venerdì 27 dicembre 2013

MERRY CHRISTMAS, FUNNY GIRLS!

Ed eccoci di nuovo qui, reduci da capponi, torroni, panettoni, e altre cose che finiscono in oni. Perché effettivamente a Natale sulle tavole del parentado non c'è niente di piccolo. Né di sano. Né di scondito. 

Io e il Pelliccia veniamo fuori da una quarantott'ore no stop di cibo, una maratona che l'Ironman è una barzelletta a confronto,  tant'è che ieri, verso la mezzanotte, quando abbiamo alzato i culi per tornare finalmente verso casa ho dovuto riavvitare le ginocchia anchilosate per rimettermi in piedi.

Comunque, non è della doppietta Natale-Santo Stefano che volevo raccontarvi, ma piuttosto dell'antefatto. Del pre-Natale. Perché lo sapete tutti che Natale inizia intorno al diciotto-diciannove dicembre, quando per fare il fondo si organizzano aperitivi, cene aziendalI, merende natalizie con gli amici, in cui si mangia roba che fa acidità, si beve il Grandi Auguri e ci si scambia boiate improponibili impacchettate in carta regalo con le stelline rosse e oro. 
Ora, naturalmente le Funny Girls non potevano certo rinunciare ad organizzare uno Special-Funny-Xmas-aperitivo degno di questo nome. E allo scambio di regali annesso.

Il geniaccio di Francielle ha avuto la trovatona del Natale 2013, che, si sa, è il Natale della crisi, perciò bisogna ottimizzare sul regalo. Quindi facciamo il giocone, e invece di pensare a ottoregaliotto, uno per Funny più me, si è deciso di estrarre un nome a testa di modo che ognuna avesse una sola Funny a cui dedicare i suoi sforzi regalecci.

 Oggi come oggi, vorrei aver twittato la mia opinione espressa in quel bigio giorno di novembre in cui le Funny presero la decisione, così adesso potrei postarvelo e dire che "io già lo dissi, che quest'idea era una cazzata". Ma tant'è, non sono stata tanto lungimirante, perciò.

In teoria, le coppie sorteggiate sarebbero dovute rimanere segrete. In pratica, dopo due giorni io e Yangwawa eravamo già in possesso di tale cifratissimo codice:


Perché non son Funny se non buscettano, e di solito i segreti non tirano sera.

Comunque, arriva il giorno, ed Effe non può presenziare all'aperitivo. Io già tristissima e in ansia di non ricevere il mio regalo. E invece Effe lascia detto. Meno male, penso io sollevata, ci penseranno le mie amiche Funny al mio regalo. E infatti.

Ora, chiudete gli occhi e immaginate: nell'emisfero destro, visualizzate La Gianni, cioè me medesima. Nell'emisfero sinistro, immaginate l'armadietto di Effe, su cui ci sono appoggiati due sacchetti: uno tutto nero; l'altro rosa. Di Camomilla. Secondo voi quale dei due pacchetti celerà il mio regalo?? Perfetto. Seconda domanda: secondo voi, chi è stata l'unica persona al tavolo a rimanere senza regalo?? Ecco, appunto.

Ma andiamo con ordine: tutte le Funny, con il mio sacchetto di Camomilla rosa (lo ripeto), si trovano al Bar Martini di Corso Venezia, perché loro sono scikk. Peccato che di solito scikk fa rima con digiuno e si ritrovano in sette (che nel frattempo a Poppy è venuta la febbre) a dividersi una ciotola di noccioline. E vabbè.

Si chiacchiera un po', si bevucchia qualche Negroni un po' appassito, condito dalle solite due noccioline e finalmente... evviva, arriva il momento regali! Ce li distribuiamo e siamo tutte felici.

Maya si prende il mio regalo...

... poi consegna il suo a Janet.

Janet passa il pacchetto a Francielle...

Blondie riceve in consegna il regalo di Poppy...

... e porge il suo a Yangwawa...

... che a sua volta fa felice Bettie.

 Io non ci sto dentro. Non vedo l'ora di aprire il mio regalo. Che è il più grosso, tra l'altro! Che bello! Cosa ci sarà mai dentro? Le mie amiche mi dicono: "Gianni, aprilo prima tu, aprilo prima tu!" e io, tronfia come un tacchino il giorno del Ringraziamento, apro il mio pacchetto e ne viene fuori...

...
...
...

Un dispenser d'acqua di Hallo Kitty. Enorme. Lì per lì resto confusa, non capisco. E' per la Nina? Dove lo metto nel mio quattropiastrellelocale? Poi guardo Maya. Ha una faccia così: O_o. E allora capisco:

Non è il mio regalo. Ho aperto il regalo di qualcun'altro.

Gelo.

Consapevolezza improvvisa di essere l'unica in tutto il tavolo, probabilmente l'unica in tutta la sala, senza il suo regalo da scartare.

Sono tristissima, le noccioline fanno schifo e ordino un altro Negroni sciapo per affogare il dispiacere, ma gnente, sono troppo triste, la più triste di tutta la sala!! Ho quasi le lacrimucce che puntano. L'unica consolazione è rovinare la serata a tutte le altre Funny Girls passando le restanti due ore così:



PS Il regalo di Effe è arrivato il giorno dopo ed era anche figo, ma non vi dico cos'è. Ve lo farò vedere solo quando l'avrò riempito... Intanto, se volete, provate a indovinare!





mercoledì 18 dicembre 2013

VITA DI COPPIA: AMORE, TI ODIO.

Lenzuola da stendere a parte, la convivenza ha i suoi lati oscuri.

Io e il Pelliccia condividiamo lo stesso (piccolo) tetto da due anni e un mese. La nostra convivenza funziona alla grande per due motivi, di cui il secondo è che ci amiamo immensamente. Il primo, e ben più importante, è che il Pelliccia è il perfetto uomo MastroLindo e io non faccio un cazzo. Il Pelliccia cucina, lava i piatti, fa la spesa, pulisce per terra, spolvera, butta il pattume, riordina e tiene sotto controllo le bollette della luce. Mentre lui fa tutto ciò io mi metto lo smalto e scrivo fregnacce sul blog. Il connubio ideale per raggiungere il perfetto equilibrio di coppia.

MA, certamente, non tutto può essere rosa e fiori, e di tanto in tanto anche io e il Pelliccia litighiamo. Per questioni di incredibile gravità, generalmente, tipo il disordine postatomico nel mio armadio. O la mia capacità di completa astrazione sul divano mentre la casa sembra la Palude della Tristezza, e ci si aspetta che da un momento all'altro dal fango spunti l'Essere Millenario.



La sera, al momento di andare a letto, casa nostra diventa improvvisamente Casa Vianello. Perchè in tutte le coppie del mondo, i due partner seguono scuole di pensiero differenti per quanto riguarda la gestione delle lenzuola: ci sono quelli che non riescono a prendere sonno se il lenzuolo non è perfettamente ripiegato e formante una retta precisa da un lato all'altro del letto, e quelli che ci si buttano sotto a pesce e ci grufolano dentro a casaccio. Indovinate a quale fazione appartengo io e a quale il Pelliccia. Appunto. E certo, io vi vedo già a giudicarmi dall'alto del vostro ordine immacolato: è molto molto più facile prendere le parti del perfettino, in questo caso, ma io vi dico che no, non è assolutamente bello tutte le sere dover assistere passivamente alla cerimonia di ripiegamento della dòbia (che in italiano non so come si chiama, accontentatevi del dialetto) perchè se non è in bolla perfetta non si può dormire. Non è bello.
Il litigio però non finisce una volta posati squadra e righello, no. Il Pelliccia lamenta durante la notte un mio eccessivo attaccamento alla coperta. E sì, lo ammetto, c'è una cosa che mi terrorizza nelle gelide notti invernali: i malvagissimi spifferi. E io li combatto aggrappandomi alle coperte e facendomi su a bozzolo. Il trascurabile problema è che così facendo il Pelliccia si trova intorno alle quattro del mattino con i piedini scoperti. Ma che sarà, d'altronde è lui l'uomo, ha fatto campeggi decisamente più hardcore dei miei, potrà sopportare i meno due gradi delle quattro di un mattino di dicembre, o no?

