martedì 30 dicembre 2014

SPOILER: PAOLO FOX DICE CHE IL 2015 SARA' UNA BOMBA

Si è fatto il 30 di dicembre, e come ogni anno, la depressione capodannesca è alle porte.
Come sappiamo bene tutti noi, che siamo rimasti psicologicamente fermi alla quarta elementare, l'inizio del nuovo anno non coincide mai con l'arrivo di gennaio, bensì con settembre, mese depressivo per eccellenza.

Epperò, chi è rimasto attento e vigile, si ricorderà che, un anno esatto fa, sul blog giannico sono stati formulati alcuni -attenzioneattenzione- buoni propositi, e mai vorrei lasciarvi col dubbio che siano stati disattesi. Ebbene no, contro ogni aspettativa (e lasciando correre il calcolo delle calorie, che sapevamo tutti essere una cazzata) La Gianni ha sia imparato a darci dentro con l'unicinetto (prove fotografiche qui) che a vestirsi in maniera più adeguata alla sua vetusta età. Due prove completate su tre, applausi.

Vorrei essere tanto ottimista e propositiva da stupirvi con nuovi buoni propositi idioti per l'anno del signore 2015, ma a sto giro sono pervasa da un tale spleen che ciao, Charles, ciao, e mi sento più in vena di bilanci, invece. Sarà colpa di Facebook e dei suoi filmatini riassuntivi. Massì, facciamoci sto bilancione dell'anno 2014, dai.

Cos'è successo nell'universo giannico dopo il famoso post sui buoni propositi di cui pregasi vedere link sopra?

Vi tranquillizzo subito dicendovi che anche quest'anno non ho trovato il senso della mia esistenza, non ho capito cosa voglio fare da grande e non ho maturato rosee prospettive sul mio futuro, da cui il famoso spleen.
In compenso però quest'anno ho: 

cominciato a correre. Lo metto al primo posto perché non ho ancora smesso di stupirmi della cosa. Non raggiungevo un traguardo così importante da quando mi consegnarono le scarpe con la punta al corso di danza, e avevo 8 anni, credo. Ho il sospetto che la mia tenacia, che non sta cedendo neanche alle brume invernali, abbia radici profonde nel fatto che lo shopping a tema sportivo sia quanto di più godibile nel magico mondo retail, ma tutto ciò merita un post a parte, temo.

tolto 4 denti del giudizio, e questo significherà una sola cosa nel 2015: apparecchio ai denti, non aggiungo altro.

ricevuto lo sfratto da via dei Matti numero zero. Pensavo di prenderla male ma invece ho la testa così piena di fantasticherie in cui io e il Pelliccia abbiamo budget milionari e possiamo permetterci appartamenti favolosi (con delle persiane! Con pavimenti dritti! Bagni piastrellati! Ascensori!) che per ora l'elevato tasso di euforia non mi sta facendo intristire pensando alla perdita di vicini favolosi e commercianti a cui ero affezionata. Come disse Rossella, ci penserò domani. Intanto, non vedo l'ora di traslocare.

ottenuto una macchina da cucire e rotto quattro aghi, ma anche realizzato ben due borse dal nome giapponese, un porta torte imbottito, un calendario dell'avvento, un coordinato da cucina con grembiule e guanto da forno a tema natalizio. Il prossimo passo è Burda, e poi nessuno mi fermerà.

conquistato l'America. Ciao amici che mi leggete dall'altra parte del globo, e che sembrate apprezzare particolarmente il mio post sull' #DueCuori, prima o poi imparerò a decifrare le statistiche di Blogger e capirò come sia stato possibile tutto ciò.

svelato il segreto per avere capelli magici e belli, se siete stolti e vi siete persi il post lo recuperate qua.

Soprattutto, scoperto che non è vero che non cambia mai niente. Le cose possono cambiare, nessuno è condannato. E se sono cambiate così, senza preavviso, quest'anno, potrà succedere ancora e ancora e ancora, finché anch'io troverò il mio posto in questo vasto vasto mondo.

Per il 2015 ho già in previsione un blog a quattro mani con la Scoppiatissima Jo, un trasloco, un apparecchio, la saga di Harry Potter che non ho mai letto e mi è venuta voglia adesso, un decluttering fisico e mentale di cui vi parlerò a breve, e poi un premio Nobel, conquistare 24 territori e l'egemonia mondiale, perciò sarò parecchio indaffarata. 

Intanto, mi accingo ad affrontare con il consueto grande entusiasmo i festeggiamenti della Silvester night, forte di due solide certezze: un primo giorno dell'anno di letto e tisane e un'invidiabile minigonna di piume rosa.

Buon anno a tutti Funny Followers!


sabato 20 dicembre 2014

LA SOLUZIONE AI CAPELLI DI MERDA C'è, E SI CHIAMA TRATTAMENTO ALLA CHERATINA.

Devo assolutamente dirvelo.

Avete i capelli crespi? Mossi? Umido-sensibili? Piastra-repellenti? Benvenuti nel club, di cui sono socio benemerito. Parla per me la vastissima esperienza sul campo, maturata in anni di pieghe spiegazzate, oli miracolosi e riti woodoo. Anni passati a uscire di casa liscia e rientrare con un diavolo per capello, anni pieni di doppie punte, di chiome sfibratE e di incubi da meteo.

Beh, è finita. FI-NI-TA ragazzi! Alla veneranda età dei trenta meno uno ho finalmente trovato LA soluzione, quella che non prevede rapature a zero o trapianti, come spesso ho sognato, ma giusto quattro-cinque ore di passione dal parrucchiere: si chiama CHERATINA.

Sotto sotto, rimango convinta che un complotto ci sia: come the hell è possibile che nessuno me ne abbia mai parlato? Cos'è questa omertà??? Ho dovuto imparare a soffrire per purificare la mia anima e accettare con piena gioia e consapevolezza il momento del riscatto. E questo è arrivato una settimana fa esatta. Ad oggi, dopo ben due shampoo fatti e vari sbalzi climatici subiti, posso con leggerezza del cuore dichiararlo al mondo: la cheratina FUNZIONA.

