli elementi, in omaggio ai molti scienziati russi che hanno contribuito allo sviluppo dell'agricoltura e alla sicurezza alimentare.

Mandorle e arance in Marocco.

Austria, la foresta che respira.

L'alveare in Gran Bretagna: le luci che si accendono e si spengono riproducono il movimento incessante delle api.

Dentro all'alveare.

Dacci dentro con le luci!






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