Un'altra delle manie pellicciche che mi dà in testa è il lavaggio dei denti. Io e il Pelliccia non possiamo lavarci i denti insieme, perchè mi fa venire l'allergia. Io non so quest'uomo come faccia ad avere ancora tutti i denti, e funzionanti. Il tempo che ci impiega in media a spazzolarli è di quaranta-quarantacinque minuti e dio, vi giuro che "spazzolarli" è un eufemismo: lui li aggredisce. Con energia spropositata gratta e spazza, spazza e gratta per un quarto d'ora. A me vederlo fa lo stesso effetto del rumore delle unghie sulla lavagna: mi vien da fare HHHHSSSSS e tapparmi le orecchie. Poi sputa e sciacqua. Sputa e sciacqua. Sputa e sciacqua. Duecento volte. Io nel frattempo mi sono struccata, ho tolto le lenti, ho levato le millecinquecento forcine che avevo nei capelli e lui è lì. Che sputa. E sciacqua.

Cosa odia invece il Pelliccia di me? Ad esempio, la mia capacità di creare montagne di scarpe invalicabili davanti all'ingresso. Io (tutte noi, in realtà) posso cambiare un paio di scarpe al giorno ma la sera, quando torno a casa stanca e affranta dal lavoro, non ho mai voglia di rimetterle al loro posto, ovvero nel cassone sotto il letto. Cioè, lo sbatti. Quindi può capitare (ma giusto ogni tanto) che le molli in giro a casaccio. Dopo una settimana c'è bisogno del machete per farsi largo nella selva scarpifera e guadagnare la porta.

Non capisce neanche la soddisfazione perversa che provo nel praticare il Lancio dell'Abito sul Divano. Sì, lo faccio perchè mi piace. E' sostanzialmente liberatorio. Tolgo i vestiti, li riduco ad un' enorme palla, e li getto con violenza da grandi distanze. Che godimento. Sono bravissima, con il passare degli anni e l'allenamento sto affinando la tecnica, potenziando il lancio. Riesco a coprire spazi enormi. Dribblare ostacoli. Centrare porte anguste. Non so veramente come mai, ma il Pelliccia disapprova, e mi tormenta affinchè recuperi l'esplosione di vestiti e li ripieghi accuratamente nell'armadio. Avendo cura di non sbattere le ante ovviamente. Che se no si rigano. Ah beh.

Io mi giustifico, comunque: ma pensa che palle, Pelliccia mio, se non ci fossi io con il mio disordine a portare scompiglio in questa casa. Pensa a quanto sarebbe noiosa, la tua vita, se fossi una di quelle donne che ti fa usare le pattine per non sporcare il pavimento lavato di fresco. Pensa quanto sarebbe tutto piatto e banale. Ordinato, forse, questo sì. Ma drammaticamente, incredibilmente, diligentemente noioso.





lunedì 16 dicembre 2013

STARE INSIEME IS FOR DUMMIES

Nonostante sia un tipo introspettivo (AAAAAAAHAHAHA!) io da sola non ho vissuto mai.
Mentre voi facevate gli studenti fuori sede, andavate in erasmus, organizzavate viaggi in InterRail, io ero a casa con Madre, nel mio pigiama e con la tazza di te in mano, a preparare esami, gigioneggiare, rintronarmi di serie tv in streaming e altre amenità.
Dopodichè fu Il Pelliccia, e insieme costruimmo il nostro nuovo nido. Si può dire che sia passata direttamente dalle braccia amorevoli di Madre a quelle, più pelose ma altrettanto piene d'amore, del Pelliccia. La morale è che certe cose non le ho imparate mai. I grandi misteri del vivere da soli, che ora vorrei mi svelaste voi, nuclei familiari monopersonici. 
Soprassedendo ai quesiti generici del tipo: come vi nutrite (leggi: veramente avete le forze di cucinarvi due volte al giorno? Quanto spendete realmente in pizza e kebab take away? Quanto in scatolette di tonno?) oppure: come mantenete pulita la vostra casa (leggi: come riuscite con le vostre sole forze a non raggiungere lo stadio della lotta nel fango in bagno? Davvero voi donne single buttate da sole la spazzatura? E quando vi si brucia una lampadina, chiamate il vicino?), vorrei concentrarmi su piccoli problemi quotidiani per cui quattro mani sono non preferibili, bensì indispensabili. Ecco alcuni esempi:

  • La stenditura delle lenzuola: ci ho provato da sola ma no. No. Non ce la faccio senza farle strusciare sul pavimento (che, vedi punto sopra, spesso non è esattamente uno specchio). Mi dispiace, ma io non ci credo che il lenzuolo matrimoniale sia stendibile in solitaria. E' difficilissimo. E se voi conoscete il trucco ditemelo e mi renderete una donna indipendente.
  • L'allacciatura del braccialetto. Devo farci caso, secondo me le donne single non li mettono, i braccialetti. Io ci provo, ogni tanto, per puro spirito scientifico, e generalmente la risolvo in due step: 1. le bestemmie; 2. l'intervento del Pelliccia. Forse le donne single mettono solo i bracciali con l'elastico. Non lo so.
  • Anche, mettersi quelle camicette con il bottoncino dietro sul collo (capito quali? Piccolo bottone, piccola asola). Boh, io ne sudo sette per metterne una, di quelle camicie. O sono io, o c'è davvero bisogno di un altro paio di mani. E anche così in alcuni casi è difficile.
  • Con orgoglio non annovero in questo elenco lo spalmarsi la pomata sulla schiena, perchè sarò anche un pezzo di legno per il resto, ma in quanto a braccia sono supersnodabile e arrivo dappertutto. Però simpatizzo con le single con le braccia corte. Dev'essere dura.
  • La birra da 66 cl. Che magari ti mangi una pizza il sabato sera e ti vien voglia di un bicchiere di birra. Allora se sei in due la finisci. Se sei uno anche, magari, ma se no ti rimane lì e si sgasa. Son problemi. E vi vedo, lì ad ironizzare, ma non c'è niente da ridere, perchè se sei single devi fare la
  • Spesa da single. E non è come dirla, perchè intanto le monoporzioni (e le birre da 33) costano un botto, e considerato che affitto e bollette te le devi smazzare da solo, non lo so come fate a fare quadrare i conti alla fine del mese. Ma poi per certe cose le monoporzioni nemmeno esistono. Non so, un single che vuole mangiare del sedano. Al Carrefour ti vendono dei cespi che son foreste. Le cipolle rosse di Tropea sono grandi come un pugno e te le danno a otto a otto. Hai voglia a fare soffritti, single mio.
A tutto ciò aggiungo che, se fossi da sola, sarei assolutamente inabile ad occuparmi di pagamentibollettefornitureallacciamentibollidell'autotagliandipasspermessipolizzescadenzecontabilitàvaria.