Ma ricominciamo dal principio, ovvero da quel giorno in cui mi sono specchiata come se fosse la prima volta e i miei capelli mi stavano a loro volta guardando dallo specchio del bagno, così tristi, così depressi, così crespi e arruffati che mi si è spezzato il cuore e ho detto basta. I miei capelli si fidano di me e io devo prendermene cura. Se io li amo, loro mi ameranno di conseguenza e tutti vivremo felici e setosi per sempre.

Ho chiamato il parrucchiere e ho invocato aiuto. Morale: appuntamento per stiratura permanente.
Mi attacco all'internet e mi prende la paura. Recensioni drammatiche, storie tristissime di chiome devastate e un unico grido: non fatevi la stiratura chimica, la stiratura chimica è il male!

Sono andata dal parrucchiere e ho detto: parliamone. Per inciso, lo dico senza scrupoli di coscienza ché tanto, il parrucchiere in questione è un salone e si chiama Les Garcons de la Rue. Ci sono andata la prima volta quest'estate dietro consiglio della Scoppiatissima Jo e l'ho eletto a mio nuovo parrucchiere preferito per i seguenti motivi:

  • non è un salone, è uno urban-box, cioè un posto figo dove istallazioni fatte con i tubi dell'acqua servono ad accogliere spazzole e ferri e le poltrone sono sedie di plastica da bar girevoli. 
  • gli hair stylist sono tutti tatuati e fighi, con colori di capelli al limite della fantasia cromatica.
  • sono bravi.
Il trattamento me l'ha fatto Adina. Lei ha preso in mano le mie povere ciocche malmesse e ha decretato: no stiratura chimica ma sì alla vita, cioè alla cheratina. Perché? Intanto perché è un trattamento naturale che nutre il capello, invece di stressarlo e indebolirlo. La cheratina è una proteina già presente in abbondanti quantità nei nostri capelli (e nei peli anche). Shampoo, inquinamento, piastra e phon però la deprimono. Per questo una botta di cheratina ogni tanto risolleva l'umore dei nostri capelli, e di conseguenza anche il nostro, facendoli tornare morbidi e luminosi come li avevamo a cinque anni, nell'era ante-piastra. Inoltre, la cheratina non stravolge la natura del capello, perciò non si noterà lo stacco con la ricrescita perché la situa tenderà a tornare normale piano piano.

Come funziona la faccenda? Eh. Se volete un consiglio, portatevi un libro. Oppure lì son tanto carini che vi regalano la connessione al wifi. Insomma, trovatevi come impegnare il tempo perché la storia è lunga.

Prima ti lavano i capelli con apposito shampoo, così che siano belli aperti e pronti ad accogliere a braccia spalancate tutta la cheratina del mondo. Poi, una volta purificati ben bene ti spalmano ciocca per ciocca questa poltiglia bianca dall'odore nauseabondo e ti lasciano a mantecare un quarto d'ora buono. Segue asciugatura e piega con piastra. A quel punto hai i capelli come non li hai mai avuti e nemmeno sognati: lisci, morbidi come il cachemire di Loro Piana, setosi come nei tuoi desideri più proibiti. Non puoi fare a meno di scimmiottare la pubblicità della Pantene e ripeterti che tu vali. A quel punto, lo shock: bisogna rilavarli. COmE??? La vestaglietta nera ti appare in quel momento come un camice di forza, ti dibatti, NO! Non mi avrete mai! Non laverete i miei capelli! E invece sì. Sì perché bisogna metterci sopra una fiala di maschera fissante, se no tutto sarà perduto. Ti convincono. Altro shampoo, altra posa e poi... magia! Adina mi asciuga i capelli ad cazzum come faccio io di ritorno dalla corsa e questi sono lisci. Senza nessuno sforzo, i miei capelli sono lisci! Ma non solo lisci tipo post-piastra, sono ancora più morbidi, più leggeri, più setosi di prima. Non puoi fare a meno di accarezzarti e mormorarti complimenti da sola, vittima di uno dei peggiori casi di autismo tricotico della storia.

Sono uscita dal salone potente. Ho dei capelli meravigliosi e voi non potete nulla contro la loro magica forza. Delirio di onnipotenza a pacchi. Voglia di suscitare invidia nel prossimo. Nevrosi.

E ora, qualche domanda tecnica:

Quanto dura?
Non lo so, ancora. Dicono quattro mesi circa, e io ci spero con tutte le mie forze perché vi giuro, quattro mesi così, mi sembra di stare in paradiso. Dopodiché i capelli cominceranno a tornare normali (cioè brutti) a poco a poco. Questo è un bene, perché la ricrescita sembrerà naturale e non avrete lo stacco liscio perfetto sotto-cugini di campagna sopra.

Ogni quanto va rifatto il trattamento?
Mi hanno consigliato due volte l'anno. Vi farò sapere.

Ho buttato la piastra?
No. Il trattamento alla cheratina non è la stiratura chimica che ti riduce a una confezione di spaghetti, no. Certo, i miei capelli sono circa venti volte più lisci di com'erano prima, ma ho ancora bisogno di dare una bottarella di piastra dopo lo shampoo o la mattina per fissare le punte. L'impegno si riduce però a due minuti scarsi contro le mezzore a cui ero abituata e i capelli ti rimangono perfetti tutto il giorno. Non importa se piove, nevica o tira vento, quelli non si muovono. Rimangono in piega perfetta, lucidi, morbidi e splendenti come appena usciti dal parrucchiere.

Uso ancora i centordici prodotti che usavo prima?
No, per il semplice fatto che li ho sostituiti con prodotti specifici per i capelli trattati con cheratina, gentilmente rifilatimi da Les Garcons. Non so se cambi effettivamente qualcosa, ma per non rischiare io sto usando Shampoo e Maschera appositi e non me ne lamento. Avevo appena investito per una confezione famiglia di maschera all'olio di cocco nemmeno aperta ma fa niente, la regalo di cuore a chi se la piglia (è buona, comunque). Sto continuando però a mettere il mio olietto meraviglioso sulle punte la mattina perché mi piace coccolarle e spruzzo anche l'olio di cocco preso a New York più che altro perché ha un buon profumo.

Domandona finale: quanto costa?
Risposta: svariati bauli di dobloni. Non posso dirvi precisamente, perché Madre legge il blog e poi mi sgriderebbe dandomi della scialacquatrice folle. Vi basti sapere che siamo abbondantemente in doppia cifra. Ma amiche, credetemi, nulla, e ripeto nulla, potrà mai valere di più la pena. Nessun acquisto vi darà mai la stessa sensazione di onnipotenza che si prova ad avere dei bei capelli. Perciò per Natale non regalatemi diamanti, ma barili di cheratina per favore.

venerdì 12 dicembre 2014

PROCRASTINARE E' BELLO. La sfera, la biglia e il culone della Gianni.

Facendo parte della specie umana e dell'universo mondo, sento come diritto naturale quello di avere una tendenza spiccata a procrastinare.

L'intero universo vive e sopravvive alle avversità perché segue la linea di minor resistenza, ovvero persegue il proprio fine con il minimo sforzo.

Nel personale Universo Giannico, io voglio essere una sfera (non una palla, simpaticoni, una sfera!). Una bolla di sapone. Perché mai le bolle di sapone sono sferiche e non per esempio trapezioidali? Perché quella è la loro configurazione energetica più stabile. In pratica, la bolla sta a riposo. Minimo sforzo, massima resa. Per lo stesso principio le biglie rotolano, le molle tornano nella loro posizione iniziale e noi procastiniamo. Rimandiamo le cose noiose o complicate o che non ci piacciono per mera inclinazione naturale: perché mai, sotto i cieli, dovremmo far fatica? Appunto.

Io sono una fanatica sostenitrice del non fare oggi quello che potresti rimandare a domani, così intanto oggi ti puoi riposare. Mi sento pienamente giustificata in questo dalla natura umana ma, a quanto pare, la mia teoria trova scarsi riscontri nel web. Se provate a digitare "procrastinare" su Google, è un tripudio di pagine che vi insegnano come smettere. Ma perché? Sembra che procrastinare sia il male. Ti danno non solo del pigro e dell'ignavo, ma addirittura dell'infantile o del debole. Dall'altezza morale del mio divano, io vi sbriciolo i miei Pandistelle in testa, schiavi del sistema che non siete altro.

La mia teoria è semplice: se cerchi di fare tutto e subito e bene, non guadagni tempo ma lo perdi. Questo per il semplice fatto che il tempo risparmiato verrà riempito immediatamente da altri compiti. Non è tempo libero, è tempo in attesa di essere occupato. Se finisci un lavoro prima del termine di consegna, il tuo capo te ne affiderà subito un altro. Se stiri oggi una lavatrice, domani ne avrai un'altra. E poi c'è la legge di Parkinson: "Il lavoro si espande fino ad occupare tutto il tempo disponibile; più è il tempo e più il lavoro sembra importante e impegnativo". Tradotto, più tempo hai, più tempo impiegherai in lavoro. Se hai poco tempo per fare un lavoro, sei più efficiente e il risultato è uguale. Forse migliore. Io ho imparato questa santa verità ai bei tempi dell'università: se avevi una settimana per preparare un esame, ti ammazzavi notte e giorno e andava bene. Se avevi un mese, ti ammazzavi lo stesso notte e giorno perché non ti sentivi mai abbastanza preparato. E poi ok, andava bene, ma le tue tre settimane di scarto chi te le ripaga?

Perciò un sonoro STICAZZI a tutti voi. La differenza è tutta qui: se eviti di procrastinare e ti occupi di tutto subito, non avrai mai tempo per te; se invece procrastini, hai tempo per dormire sul divano, farti la camomilla, giocare col gatto, guardare Grey's Anatomy per la centocinquantesima volta. Poi a un certo punto rinsavisci d'un tratto e ti rendi conto che la bolletta sta per scadere, che hai il lavandino che rigurgita piatti sporchi, che devi prenotare la tal cosa e inviare la tal mail e fare la tal telefonata al tizio tale. A quel punto non hai più tempo, o muovi il culo o ciao. Quindi fai. Evviva! Sì, ok, magari ti ammazzi. Magari fai uno giorno no stop appiccicato al computer, oppure una domenica di pulizie di primavera, ma chissenefrega. Intanto, sei bello fresco e riposato. Anzi, magari sei anche un po' annoiato e fare il cambio dell'armadio ti dà più soddisfazione. E poi vuoi mettere il senso di onnipotenza quando esci vittorioso da una pigna di panni che ostruiva il passaggio in camera da letto piuttosto che stirare due magliettine scarne al giorno ogni giorno? In quei momenti io ho delle scariche di adrenalina che mi affaccerei dalla finestra brandendo il ferro e, come Scar sulla rupe, annuncerei alla via che questa è l'alba di una nuova era, nella quale leoni e iene lavoreranno insieme per costruire un glorioso futuro!

Poi mi sento in diritto a tornare a non fare un cazzo, perché ho lavorato tanto quindi perdio! ho il diritto di riposare! C'è da andare a ritirare le analisi del gatto? Fare la spesa? Riordinare il bagno? Eh no, oggi no, oggi ho fatto già tanto! Quello lo farò domani. Domani, quando il veterinario manderà la guardia forestale a vedere se mi sono smarrita nei tombini, il frigo sarà vuoto e in bagno si potrà fare la lotta nel fango.

D'altronde, lo sappiamo perfettamente tutte (e chi non lo sa, sciagura a voi!) che domani è un altro giorno. Lo diceva una che è diventata icona di stile indossando un vestito fatto con le tende di broccato della mamma. Se non vogliamo dare credibilità a lei, allora a nessuno.





martedì 9 dicembre 2014

DECLUTTERING SELVAGGIO: HO BISOGNO DI SPAZIO

Faccio fatica da andare a correre.
Faccio fatica a leggere.
Faccio fatica a scrivere sul blog.
Faccio fatica a dormire.