Amici, essere single è hardcore. Stare insieme is for dummies.

giovedì 12 dicembre 2013

TUTTI I NO DEL NATALE #2

Evviva! Non vedevo l'ora di fare questo post e sfogare il mio lato oscuro e la mia ira funesta contro chi, a Natale, offende la nostra amabile sensibiltà regalandoci cose brutte.

Uomini, prestate orecchio! Se blogger ben più quotate di me vi hanno illuminato con proposte di regali SI' per far felici le vostre donzelle (leggere qui e ), le Funny Girls sono qui per evitarvi il fallimento totale che potrebbe portarvi un regalo del genere sbagliato.

Ecco per voi l'esclusivissima Gift Guide per non fare boiate nel giorno più bello dell'anno: impugnate penna e taccuino e prendete nota di quali sono i più GRANDI E MISERRIMI NO DEL NATALE 2013 (e di sempre) pt. two:
  • Cose utili: anni fa un'amica, dopo aver accennato al fidanzato di dover prenotare una pulizia dei denti, si vide recapitare sotto l'albero uno spazzolino elettrico. Uomini, qui sto per svelarvi un insondabile segreto: non tutto quello che una donna vi chiede merita di essere regalato. Se la vostra metà, in un raptus di follia post-pulizie della domenica vi urla addosso che non può più far senza un Folletto/asciugatrice/Rotowash non glielo dovete veramente regalare per Natale. La portate alla Grancasa per i saldi, eventualmente, ma a Natale vi buttate su una borsa. Mi sembra cristallino.
  • Intimo rosso. Ormai un paio di mutande da Capodanno ce l'abbiamo tutte, grazie. Evitate tutti i santi anni il repeat di perizoma immettibili con paillettes e codini di coniglio. Tanto a Capodanno ci ubriachiamo e non ve la diamo lo stesso. Metteteci una pietra sopra.
  • Le cose a tema natalizio: maglioni con le renne, pantofole a forma di Babbo Natale, cappelli verdi a punta, calzini con il Pandizenzero... NOH! Ma che ce ne facciamo, ragazzi miei, che all'epifania sono già desueti! Se non avete fantasia, vi dò un consiglio: buttatevi sulla tinta unita. Sarà banale, ma non rischiate di compromettere una relazione decennale.
  • Creme: voi non ne sapete niente e le commesse delle profumerie, si sa, sono delle gran bastarde. O forse sotto sotto si divertono e lo fanno apposta a rifilarvi creme per pelli mature, lozioni anti-caduta dei capelli e contorno-occhi al cortisone. Rinunciate. Buttatevi sul profumo, piuttosto.
  • I regali ispirati: state sereni, se abbiamo degli hobby, o abbiamo la vaghissima intenzione di iniziarne uno, ve lo diciamo. Ve lo comunichiamo tempestivamente. Ma di certo non ci verrà voglia di iniziare a sciare se ci regalate la tuta. Non vi cucineremo biscotti se ci regalate un mattarello. Non pianteremo patate grazie a un kit del giardinaggio. Non cercate di ispirarci con i vostri subdoli doni. Regalateci dei libri, perchè l'unico sport che faremo durante le vacanze di Natale sarà abbozzolarci nella coperta di pile e spiaggiarci sul divano in un ozio senza ritorno.
Detto questo, cari mariti, amici e fidanzati, armatevi di carta di credito e di santa pazienza... Chi sbaglia quest'anno non si merita neanche una fetta di pandoro con la crema al mascarpone!


martedì 10 dicembre 2013

TUTTI I NO DEL NATALE #1

Ebbene, eccoci. Il Natale è alle porte, e si comincia con le brutture. Io non lo so com'è, ma siamo nel 2013 e ancora non è stato istituito ed ufficializzato un galateo per le festività. E dire che invece c'è un sentito bisogno di contenere questo entusiasmo festaiolo, ché la gente in questo periodo si lascia andare proprio e tira fuori ciò che di peggio ha covato in tutto un anno, per riversarlo sugli addobbi natalizi.
E allora diciamoli, questi GRANDI NO DEL NATALE pt.1,facciamo sentire la nostra voce contro la brutalizzione di rami di pino e lucine colorate, perchè, lo sappiamo, certe cose non si possono vedere veramente, ed in particolare:
  • i Babbi Natale che si arrampicano sui balconi. C'è stato il boom parecchi anni fa, e facevano pena già allora, questi poveri babbini con poca ovatta impiccati alle loro scale di feltro. Alcuni sono talmente grossi che se ci passo di fianco di notte mi prende un colpo. E in generale, non sono solo di una tristezza infinita, ormai sono anche demodè. Smettiamola.
  • le luci che non ci azzeccano. Capita di avere un cespuglio in giardino particolarmente grande, o un balcone un po' troppo lungo. Facciamocene una ragione, però: o decidiamo di lasciarli spogli e tristi come a Febbraio, o alternativamente ci facciamo lo sbatti di trovare un filo di luci tutte uguali sufficientemente lungo. Non si possono vedere queste ringhiere metà gialle e metà blu, e gli alberi che si illuminano un pezzo per volta sono imbarazzanti. Le luci che si accendono e si spengono a ritmo scompaginato poi, fanno venire la nausea. E' Natale, ragazzi, non siamo alle giostre, su.
  • le luci gettate a caso sui pini. Se non siete capaci, non fatelo, mettete una bella ghirlanda sulla porta e finita che sia. Se invece volete decorare il baobab secolare che avete in giardino, d'accordo, ma mettetevi d'impegno, per favore. State addobbando un albero, non giocando a baseball, non potete lanciare il filo di luci a caso e come viene viene. Perchè di solito viene di merda.
  • i giardini stile pista di atterraggio. Datevi una calmata. Ok che c'è l'entusiasmo, ok che lampade e palline scaldano l'atmosfera, ma non è necessario tappezzare casa e giardino di luci, primo perchè è pacchiano, secondo perchè siamo abbastanza vicini a Linate e rischiate di trovarvi un aereo parcheggiato in garage domani mattina.
Detto questo, non è che le Funny Girls sono qui a dispensare giudizi dispoticamente senza apportare alcun contributo alla difficile questione natalizia. Ecco i Funny consigli per degli addobbi di classe e che non vi facciano litigare coi vicini:


La Gianni dal suomicrocosmo abitativo propone un albero piccolissimo con un micropresepe in legno per chi, come lei, ogni giorno deve scegliere se aprire lo stendibiancheria o uscire dalla porta di casa.


A casa di Janet, piovono letteralmente decorazioni dal soffitto.


Effe punta sull'atmosfera romantica della luce soffusa delle candele.


Maya propone palline personalizzate ma, soprattutto, i boccoli.


E di certo non può mancare, nel Natale di Yangwawa, l'infit a tema!


domenica 8 dicembre 2013

MAYA&EFFE, DUE RAGAZZE CON LE PALLE

I sedici anni, si sa, sono stati un periodo difficile per tutti, e tutti ci portiamo dietro il fardello degli orrori adolescenziali a cui siamo stati sottoposti: i Dr Martens con gli scaldamuscoli, per esempio, il libretto delle giustificazioni, le camicie scozzesi (e hanno pure il coraggio di riproporcele!!), la fiera di Sinigallia il sabato pomeriggio, le dediche con l'evidenziatore sulla Smemo e altre brutture. Io, tra le altre, mi ricordo con sommo dispiacere i sabati sera col buco, ovvero quando ti preparavi tutta fighetta sperando che gli amici più grandi con la macchina decidessero di portarti al Celebrità, e invece finivi a pattinare sul ghiaccio oppure, peggio, al bowling.

Due palle al bowling.

Io continuo a chiedermi come e perchè. Come esistono posti come il bowling, e perchè mi ci portavano? Cosa c'è di divertente al bowling? I birilli? Boh.
Forse sono io, incapace di cogliere lo spirito ludico del giuoco, la bellezza delle luci al neon, il romanticismo della colonna sonora e la piacevole compagnia della fauna locale (in genere brutti ceffi minorenni con le sopracciglia rasate), perchè Maya e Effe non la pensano così. Tanto è vero che in un giovedì amarcord hanno deciso di rivivere i verdi anni della fanciullezza recuperando le scarpette dal chiodo.

Lo struggente potere avocativo di questa immagine di Effe, sola sulla pista davanti ai birilli.

 E parliamo di queste scarpette. Se dovessi scegliere il primo fra tutti i motivi per cui giocare a bowling fa schifo, sono loro:


Osservate, gente, la Bruttezza. E sto cercando di allontanare dalla mia mente l'immagine delle orde infinite di piedi che sono passate per quelle scarpe prima di arrivare a noi, perchè è quasi ora di cena. Non ne voglio parlare, no. Voglio solo concentrarmi su quanto sono BRUTTE. E ok che una magari non si mette in tiro per andare a giocare a bowling, ma dio, queste ti ammazzano. 
Quanto ci mettevamo carine, noi, a sedici anni, per andare al Celebrità. All'epoca, pazza e scriteriata età della finezza e del buon gusto, andavano le minigonne con la stivalata. Adesso sì, fanno paura, ma allora quanto eravamo cool. E poi ci dirottavano al bowling, e con la mini di velluto e la calza venti denari, ti toccava indossare queste cose. Pura e semplice cattiveria, dico io.

In genere, comunque, prima di buttarsi in pista, ci si perdeva via un po' in sala giochi.

Ecco, appunto.
Io ho ben poche qualità. Poche cose mi escono bene, e tra queste di certo non si annoverano nè gli sport e nè i giochi. Da gggiovane, andavo benissimo per una chiacchierata e una birra, ma appena si organizzava un'attività di gruppo, io ero la sfigata. Quella che non prendeva mai la palla. Che non centrava mai il bersaglio. Che, di certo, al biliardo del bowling, non infilava mai e poi mai la stramaledetta buca. Le umiliazioni che ti può dare una serata al bowling, neanche il karaoke, e ho detto tutto. E dopo tutto ciò, dopo che hai perso a biliardo, a air hockey, a Bubble Bobble e non hai centrato una volta manco per sbaglio la testa della talpa che esce dal buco, comincia la partita vera. Strike. E perchè mai questo dovrebbe essere peggio di tutto quello che hai già passato? Perchè c'è il tabellone. Il tabellone, amici. Ogni volta che tu, con la forza di un bivalve arenato, spingi la palla che arranca, poi gira e tonfa nel canaletto, il tabellone segna ZERO. Si spengono le luci in tutta la sala e rimane solo una grossa freccia fluorescente sopra la tua testa che ti indica e dice LOOOOSEEEERRRR! Farebbero prima a darti, insieme alle brutte scarpe, anche una vanga, quando entri al bowling, così eviteresti di scavarti la fossa con le nude mani, e quanto meno lo smalto ne uscirebbe integro, al contrario della tua reputazione.

Comunque, questo è il punto di vista della sfigata. Guardate invece Effe come ci da dentro, sulla pista:

Una rincorsa così veloce, che non la vedi neanche.
Penso che la palla si sia messa il casco, e l'hanno sentita urlare "Mamma!" al momento dell'urto con i birilli.

D'altronde, c'è chi è nato vincente e chi no, e facciamocene una ragione.

Ma c'è una cosa di cui non mi capacito. Ve lo ricordate il mio primo post, quello in cui vi anticipavo che le mie Funny amiche sono fighe sempre e comunque? Ebbene, nemmeno io avrei creduto possibile che riuscissero a essere fighe anche al bowling. Invece sì. Ve le propongo in bianco e nero,nell'atmosfera vintage dei loro ex sedici anni.

Effe, Maya, e le palle.





mercoledì 4 dicembre 2013

LA GATTARA

La mia vita è suddivisa in due ere geologiche: AnteNina, ovvero il buio Medioevo, e PostNina, l'Età della Luce.

Per chi non lo sapessa, lei è la Nina,


 il gatto che vorrebbe essere un certosino ma non può. Anche lei una di noi, una wannabe.

Tutti si ricordano di com'era LaGianni ante-Nina: una persona razionale, in grado di sostenere una conversazione adulta e che passava tempo di qualità con il suo fidanzato e gli amici. A dirla tutta, era un tantino schifiltosa e odiava tutti gli animali, tranne le cavie dei laboratori e i polli che girano sullo spiedo.
Poi, a un certo punto, è stato Nina-time, ed ecco avvenire la temibile trasformazione da persona saggia e razionale in Gattara.
La Gattara è una categoria di donne affetta dalla cosidetta sindrome del pucci-pucci. Sembrano normali, ma in realtà no. Sono pazze.
La sindrome del pucci-pucci si riconosce da alcuni sintomi ben identificabili, ovvero:
  1. tendenza a parlare di gatti sempre e assunzione di problemi felini come argomento preferito di conversazione comunque e con chiunque;
  2. incrinazione della voce e abbassamento del vocabolario ad un livello prescolare in presenza di cuccioli;
  3. tendenza a declinare sostantivi e aggettivi al diminutivo e/o vezzeggiatvo (polpettino, topolino, trottolino amoroso dududu dadada ecc.) Valgono anche i falsi diminutivi (pasticcino).
  4. propensione a sostituire la propria identità con quella del cucciolo sui social network, utilizzando come foto profilo/copertina la diapositiva del cucciolo che dorme invece che la propria in vacanza al mare.

Ho adottato la Nina un anno e un mese fa, ed è stata un'escalation di gattaritudine. Sono in pieno trip da pucci-pucci, e non credo ci sia nessuna luce in fondo a questo tunnel di pelo. E mi chiedo: ma quale strambo potere hanno i gatti su noi donne, che a trent'anni basta tenerlo in braccio un minuto e pensare "è mio!" che ci rincretiniamo? Io passavo del tempo di qualità col mio fidanzato. Ora passo del tempo di qualità col mio gatto.

La verità è che, in primis, adottare un cucciolino (indifesopoverinopuccipuccipucciiiii!) appaga il nostro bisogno di responsabilità. Perchè sì, abbiamo trent'anni (ventotto, in realtà) ma col cavolo che abbiamo sbatti di responsabilizzarci. Siamo teenager inside. Non siamo pronte per gli impegni veri, tipo un figlio, ma neanche un cane, perdio. Però avere un gatto ci fa sentire IMPORTANTI. Perchè lui è piccolino e ha bisogno di noi che gli diamo le crocchette per sopravvivere. Ma non solo questo. Ci sono le vaccinazioni, gli sverminamenti, la strilizzazione, e noi corriamo su e giù come delle pazze col nostro trasportino tra il veterinario e la farmacia, e poi dobbiamo scappare a casa dopo il lavoro perchè c'è da dare l'antibiotico al gatto, e questo ci fa sentire delle SUPERMAMMEINCARRIERA. La Nina ad esempio ha problemi di sovrappeso. E' un gatto ciccione e, come tutte le Gattare che hanno letto tutto lo scibile reperibile sull'internet utilizzando la parola chiave "gatto" sanno, un gatto ciccione non va bene. E' pericolosissimo. E bisogna tenerlo a dieta, pesare tutto e dargli solo crocchette che si chiamano Obesity. Poi scopri che ha il ph della pipì leggermente acido, e cominci a somministrargli le crocchette Urinary. Io e Il Pelliccia stiamo collezionando un sacco di bustine che finiscono in y, e lei per tutta riconoscenza ci piscia fuori dalla lettiera. Che tenera.