L'unica cosa che continuo a fare molto bene è sbagliare. Sbaglio una quantità di volte al giorno che è incalcolabile. Non pensavo di essere in grado di sbagliare così tanto spesso. Non pensavo fosse umanamente possibile. Forse sono un essere leggendario, con capacità mitologica di sbagliare innumerevoli volte sopra la media. Forse è così. Ma va bene, perché sbagliando si impara, dicevano, e io ne ho per un'enciclopedia.

Continuo a pensare a quello che vorrei fare nel tempo libero che non ho: vorrei andare dal parrucchiere, vorrei riordinare casa, vorrei cucire un abito a macchina, vorrei finire di leggere Musashi, che ormai sta facendo la muffa sul mio comodino, vorrei fare i compiti di russo, vorrei fare colazione fuori, vorrei stare un po' con il Pelliccia, vorrei scegliere la nostra nuova casa, che a Maggio ci sbattono fuori e non si sa dove andremo.

Io non ero pronta, in realtà. Stanno cambiando tante cose e tutte insieme, e non riesco ancora a prenderci le misure. Mi manca qualcosa, un po' di ossigeno, credo.

Però faccio progetti, in compenso. Per quando avrò un po' meno ansia e un po' più di tempo. Sono una persona ottimista sotto sotto.

Ho un nuovo trip, che è il decluttering. Come da ogni cosa che è banale ma ha un nome figo, mi ci faccio intortare come niente. Il decluttering di oggi è il mettere in ordine di ieri, ma oggi fa più figo e ci sono interi blog fantastici dedicati a questo. 
Decluttering significa liberarsi dagli oggetti inutili perché + spazio = - ansia = qualità della vita migliore.
Io sono una disordinata cronicizzata. Se sono stanca di più. Se sono stanca e depressa di più all'ennesima potenza. La mia casa in questi giorni sembra lo scenario di una di quelle puntate di Real time, voi sapete a cosa mi riferisco. Ho bisogno di aria. E non è facile come pensate voi, che vi sento, siete lì a dirmi: "Sforzati, la sera metti via i vestiti, non lasciare scarpe e borse in giro, raccogli i giocattoli della Nina, stira, pulisci!". No, non è così facile. Io funziono con l'interruttore: on/off. Quando raggiungo il livello per cui bisogna farsi strada col machete in casa mia, allora vengo presa da attacchi di iperattivismo, ribalto tutto e metto in ordine. Per un paio di giorni rimane tutto perfetto e immacolato, poi ricomincia il declino. E così via.

Adesso però la situazione è leggermente più complessa: c'è da cambiar casa, io e il Pelliccia dobbiamo abbandonare via dei Matti numero Zero e cercarci un'altra grotta pelliccica. E questo vuol dire una cosa, soprattutto: trasloco. Trasloco con mobili, che è peggio. Mi guardo intorno in casa mia e vedo che in soli tre anni io e il Pelliccia abbiamo accumulato una quantità di roba inaudita in questo piccolo spazio vitale: oltre ai miei acquisti compulsivi che riempiono armadi e scarpiere e cassoni sotto il letto e appendini, abbiamo accumulato bomboniere, vasellame, vincite da pesche di beneficenza, inutili articoli di cancelleria, caramelle che non piacciono a nessuno dei due e rimangono lì con lo scorrere dei mesi, pile scariche e mai riciclate, biglietti d'auguri, auricolari rotti, assurde cover del telefono, occhiali da sole, ricevute, riviste, sacchetti. Un cumulo di stronzate. Queste cose mi tolgono l'aria, mi mettono ansia, vanno eliminate.

Devo fare decluttering, nella mia casa e nella mia vita.

Starò meglio, poi.

martedì 2 dicembre 2014

DI PROFESSIONE COPIONA

Come mi lascio manipolare io dalle influencers, non ce n'è un'altra al mondo. 

Se da un lato sono perfettamente impermeabile a pubblicità e packaging carini (extrema ratio, che nella personalizzazione del latino giannico significa solo molto razionale), dall'altra sono un'incorreggibile copiona: io stalko la gente, rubo e spaccio per mio, vedi il doppio orologio copiato alla Ferragni nel lontano 2010 (outing).
Ecco perché seguo centocinquantadue fashion blogger e mi incazzo quando fanno le noiose come in questo periodo. Datemi qualcosa da copiare, perdio!

Ma la mia sete di plagio spudorato non copre solo la sfera delle più o meno celebrities e gente del web. Mi capita a volte di innamorarmi di persone very, l'amica, la vicina di casa, una tipa che incontro dal parrucchiere. Ci sono delle ragazze dotate naturalmente di uno stile così figo che non c'è una parola più figa di figo per descriverle. Io da un lato le odio e dall'altra le copio e voglio essere come loro. Ma cosa succede quando la copia giannica risulta solo un pallido surrogato della figa vera? Depressione, e poi più nulla.

Ad esempio, ultimamente mi sono innamorata della mia compagna di banco al corso di russo perché:
uno, è metà russa, indice di gradimento in impennata;
due, ha uno stile minimal-urban-salcazzo-chic che mi piace un botto.
L'outfit-tipo della tizia è: pantalone nero alla caviglia, camicia bianca, cardigan blu. Figa. 
Io: pantalone nero alla caviglia, camicia bianca, cardigan blu: suora laica in gita di piacere al San Carlone.
Lei è la queen dell'abbigliamento della crescita, quello che ti ricorda i tempi delle elementari quando ti riciclavano i vestiti della sorella maggiore ed erano un po' cortini, un po' pelucchini, un po' meh.
Si mette jeans inciucciati neri a vita altissima e maglioncino pesca che è cropped ma perché ha sbagliato lavaggio, e infatti le maniche stanno a sette ottavi. Figa. 
Io, lavaggio della lana a 90° perché voglio lo stesso effetto infeltrito: i City Angels vengono a portarmi coperte e brodo caldo.
Poi, lei ha lo zainetto di tessuto, quello con la coulisse. Non scrivevo la parola coulisse dal '95, ho dovuto googlarla per ricordarmi lo spelling. Figa.
Io: borsa toppissima in pitone moluro taglio front cut. Inadeguata.
E poi lei lei lei. Lei è l'icona del nuovo trend milanese inverno 2014-15, detto anche checcefrega checcemporta io alla calza ho detto no, ovvero: la caviglia scoperta. Sempre, ragazzi, anche nelle condizioni climatiche più avverse. Stringate carroarmate, pantaloni culotte e fiera caviglia di fuori. Maledetta me con collant e calzettoni, perché gesù ho tutti i jeans shreddati e prendo freddo.