Avere un gatto tira fuori il nostro lato fobico-maniaco, che teniamo sopito ma che smania per palesarsi. Quando usciamo di casa la sera, lasciamo il lumino acceso per il gatto. Andiamo in vacanza e chiamiamo tutti i giorni a casa per sentire come sta il gatto. Controlliamo che le orecchie non siano troppo calde e il naso troppo secco, e se lo sono andiamo in ansia perchè allora vuol dire che sta male.

E poi c'è la questione del contenimento-danni. Chi dice gatto dice danno, e in un anno e un mese io e Il Pelliccia ne abbiamo collezionati un bel po', dalle cacche sepolte sotto il tappeto, alle ciotole d'acqua rovesciate, alle falene spiaccicate sui muri (d'estate con le zanzare sembra di stare sul set di Dexter); piante sgranocchiate, piante rovesciate e sventrate, vomitini, rotoli di carta igienica polverizzati e sparsi in giro per tutta casa. Sono bei momenti. E io non lo so, se fosse Il Pelliccia a farmi pipì in giro mi incazzerei. Invece la Nina no, lei è così tenera, e poi non lo fa mica per dispetto, è che vuole comunicare. Che cazzata.
La verità è che noi Gattare siamo orgogliose dei danni fatti dai nostri gatti. Li giustifichiamo con l'aria della mamma bonaria col bambino discolo e poi parlando con le amiche ci bulliamo delle loro prodezze: "Sai, la Nina ha fatto una super pipì sul pavimento" "Eh, la mia l'ha fatta sul letto e sul divano" "Fortunate, la mia la fa nei gavettoni e me li tira addosso quando apro la porta" "Chetttteneeereeee!!!". Boh. Pura nevrosi.

Io poi, le mie amiche Gattare lo sanno, sono particolarmente competitiva riguardo alle (indiscutibili) qualità della Nina. Non sto neanche a rimarcare la sua indiscussa superiorità estetica, perchè la foto parla da sè. Ma lei fa le fusa più forti di tutti. Salta più in alto di tutti. E' la più buona. La più brava. La più intelligente, se la chiami si gira, ooooohhh, prodigi!

Comunque la vera verità la sa quel furbone che ha coniato il termine di pet terapy: un gatto migliora la qualità della vita. Torni a casa, e c'è un batuffolino coccolone che ti corre incontro. Ti senti amata, amici. E poi è morbido, caldo e cicciottone, ti si accoccola addosso sul divano che ti si spezza il cuore, ed è così sofficioso che è un antistress perfetto. Anche perchè puoi fargli quello che vuoi, strapazzarlo, soffocarlo di baci e lui è lì, tutto a ciambella che fa le fusa.

Io ci sto provando, comunque, amici. Ad uscirne, intendo. Il primo passo è stato ripristinare la mia faccia su Facebook. Per tutto il resto, ci sto ancora lavorando su.

lunedì 2 dicembre 2013

JANET: L'AMORE AI TEMPI DEL NATALE.

Ecco, abbiamo girato la pagina del calendario, Dicembre è partito, e io mi sento autorizzata a cominciare a postare roba sul ***Natale***!

(parte un jingle in sottofondo)

Personalmente, ho un raporto di amore&odio col Natale. Oggi, sarà che è dicembre da un giorno, sarà che siamo reduci dai primi fiocchi di neve, sarà che i suonatori di fisarmonica non ci hanno ancora fracassato le palle con Jingle Bells e la piva, oggi è PURO AMORE.
(Ma mi riservo di sproloquiare sui Grandi No natalizi tipo a metà del mese, quando sarò in overdose da luminarie e in piena febbre da regali, e odierò tutti e vorrò picchiare Babbo Natale e mangiarmi le renne in salmì).

Quali sono le cose che mi piacciono tanto in questo periodo prenatalizio? Il mega albero che comincia a sorgere in piazza del Duomo, i negozi che si riempiono di vetrofanie con i  fiocchi di neve, le wishlist sui blog e i mercatini di Natale.

I mercatini di Natale mi piacciono troppo. E' una di quelle cose che quando qualcuno mi dice: "Sai, questo weekend vado ai mercatini di X" io rispondo "Nuuuuuuu che bellooooo, voglio venire anch'ioooo", con voce da Titti e aria sognante. E in realtà non ci riesco ad andare quasi mai, perchè a Dicembre nel weekend qui si lavora, non si va ai mercatini a bere il sidro di mele. E vabbè.
E allora me li faccio raccontare da chi ci va. E faccio finta di sentire il profumo della cannella e di vedere le lucine rosse che luccicano sugli stand. (Momento commozione).

Quest'anno la stagione dei mercatini di Natale l'ha aperta la Janet, che si è fatta portare a Merano dal suo compagno, detto l'Uomo Volante, per un weekend di shopping natalizio&coccole alle terme (asciugatevi la bava che avete alla bocca, per favore, che non siete un bello spettacolo neanche da qui).

Merano a Dicembre sembra il Paese delle Meraviglie: tra gli edifici in stile liberty, spuntano come i funghetti i tettucci rossi degli stand dei mercatini, che si snodano sulla Passeggiata del Passirio. Janet, nel freddo pungente, passeggia mano nella mano con l'Uomo Volante, tra dolciumi di zenzero, addobbi in legno, candele profumate e giocattoli. Le luci dorate degli alberi di Natale si specchiano nel Passirio. La gente passeggia avvolta nelle sciarpe e nei cappelli di lana e nell'aria c'è il profumo del vin brulè e musica di campanelle.

La Passeggiata
Follia natalizia: compro tutto!!
Certo fa freddo... ma ci si scalda con il sidro di mele!
Il problema dei mercatini natalizi è che hanno un certo effetto collaterale sul nostro buon senso. Scatenano cioè una patologia non poi così rara, che si chiama Sindrome del Compro Tutto, ed è la stessa che si manifesta generalmente da Zara o nei negozi di caramelle. I sintomi di questa patologia sono una totale perdita di autocontrollo e un'intolleranza alle banconote, che devono essere presto smaltite in cambio di campanelline di vetro soffiato, pantofole in lana cotta e orsetti di peluche. Fortunatamente, il sesso maschile ha gli anticorpi per resistere a questo virus, pertanto l'Uomo Volante, allarmato dalla quantità di ninnoli che Janet stava allegramente collezionando, l'ha ingabbiata in un piumino di forza e trascinata in albergo per una merenda a base di Brezel e del sano relax.

L'hotel in stile liberty, che ha un po' del creepy ma fa tanto Principessa Sissi.

L'arma del ricatto.
...E dopo un po' di relax...
Dopo una pucciatina nelle acque termali, Janet è tornata in sè e ha ripreso coscienza del suo portafoglio (troppo tardi, temo, ahimè!).

Un bicchiere di vino a bordo vasca, il buio che scende fuori dalla finestra, Janet e l'Uomo Volante si godono il primo giorno di Dicembre insieme, chiacchierando. Certo questo mese sarà lungo e faticoso, ma cominciarlo con la persona che ami, davanti ad un albero tutto illuminato, è sicuramente l'auspicio per un Natale meraviglioso.