Io vorrei, ma non posso. Uno perché di minimal nel mio guardaroba c'è ben poco. Due perché mi avete fatto comprare ben due piumini della Colmar prima di dirmi che le sporty spice non tirano più (n.b. ovviamente, Tipa Figa all'ultimo avvistamento in data 27/11/2014 portava ancora chiodino di pelle e probabilmente grasso di foca a strati). E tre perché io quelle cose lì da mettermi addosso ragazzi non le trovo. Ditemi che succede anche a voi, vi prego. A me capita di vedere una cosa che hanno addosso tutte, ma tutte, e che sta bene a tutte e pensare, beh, la voglio anch'io, d'altronde, se ce l'hanno tutte, ne saranno pieni i negozi. Zero. Zero se non sgraziate brutte copie da due soldi. E un solo quesito: ma loro, tutte le altre, dove vanno a fare shopping (se non da Zara, leggi tra le righe)? Questa collisione di fallimenti sartoriali succede oltremodo spesso con le ricerche più semplici. Tipo un cardigan nero. Perché è impossibile trovarlo? Cosa avrò chiesto di tanto azzardato, case di fast fashion che non siete altro, che non potete produrmi un diavolo di cardigan nero che non sia 100% poliuretano e con stravaganti applicazioni di swarovski al posto dei bottoni?

Oppure ci sono quelle cose che addosso alle altre sono una bomba e poi le provi tu e beh. Sì. Beh. Stavi meglio senza. Tipo gli skinny a vita alta da Donna Martins. Occhei quelli son difficili, lo ammetto. I maglioncini girocollo allora. Ragazzi mi stan di merda. Anche le francesine con la gonna: ho i piedi piccoli, sembrano gli zoccoli di uno gnu. Oppure, top of the pops, le sciarpe, peggio ancora se sono tartan. Trent'anni domani, e non aver ancora imparato a mettersi una sciarpa in modo carino che non scivoli. Mi è più facile imbroccare le formule in Excel, e ho detto tutto.

Insomma, a copiare ci si prova. A volte non-ce-la-si-fa. Extrema ratio ragazze, siate razionali. La moda è bella perché ce n'è per tutti. Copiate ma non vi accanite, se un look non fa per voi, mollate. Amica del corso di russo, io mollo, perché non avrò mai le tue gambette secche e lunghe, né il tuo adorabile accento toscano e credo neanche il tuo zainetto, per il semplice fatto che è fuori produzione da quando Cristina D'avena cantava la sigla dei puffi. L'unica cosa che ti copierò d'ora in poi saranno i compiti di russo, promesso, e ti prego solo di spostare il gomito un po' più in là, perché io ho il quaderno fucsia gigante e scrivo coi pennarelli e mi viene un po' fatica a spiare te, amica, che ovviamente hai la moleskine nera e prendi appunti piccolissimi con la tua penna a gel.


mercoledì 26 novembre 2014

WISHLIST NATALIZIA: CI STO PRENDENDO LA MANO

Ma che problema ha la gente che odia il Natale? Quale traumi infantili ha avuto? Forse vi hanno picchiato con del pandoro, da piccoli, oppure i vostri genitori vi costringevano a mangiare i canditi?

Io a d o r o il Natale. E' un periodo di giuoia immensa nonché di shopping folle, però giustificato dalla generosità di fare munifici regali, arriva la tredicesima, lurex e paillettes sono sdoganati anche di giorno, il rosso e il verde sono tra i miei colori prefe, in tv passano film anni 80 e si mangiano un sacco di biscotti allo zenzero.

In sovrappiù, si ricevono doni. Chi mai potrebbe odiare un periodo così redditizio? Secondo me, gli stessi che odiano i gatti e i telefoni di peluche. Brutte persone.

Quest'anno il mio sarà un Natale particolarmente gaudente perché

  1. ho finalmente preso le distanze dalla nevrosi da shopping pre-natalizio altrui, e quindi finalmente potrò dedicarmi alla nevrosi da shopping pre-natalizio mia e di nessun altro, con tutto il valium che sarà necessario.
  2. Ho già idee per la gran parte dei regali che devo fare, e sì sa che, nel Natale, chi ha l'idea buona a Novembre è già a metà dell'opera.
  3. Sono di buon umore. Cosa non scontata.
Non da ultimo, ho già una wishlist bella carica che mi fa pregustare l'alto godimento di apertura dei pacchetti a trenta giorni da oggi. E insomma, ce l'ha insegnato bene il Campari che l'attesa del piacere è essa stessa il piacere. E meno male che ci siete voi, signori del Campari, a tirar fuori dalla tundra noi caproni, perché senza di voi non avrei mai googlato, e i miei occhi sarebbero rimasti per sempre poveri della vista della leggiadra pettinatura del signor Lessing in persona, che voglio dire, adesso me lo spiego bene da dove gli venissero fuori certe perle. 

Dicevamo, wish list. Sono diventate irrinunciabili, a quanto pare. Madre ha cominciato a chiedermi la wishlist di Natale appena dopo il compleanno, ed era Ottobre. Sono dei drogati. Ecco cosa succede a viziare la gente, non possono più fare senza wishlist, e allora eccola tutta per voi, minuziosamente dettagliata e corredata da simpatiche foto esplicative. Non potete sbagliare. avete trenta giorni a partire da... tre due uno... ora!

PER CHI SE LA SENTE MOLTO:
Cioè, per tutti voi che mi amate e che ora vi sentirete in colpa se non aprite quel vostro portafoglio gonfio per sganciarmi i regali che voglio. So di avere, ben nascosti tra di voi, simpatici amici benefattori, gente il cui reddito annuo doppia il mio e prende i 20 € passando dal via, perciò forza! E' ora di uscire allo scoperto e fare della Gianni una Gianni felice (e ben vestita, che poi sono la stessa cosa).

Il portafoglio nuovo. Il mio risale a cinque, e ripeto cinque anni fa. Direi che posso ritenermi in pieno diritto di desiderare un sostituto, nonostante il mio adorabile portafoglio di Coccinelle color carta da zucchero abbia fatto e continui a fare con onore il suo sporco lavoro, e un po' mi dispiace abbandonarlo sul ciglio dell'autostrada come un cencio vecchio. Ma tant'è, portafoglio mio, la vita va avanti e tu, povera creatura sei al capolinea: considerata la media giornaliera con cui il mio portafoglio si apre e si richiude (e ve lo garantisco, è alta) direi che ti meriti la tua medaglia al valore e poi la pensione. Ma non ti dimenticherò presto, stai sicuro, e infatti il prossimo cucciolo da adottare nella mia borsa sarà a tua immagine e somiglianza: vorrei che fosse in saffiano, come te, perché è l'unico pellame che non si autodistrugge nelle mie mani, e con la clip, come te, ma con l'apertura a soffietto e la tasca centrale per le monete chiusa con la zip (state prendendo appunti, voi là fuori?).
Così, a puro titolo esplicati vi metto questa simpatica immagine pescata dal sito di Prada, ma se proprio siete braccino vi dico che di surrogati più poracci ne potete trovare da Michael Kors (ma non mi piace il logo, quindi sobrio, per favore), da Cromia oppure ripetetevi con un Coccinelle, che mi accontento. I colori che mi piacciono sono il grigio, il blu (non troppo classico però), l'arancio, il verde e il taupe. Non avvicinatevi nemmeno al cassetto dei rossi ed evitate il rosa, per favore, che non ho più tredici anni.

Sottilissimo suggerimento velato a chi non sapesse proprio come impiegare questi 440 € che gli avanzano in tasca.
Prada
La stivalata da russa. L'anno scorso, in uno dei raptus distruttivi che ogni tanto mi prendono al momento del cambio dell'armadio, ho buttato tutti gli stivali che avevo. Tutti. Erano vecchi perdio. Perciò ora mi ritrovo a dover affrontare l'inverno in mocassini ed ankle boots. Aiutate una povera ragazza che presto avrà freddo.
Per qualche tempo, avevo accarezzato l'idea di un paio di stivali cuissardes effetto calza, magari scamosciati, ma non sono abbastanza fashion blogger norvegese per quelli. Perciò sarei quasi per virare saggiamente su un modello più aderente alla mia attuale filosofia di stile, ovvero lo stile zia Peppina, sempre però mantenendo fede alla mia tendenza sovietica che mi fa preferire dettagli zarri e lunghezze over the knee. Eccovi pronti i due suggerimenti del mio cuore:

La versione flat perché qui c'è ggente che lavora e ha bisogno di stare comoda.
Stuart Weitzman, qualcosa intorno ai 500, ma non mi ricrdo perché io non faccio caso a sottigliezze volgari come il prezzo (soprattutto se me lo regalano).


Più peppinesca, ed infatti migliore, la varianzte con tacco 5 cm e guai di più di Kurt Geiger. Senza farvi prendere dall'entusiasmo con le altezze, mi raccomando, che mi viene la sciatica.

Le slipon da americana in gita. Un vecchio amore, ma io non dimentico. Manteco. Ve ne avevo già parlato qui e adesso so che siamo fatte per stare insieme. Mi piacciono rosse e leopardate, ma potreste anche stupimi con il bluette, il 37 mi sta benissimo.
Alle brutte, sappiate che Mauro Leone ne fa di simili in marrone tinta unita.
Kurt Geiger, ora che ti ho trovato non ci lasceremo mai più.

La piastra per capelli afro. Scoprire la GHD per me è stata LA svolta. Costa un patrimonio, ma nessuna piastra potrà mai reggere il confronto. Io feci l'investimento all'età di ventiquattro anni e, me l'avessero detto prima, ste stronze, mi sarei risparmiata anni di rodimento di stomaco. Purtuttavia, anche le cose belle e buone invecchiano. La mia piastra ha l'età del portafoglio, c'è da rinnovarla. Chi si sentisse particolarmente ispirato, mi raccomando che non sbagli modello: quella che voglio è la GHD V Gold Max Styler. Max, capito?, non quelle piastrine sottili da fighette. Se poi siete veramente pro, vi avviso che hanno introdotto da poco delle piastre stroboscopiche che si chiamano Eclypse e hanno un prezzo che veramente mi viene da ridere, le quali pare siano dotate di cose strane tipo "tecnologia tri-zone", "sensori intelligenti" e non so che altro. Un po' mi intimoriscono, ma promettono magie sui capelli difficili, perciò, accomodatevi.

Ve lo ripeto, che sia MAX, se no al massimo mi ci liscio i peli delle braccia.
GHD

PER CHI SE LA SENTE, MA UN PO' DI MENO:
Può essere che non mi amiate abbastanza, ma pazienza, è Natale e si perdona tutto. Potete comunque farmi contenta pescando a scelta tra questi oggetti del desiderio recondito.

L'orologio minimal. Mi hanno aperto il negozio nuovo della Swatch di fianco, e subito ecco che arriva l'epifania: non ho un orologio nero! La sensata obiezione sarebbe: certo, Gianni, forse perché non porti più un orologio da quando sei diventata troppo grande per il Flick Flock. Beh, la vostra sensatezza non mi impedirà di cambiare idea. Siamo esseri in continua evoluzione, e io mi sento pronta per l'orologio. Mi piacciono quelli di Swatch neri e semplici, con la cassa grande (41 cm, così non sbagliate), non quelli da femminuccia con la cassa tondina piccolina. Potete scegliere tra uno di questi due modelli o farvi consigliare, tanto mi piacciono tutti.

 

Swatch, tutti e due. Sbizzarritevi. Basta che sia nero. E grande.