P.S. Per chi di voi avrà la fortuna di goderne, qui potete trovare la lista completa di tutti i mercatini di Natale possibili e immaginabili! Buono shopping!

giovedì 28 novembre 2013

IO BICICLO: DRAMMI SU DUE RUOTE.

Allora, amici, intanto, diamolo come verità indiscutibile e assodata: a Milano la gente figa vera va in bici. Non in macchina (a meno che non hai il box in San Babila), non a piedi e sicuramente non con i mezzi, che sono il male, soprattutto d’inverno, quando fuori ci sono zero gradi e dentro cinquantadue ma non puoi toglierti il piumino senza prendere a gomitate nello stomaco i vicini di palo e, per esperienza, vi dico che litigare di prima mattina assolutamente non è il modo migliore per affrontare la giornata. E peggio la sera, quando cadi nel tranello dei bus sostitutivi, che per trovare la fermata di solito devi risolvere mezz’ora di indovinelli stradali, e grazie dio che hai messo Mappe nell’iphone, se no chi si salva più nella giungla urbana.

E quindi bici, bici tutta la vita. Che comunque fa anche figo. Uno perché vai a farti l’aperitivo la sera e abiti talmente vicino che ti puoi permettere di tornare a casa in bici, così puoi far credere alla gente che abiti in un posto molto centrale e chic anche se stai a Corvetto o in via dei Transiti (ovviamente non è il mio caso, io sto in un posto moooolto più chic ma non vi dico quale così potete continuare ad immaginarmi in un attico in Corso Venezia con l’ascensore di vetro). E due perché bici fa subito hipster.

E a dirla tutta tre, last but not least, gli uomini in bici sono molto più sexy. Specialmente quelli in completo grigino e cravatta coordinata, con la borsa porta-computer legata nel cestino dietro. Eh, lo so, la mia concezione del sexy forse si discosta leggerissimamente dall’immagine dell’omino-cocacola con la cassa sulle spalle, ma si sa, ognuno ha i suoi feticci.

Il problema in realtà ce l’abbiamo noi, le donne cicliste. Centaure tra le pendolari. Perché agli uomini basta un pantalone con la riga, ma noi, noi abbiamo un intero universo nel nostro guardaroba destinato a rimanere inesplorato, oppure sfoggiato nella passeggiata domenicale, oppure quando proprio nevica e non puoi andare al lavoro in bici senza fratturarti due costole sulla ghiaia sdrucciolevole dei giardini di Palestro.
E sto parlando, ad esempio, delle minigonne. Diavolo, quest’anno a me sarebbe anche tornato il trip della mini. Ne ho comprata una, giusto per provare. Infattibile amici. Neanche con la calza cento denari. Arrivi che hai le chiappe di fuori, però il morale è alle stelle, perché ti hanno fischiato tutti i muratori di tutti i cantieri e tutti i tassisti ti hanno dato la precedenza. Capirai.
E dire che venivo già da un anno di frustrazione, perché l’inverno scorso invece mi era preso il trip delle maxigonne. Soprattutto quelle di veli svolazzanti che si impigliano nella catena che è una bellezza. E io, che faccio tanto la spavalda, la catena non so rimetterla al suo posto. Non sono una donna emancipata e indipendente, ho bisogno di fermare un uomo che me la rimetta. E di solito in queste situazione i fighetti col completo grigio si volatilizzano. Rimane il muratore.
Quindi in pratica, escludendo i tubini che nonvelostoneancheaspiegare, non ci rimangono che le gonne a corolla, e che fortuna averne trovata una che mi piace un sacco a soli setteeurocinquanta eh?

Ma i problemi non finiscono con la morte della gonna, purtroppo. Parliamo del piumino lungo, ad esempio, che sarebbe tanto auspicabile nella fredda stagione, ma che fa l’effetto-tubino: hai le ginocchia con un’autonomia di movimento di mezzo centimetro. Ragazzi, non-si-pedala, è inutile. Quindi ==> bomberino. Un altro pezzo di femminilità sacrificato in nome del biciclo.

La borsa, un dramma. La donna ciclista non sa cosa significhi la parola “bauletto”. La borsa a mano è un antico ricordo di tempi in cui si camminava. Anche la borsa a spalla ormai è una prerogativa della domenica perché purtroppo, ragazzi, le alternative stanno a zero: se pensi di poter mettere la borsa nel cestino, sei una pazza, oppure non sai che mentre sei lì che lo stai pensando ti hanno già scippata, senza che tu abbia avuto il tempo di dire “camera ad aria”.  Quindi ne rimarrà soltanto una, ed è la borsa a tracolla. No way. O, se avete il coraggio, il marsupio. Io ce l’ho.

Vogliamo sprecare due parole anche per quel magico accessorio che sono i guanti? Io ho un grosso deficit, e cioè con i guanti con le dita non riesco a fare nulla, neanche schiacciare un pulsante, figuriamoci manovrare freni o manubri. Non ho sensibilità, amici. Perciò monto allegramente in sella alla mia bici con i miei fantastici guantini fingerless, sfidando il freddo pungente del mattino. E una volta che sei in sella, le mani sono ben lontane dalle tue tasche, e così si arrossano, si screpolano e poi cadono. Cioè, ancora non è successo, ma sono sicura che prima o poi capiterà. Ci perderò qualche falange, in quei giardini a Palestro.

E poiché siamo in tema,  vorrei spendere due parole anche sull’annoso problema del fango (sì, siamo sempre ai giardini). Quando sei a piedi mica ci fai caso, ma le pozzanghere di fango sono in agguato dappertutto. Nel tuo delirio di onnipotenza da ciclismo te ne freghi e passi a velocità pantaniana, salvo arrivare al lavoro che sembri reduce da un rally sul Mottarone.

E infine, il peggio. Esci la mattina che sì, il cielo è un po’ bigio, il Meteo.it dà piogge deboli, ma secondo te regge, vedrai che regge.
Non regge. Smette di reggere proprio quando sei a metà strada, troppo lontana da casa per desistere e piegarti alla soluzione di emergenza della metro e non ancora abbastanza vicina al posto di lavoro per sperare di arrivare in condizioni decenti. Ma noi donne in sella non ci fregate. Noi ci facciamo trovare sempre pronte, e tiriamo fuori dal cilindro la mantellina. Sissignori, senza paura, ma soprattutto, senza vergogna, ci infiliamo nel nostro sacco di tessuto tecnico che non solo ha il cappuccio con la coulisse e le bande catarifrangenti sulla schiena, ma è anche rosso gabibbo. La fine della decenza. La morte del buongusto. Col nostro sex appeal sotto le ruote, ci trasciniamo al lavoro sotto le intemperie e sì, in quei momenti di debolezza, ci viene da chiederci chicazzomel’hafattofare o anche dioperchèmipunisci e in alcuni casi perfino aiutovogliolamamma. Ma ne veniamo fuori. Sissignori, ne veniamo fuori, bagnate dal ginocchio in giù, con i capelli a spinacio e il trucco da Pierrot, ma con l’orgoglio intatto. Perché tanto, come disse una che ne sapeva, domani è un altro giorno, e magari ci sarà il sole. E allora vi sfrecceremo davanti e, mentre voi sciuperete la suole delle vostre scarpe nuove di pacca sull’asfalto, vi guarderemo pietosamente dall’alto delle nostre due ruote e vi faremo ciao con la mano.

martedì 26 novembre 2013

DEL PERCHE' MI RIMANE SULLO STOMACO LA CENA.