Il costume in neoprene. Perché arrivo sempre con un ritardo comico. L'estate scorsa era il pezzo forte di tutte le mie blogger del cuore, e io all'Argelati col mio sangallo della collezione 2013 by Calzedonia. C'era bisogno di arrivare a dicembre per fare il salto di qualità. Meglio tardi che mai, dicevano, sperando di essere ancora in tempo per l'estate prossima. Intanto, lo voglio. Per andarci alle terme. Li si acquista solo sul sito che prontamente vi linko proprio qui. Per le taglie è facile, small e small, sopra e sotto e andate col liscio. I modelli che mi piacciono più di tutti son questi:

 

Non sbagliate colore, non sbagliate modello, e nessuno si farà male.

Il guanto to be a real rock star. Com'è che non ho mai avuto dei guantini in pelle nera fingerless? E' strano, perché fanno parte di quel genere di cose che dovrei avere, secondo me. Cioè, uno mi incontra per strada, mi guarda e pensa: "Questa sicuro ha un paio di guantini fingerless in pelle nera". E invece no, signori! Vogliamo rimediare o cosa? Allora, non ho fatto approfondite ricerche nei negozi della zona a riguardo, anche perché considerata la temperatura media probabilmente più che muffole e ritrovati artici dubito si stia esponendo altro, ma presto sarà la primavera e allora su, datevi da fare, trovate quello che fa per me sotto i montoni di montone, seguendo ovviamente le rigide istruzioni che vi fornisco in seguito ad una serie di pinnate folli sull'argomento.
                                      

               
Pinterest a secchiate, tutto a caso ma insomma mi piacciono così.








E adesso, visto che sono magnanima, vi dico anche che se siete indigenti, mentalmente pigri o altre brutte malattie a caso, un libro è sempre una buona idea, ma anche una tessera da Sephora non mi verrebbe male.

Buono shopping a tutti!

martedì 18 novembre 2014

REDIVIVA

Amici, mi sembra incredibile che il mondo sia ancora qui al suo posto e che tutto esista ancora.

Pensavo di trovare resti affumicati da catastrofe nucleare, e invece.

Invece il mondo è andato avanti in questi ultimi giorni, incurante delle mie centordici ore spese dietro a quella vetrina oscurata che voleva aprire, incurante delle mie ansie notturne, dei miei pasti saltati, dei tic all'occhio e dei piccoli drammi dei 60 metri quadri di via Montenapoleone 21.

Siamo aperti.

Mentre Milano veniva sommersa dai fiumi del fango del Seveso, D********l è uscito dal baco e sì, ci siamo. Ci siamo.

Anch'io ci sono. Più o meno. Ci sono quasi tutta. Come la sopravvissuta ad un tornado di pelli di pitone, stupita realizzo che ci sono ancora, tutta intera, con due braccia, due gambe, gli occhi, i capelli. Ci sono. Ce l'ho fatta. Ce la sto facendo.

Stamattina sono andata a correre. Ho assaporato la gioia di pulire il mio bagno, fare la mia lavatrice, stirare panni abbandonati inermi da giorni e giorni di pura assenza. Strapazzare il gatto. Scrivere sul blog.

Sono stanca di quella stanchezza che non si recupera, ma sono felice. Roba da pazzi, sono felice.

mercoledì 5 novembre 2014

LADY GAGA, UN POST BALBUZIENTE

Ieri, non so bene come, non so bene perché, mi sono trovata al concerto della fucking Lady Gaga. Lo so che c'è gente che si strappa i capelli e si ammazza per avere il biglietto un anno prima, ma io giuro, ero lì totalmente sprovveduta, oltretutto di fianco ad un perfetto sconosciuto che mi era stato presentato per telefono da un amico quattro giorni prima. 

Intanto me lo potevate dire che era permesso andare vestiti da unicorno, che ne sapevo io, ma vabbè, il succo dell'odierno post è che mi è piaciuto un botto e vorrei perciò lasciarvi qui delle considerazioni sparse, così, a ventaglio.

Premessa. Ho tutta la mia voce. In tutto il concerto avrò cantato quattro secondo netti, per la precisione dicendo:
papapapokerface papapokerface
alealejandro alealeajandro
roma roma ma-ah Gaga ullallalà
papa paparazzi

Stop.

La mia impreparazione però non inficia assolutamente il fatto che:

- Lady Gaga ha una voce bellissima. No, non quando canta, cioè anche. Ma quando parla. E' così dolce! Sono letteralmente innamorata.

- Lady Gaga è la cessa più figa che io abbia mai visto e si veste come Barbie Pornostar, ovvero il sunto dei miei sogni in età infantile e quelli in età adolescenziale. Ergo, voglio essere Lady Gaga. E comunque credo che un vestito come il suo spetterebbe almeno una volta nella vita a tutte noi, con la clausola delle luci stroboscopiche però, se no che ce ne facciamo di tutti quei diamanti.

You are bellissima 
- Per il paio d'ore del concerto ho avuto un delirio di onnipotenza in cui pensavo: se Lady Gaga con quel culo si mette il perizoma di pelle, amiche, il mondo è nostro, possiamo fare quello che vogliamo. Poi per fortuna sono mestamente risalita con le cinquecentordicimila persone sulla metro ad Assago e ho capito che no, non lo possiamo fare. Perché? Perché lei è Lady Gaga signori e io, beh io sono La Gianni.

- Questa è una cosa che mi chiedo sempre ai concerti: perché le peggio fregnacce ai concerti sono così commoventi? Perché se quello che sta sul palco dice "I love to love" oppure "I don't forget who I am, an Italian American girl" io mi struggo e mi spello le mani? Dai, quando si è portata sul palco il ragazzo gay che ha superato le sue crisi esistenziali ascoltandola, io mi sono commossa, e con commossa intendo due, ben due lacrime in uscita dall'occhio destro. E non ero nemmeno coinvolta, e quel Jacob lì aveva proprio la faccia da pirla eppure!

- Ho scoperto che non dice "drin drin drin drin my telephon" ma "ehehehehehe stop telephoning me" ed è stata una vera epifania.