E’ fine Novembre. I tempi sono maturi per affrontare l’argomento, prima di venire sommersi dai pupazzetti e dai jingles del Natale, e allora parlarne sarebbe troppo facile.

Ergo, le due domande di oggi sono: chi li paga certi pubblicitari? E perché?

E’ pur vero che quello del pubblicitario infame è forse il lavoro più vecchio del mondo, e dovremmo esserci ormai pacificamente arresi. Tra i ricordi più scabrosi della mia nervosa adolescenza annovero le quattro paperelle della Lima (pari al numero di neuroni di chi t’ha pagata) e l’espressione di ottusa gaiezza con cui il barbuto sbucava dalle lenzuola al grido di “Che forza questo sole”. Ma l’odio. Tipo che non butto giù la tv dal balcone solo perché 1. non ho un balcone e 2. ho già pagato il canone. E 3. perché comunque devo vedere la fine di Una mamma per amica.
Eppure boh, sarà che in questo periodo ho le palle in giostra e devo pur trovare qualcuno che non sia il Pelliccia con cui sfogarmi. Ma a me il numero di pubblicità inguardabili ultimamente sembra essere aumentato in maniera sensibile. Sarò io? Sarà che ho il gatto incontinente? Sarà il cestino della bici bucato? Il te solubile del Carrefour che fa schifo? Non lo so, fatto sta che trovo sollievo a inveire contro le pubblicità che passano ultimamente e a odiare i protagonisti. Profondamente. Tipo che se mi trovo davanti la Chiara che studia green economy la prendo a sberle. Ma green economy cosa, che c’hai cinquant’anni e sarai fuori corso da due secoli. E invece che essere in biblioteca a studiare sei in giro a far flanella e racconti le balle a tua mamma. Cinquant’anni, e ancora racconti le balle a tua mamma, ma ti senti? E va bene che quella sarà a casa ad ammazzarsi di barbecue, però dai! E comunque, spiace dirlo, ma hai evidenti problemi di socializzazione se invece di frequentare gente della tua età vai a stalkerare le diciottenni. Ma poi. Ma sto appartamento da ottocento metri quadri. Alzi la mano chi ha studiato fuori sede e aveva il parquet in casa. Ma non vi crede nessuno, dai.

Perfino più irritante della Chiara c’è il Signore delle Olive. Questo dà fastidio anche al Pelliccia, quindi vuol dire che non sono io che sono irascibile. E’ lui che è un cafone. Se ne va a infilare il suo orrendo dito nei piatti altrui. Nel bicchiere del Martini. Perché è un feticista delle olive. Dai ma che schifo. E la cosa sbalorditiva è che nessuno gli schiaffa il Martini in faccia, no! Questo se ne va in giro, col suo completo da persona rispettabile, a toccacciare il cibo altrui e nessuno lo piomba di mazzate! Incredibile!

In ogni caso, il primo premio se lo becca una pubblicità d’autore. Di quelle che i committenti li hanno cacciati davvero, i soldi. Mica scherzi. Hanno ingaggiato il pezzo grosso, quello che se ne va in giro a offrire caffé su terrazze tipo LaRinascente Duomo, frequentate apparentemente solo da donne fighe tra i venticinque e i trenta. E lei, la tipa che si vede offrire il caffè in questione da George (mica quel biondo tinto di Brad Pitt eh, da George!) cosa fa? Buscetta! Buscetta a tutte a squarciagola! Ma che bisogno c’era, amica mia? Te lo stava già prendendo, sto caffé, e non c’era neanche fila al banco! Non potevi aspettare quattro minuti? O è il George che non ti piace? Va bene, non è andata giù a nessuno la storia con la Canalis, ma non mi sembra il caso di reagire così. Perché sai cosa ti meriti allora? Ti meriti solo Brignano! E che ti vada di traverso! Tiè!

domenica 24 novembre 2013

RIPARARE CUORI SPEZZATI: POPPY, IO CROCIERO DA SOLA.

Spira un certo vento di crisi nei focolari delle Funny Girls. Sarà colpa del freddo gelido piombato su Milano in questi giorni, che raffredda gli entusiasmi, fa litigare coi morosi e fa scoppiare le coppie. 
(LaGianni&IlPelliccia esclusi, ovviamente, ma loro sono un po’ come Nathan Scott ed Haley James, insieme per sempre in mezzo a tutte le avversità, mentre gli altri hanno una vita avventurosa e sessualmente promiscua).

Fatto sta che in questo periodo alcune Funnies stanno sentendo il bisogno di prendersi i propri spazi. Molto grandi, in alcuni casi. In altri addirittura si vede proprio solo la linea dell’orizzonte.

Prendi la Poppy per esempio. Fresca fresca di rottura dal fidanzato millenario, come pensate abbia deciso di consolarsi la nostra guerriera in uscita dalla turbolenta relazione? Abbuffandosi forse di gelato al pistacchio? No. Sparandosi maratone di Via col Vento? Nemmeno. La Poppy, vera pioniera visionaria, ha ben pensato, nella sua sconfinata immaginazione, che il modo migliore per scacciare i fantasmi del passato fosse prendere e partire per una crociera in solitaria. A Novembre. Nel Mediterraneo. E, se non bastasse, proprio nella settimana del suo compleanno. Vi giuro che non dico palle. E’ andata veramente così.

In un bigio pomeriggio novembrino, trolley rosso alla mano, la Poppy si è imbarcata a Savona, pronta a partire per la sua avventura tra i flutti. Itinerario previsto: Savona, Civitavecchia, Palermo, Palma di Maiorca, Marsiglia, siviglia e ritorno… Naturalmente, dopo neanche quarattott’ore di navigazione, la pazza ci scrive annunciando che il mare forza quattro li costringe ad una piccola deviazione verso… Napoli?! Noi a Milano già ce la immaginavamo in versione tenente Dan Taylor senza il suo Forrest Gump, a bordo di una bagnarola a vela, sospinta fuori rotta dalla potenza del mare arrabbiato. E invece questa stava così:

Camera con terrazzino su panorami di questo tipo:


Tramonto dedicato


Colazione in camera, e no, la Poppy non aveva ospiti, era tutto per lei e lei sola.

Dettaglio tenerissimo del parco scarpe&ciabatte della Poppy.

Noi a foderarci di piume d’oca e lei così, sbracata al sole.

E va beh. Va bene, ok, ammettiamolo, la location è figa. Niente da dire. La Poppy, non paga, gira il coltello nella piaga mandandoci diapositive in diretta di lei che si bulla davanti a residenze che non le appartengono

Palma di Maiorca


Lei che vandalizza opere d’arte scambiandole per altalene

Palma di Maiorca, again.


Lei che passeggia per vie assolate, incurante del pericolo di immensi edifici dietro di lei che la vogliono mangiare.

Valencia. 

(Boh, non era nell'itinerario ma evidentemente sto capitano andava a caso. Sempre colpa del mare in burrasca, ovviamente.)

E va bene. Forse l’idea della crociera negli assolati lidi mediterranei a Novembre non è così una cazzata come sembrava all’inizio. Però dai. Sei in crociera. Tradotto, su una nave. A Novembre.
Ma a parte il capitano chi vuoi che ci sia su una nave a Novembre. Ma chi. Qualche bicentenario forse. Qualche turista cinese che si è perso, voleva andare a Malpensa e invece si è trovato lì. Ma la noia. Ma l’inesprimibile solitudine serale. Ma la tristez





No va beh ma DITEMICHENONE’VERO! DITEMI CHE SONO PAGATI! MESSI LI’ DALL’ANIMAZIONE! DALLA PRO LOCO DI GENOVA! DAL CIRCO ORFEI! CIOE’, SONO FANTASTICI!

E allora no. Così non vale, dai. Allora io voglio andare in crociera. Ma fortissimamente voglio. Ma mandatemici, subito. Poppy, portami con te! Ma perché non ce l’hanno mai detto? Da cosa volevano proteggerci?

E poi non ci credete che la Poppy è tornata fresca come una rosa? Altrochè, io mi sarei nascosta nella cambusa. Don’t let me go!



mercoledì 20 novembre 2013

TO BE A BOOKAHOLIC

The Gianni-attitude si può definire con un’unica parola: compulsiva. Ovvero, io mi creo delle dipendenze. Se una cosa mi piace, in realtà non mi piace e basta, mi ci butto a pesce. Entro nel trip. Mi ci fisso finché non ne posso più e ne esco perché mi va in odio.

Ad esempio, i miei trip attuali sono, nell’ordine:

  • Gli accessori per capelli di H&M. Costano poco e sono tanto cariiiiini, perciò io licomprolicomprolicompro, poi la mattina me li provo davanti allo specchio, sembro una cretina e li tolgo. E ne compro altri. In loop.

  • Le canzoni dance anni ’90. Il mio ipod ne è pieno, l’unico piccolo dettaglio è che l’ho perso non so dove nei meandri di questa casa, e spero che i ladri non l’abbiano trovato prima di me, così forse prima o poi potrò di nuovo godere delle perle di Prezioso e Gabry Ponte e fare le pulizie la domenica mattina berciando a squarciagola Telmi Uaa-aa-aa-aai iuuonlov!

  • Il cibo cinese. Da quando hanno aperto l’Oriental Mall in Paolo Sarpi è stata subito gnocco-dipendenza. E non importa se tutti i miei tentativi sono un completo insuccesso, io continuo a comprare roba cinese che non sono assolutamente in grado di cucinare.

Ma l’ambito in cui i miei trip hanno più modo di crescere e moltiplicarsi sono i libri. 

Premesso che io leggo un botto. Perché leggo velocemente, in realtà. Il punto è che quando trovo un autore o un genere che mi piace non lo mollo. Ho avuto una marea di trip letterari nella mia vita ed escludendo i più scontati, tipo le trilogie, quadrilogie, cinquilogie, gli autori svedesi, i vampiri e quant’altro (e no, le cinquanta sfumature di sta cippa no, se sono troppo inflazionati poi mi passa la fantasia), eccovi riassunti i miei cinque trip migliori di sempre:

Il trip fantasy. O sarebbe meglio dire il trip Tolkien. Erano gli anni del liceo, e leggere Tolkien era un po’ controverso, perché se da un lato era in odore di destra, dall’altro tutti i nerd (parole ancora sconosciuta allora) intellettualoidi di sinistra si drogavano di Signore degli Anelli. Io ho letto tutto. Tutto. In particolare durante le ore di arte (da qui la mia avversione alle pinacoteche) Mi ero fatta anche l’albero genealogico di tutto il Silmarillon: era un arazzo. Ne sono uscita quando JRR è morto. E’ stata dura, ma con i Figli di Hurin, uscito postumo, ci abbiamo messo finalmente una pietra sopra.

Il trip francese. Perché io amo i polpettoni. E per quanto i francesi siano una razza a me ostile, devo ammettere che come ci danno dentro loro con i tascabili Feltrinelli nessuno mai. Ho amato I Tre Moschettieri, tutti e tre, anzi quattro. Ho palpitato con Cosette e Jean Valjean sulle barricate. E se Madame Bovary mi è sembrato un Harmony d’altri tempi, Le relazioni pericolose mi hanno fatto strippare peggio che le avventure di Blair e Chuck in Gossip Girl. Ma soprattutto il trip francese mi ha regalato l’amore della mia vita. Perché, anticipando di millenni le mode vampiresche, io col Conte di Montecristo già sapevo che l’uomo dei sogni era pallido come un morto e triste come un pesce nella boccia.

A ruota, il trip inglese. Perché sì, amici, alla tristezza non c’è un limite. Io ci sguazzo e ci grufolo come un maiale nell’aia. E quindi sorelle Brontë come se piovesse, Mary Shelley col suo depresso marito, Bram Stroker. Ma la tristezza. Ma la morbosità. Una volta che inizi non te ne puoi staccare più. E’ la stessa patologia che ti spinge a continuare a vedere Quattro matrimoni su Real Time. Più o meno.

Il trip Ammaniti. Non so perché. Anzi sì. Perché una zia mi ha regalato Che la festa cominci a un compleanno, e a me ha fatto un sacco ridere. Vi dico solo: ciccioni appollaiati sui rami di alberi. Questa immagine dovrebbe essere sufficiente per indurvi a leggere il libro. Così ho continuato e, a parte Ti prendo e ti porto via (bleah, schifo) tutto il resto è bomba. Ho smesso dopo Io e Te perché il Niccolò si è messo a scrivere i racconti, e a me i racconti non vanno proprio giù.

E infine l’ultimo trip, il mio preferito del momento, quello ancora in corso, è il trip giapponese. Anzi, Murakami. E’ vero, lo stanno leggendo tutti ormai. Perfino il Pelliccia è riuscito a finire 1Q84, anche se ormai c’è l’impronta del libro sul comodino. E comunque, un motivo c’è ed è che Murakami è il genio. Murakami fa innamorare.
Perché nel mondo di Murakami tutto è plausibile. Scendere una scala a pioli e trovarsi in un mondo parallelo, è plausibile. Anche uscire dall’ascensore e trovarsi faccia a faccia con un uomo vestito da pecora che connette i fili del destino è plausibile. Ma soprattutto, trovare gente consenziente a fare sesso di gruppo in ogni bar di Tokio è perfettamente logico e normale.
Nel mondo di Murakami, le adolescenti sono tutte precoci e favolosamente belle.
La gente esce di casa e svanisce nel nulla.
Tutti possono prendersi aspettative dal lavoro per i motivi più assurdi e andarsene in Grecia o alle Hawaii.
I ragazzini sono tendenzialmente gerontofili.
Le orecchie hanno una potente attrattiva sessuale.
Ci sono sempre un sacco di gatti.
Si mangiano cose giapponesi vere, tipo il sukiyaki o la tenpura.
Tokio di notte è fighissima e non c’è in giro nessuno.
Le stazioni dei treni sono il fulcro di tutte le attività più interessanti.
Ma soprattutto nel mondo di Murakami le cose che contano sono lì, sono semplici, sono la luna, sono l’amore, sono le cose che hai nella testa. E se nella testa hai delle cose meravigliose e fantastiche, il mondo è meraviglioso e fantastico, e quella è la realtà. E se al mondo esiste veramente qualcuno che ha in testa delle cose così meravigliose e fantastiche, allora c’è speranza. C’è bellezza. Allora il mondo è bello davvero. Anche quando sei triste, anche quando sei felice. Anche quando sei stanco, quando torni a casa, quando piove e non hai un camino e i tuoi calzini sono bagnati. Quando non si capisce niente ma non importa neanche. Quando è tutto difficile, oppure è tutto facile e che gusto c’è. Ma soprattutto quando fa freddo. Perché nel mondo di Murakami si sta al calduccio. E’ una coperta che non voglio togliermi più.



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