E per il resto... niente. Niente tranne emorragie di colori, un circo di costumi, una vagonata di paillettes, le parrucche del mondo che vorrei, uno show incredibile, e io, che da stamattina sono appiccicata  a YouTube a dirlo a tutti, che me and you can write a bad romance (uooo-oh-oh-oh-oh).

I love you, my Lady.


venerdì 31 ottobre 2014

C'HO L'ANSIA

Quanta amarezza, è Halloween e non mi vesto. Se ripenso all'Halloween dell'anno scorso, divento triste. Vabbè, è perché oggi c'ho l'ansia.

Ci sono le giornate così, le giornate da c'ho l'ansia. Tipo switch della personalità, il giorno prima sei tutta zompettante e tronfia e il giorno dopo ti svegli alla mattina che non respiri bene e hai questa sensazione di non farcela, di non sapere fare troppe cose, e che forse hanno riposto fiducia nella persona sbagliata perché io non sono abbastanza esperta-abbastanza in gamba-abbastanza sveglia e altri abbastanza abbastanza abbastanza per fare quello che mi viene richiesto.

Il fatto è che ho cambiato lavoro, lo sapete tutti. Ho cambiato perché sì, era l'occasione giusta nel momento giusto in cui stavo cominciando a smaniare nelle vesti strette del vecchio lavoro e allora anche se me la facevo dentro e non ero sicura di farcela e mi prendevo la mia dose di rischio ho detto SI'. Sì, mille volte sì, e lo direi altre mille volte. Sì perché mica si può rimanere indietro per paura, questo mai. Piuttosto strafarsi di valium per tenere ferme le vene, logico.

Ho detto sì, e tutti mi avete detto BRAVA. Avete detto che era la scelta giusta e che io potevo farcela. Amici io vi credo, se lo dite voi.

Per tutta la vita ho avuto intorno gente che mi diceva BRAVA. Ero brava a scuola, poi brava all'università, ho avuto chi credeva in me anche in un laboratorio in cui mi sentivo scomoda come dentro a un pigiama di lana che pizzica -ma io ancora non ti credo, professor Landini, doveva esserci sotto qualcosa a quella borsa di studio-. Insomma, tutto bello e incoraggiante ma sai cosa ti monta dentro quando va così? L'ANSIA. Perché se tutti pensano che sei brava e poi non lo sei, è un casino. Paura apocalittica di infrangere aspettative come patelle sul lungomare di Jesolo.

Una volta una psicologa del lavoro mi ha detto che il mio tallone d'Achille è l'incapacità di vivere serenamente l'insuccesso. Ora, io ancora oggi mi chiedo chi mai in questo triste mondo possa vivere bene un insuccesso, ma tant'è, forse io esagero quel tantino. Qualche sera fa mi sono trovata in pigiama alle tre di notte a pedalare come una pazza perché nel bel mezzo della fase REM mi era venuto l'atroce dubbio di non aver chiuso bene una finestra. Per dire.
Comunque sì, è vero, ho una paura folle di sbagliare. Ho paura di deludere. Ho paura che la gente pensi "alla fine, non era brava come pensavamo". Ho incredibilmente paura di non essere abbastanza.

Ora, grazie a chi mi dirà che non è vero, che sono tanto tanto brava e che vedrai che ce la farò. Grazie. Domani probabilmente tornerò a crederci anch'io. Ma oggi, oggi mi faccio di valeriana.

sabato 25 ottobre 2014

FIGLI DELLE STELLE E ALTRI ANIMALI

Sono a casa tutta sola senza Pelliccia a meditare un assassino shopping pomeridiano, e mi chiedo come sia possibile che nella mia libreria di iTunes campeggino ancora canzoni come Vai con lui di Masini.

Parliamo di musica.

Vi ricordate i tempi del liceo, quando se conoscevi qualcuno non stavi a chiedere come ti chiami-quanti anni hai-cosa vuoi fare nella vita ma solo che musica ascolti? Orcoboia, one shot, una sola possibilità di far bella figura, o sei fregato.
A me ha sempre messo ansia questa cosa del che musica ascolti. E' un po' come mi succede adesso quando si parla di politica con gli amici del Pelliccia. Tipo io che non capisco un cazzo ma faccio finta di sì e annuisco con aria intelligente mentre sotto sotto sudo e mi spremo le meningi nel tentativo di ricordare qualche nome sentito nella pubblicità di Piazza Pulita e considerazioni ascoltate durante l'ultimo pranzo in famiglia da spacciare per mie. Uguale.

Al liceo avevo una personalità scissa. Cioè, mi piaceva andare al Celebrità il sabato sera, ma a scuola avevano tutti i rasta, perciò ascoltavo i Punkreas. Ad un certo punto però, superato diciamo il terzo anno, anche i Punkreas erano troppo da sfigati dai. La gente intorno a me cominciava ad ascoltare roba sconosciuta di cui non ricordo neanche un nome. L'ansia. Io di nascosto  andavo a San Siro a vedere i concerti di Ligabue. Ma non lo dicevo a nessuno. Anche perché se cedevi e ti sbottonavi l'effetto domino poteva essere devastante: le tue amiche compagne di classe ti sputtanavano oltre i muri del liceo e all'improvviso ti trovavi a doverti giustificare con quelli fighi dello scientifico. Aggrappata agli specchi, la spacciavi come una debolezza che in realtà era una peculiarità della tua personalità complessa, la quale trovava sfogo in musica di scarso spessore dalla profondità intellettuale in cui nuotavi agilmente, un po' tipo il luminare universitario che si sposa con la soubrette perché ha bisogno di respirare leggerezza. 

Vi ho convinti, no? 
Li convincevo tutti, e infatti poi ne volevano sapere di più, interessati da questa mia poliedrica ed ispirata visione musicale. Ahah. Nuotavo nella merda ragazzi. Sparavo nomi di gruppi alla cieca, cercavo di ricordare quello che si erano dette le mie amiche a pranzo sui riff di chitarra e altri demoni. Il più delle volte facevo figura di merda. Ma se facevo centro era peggio, perché la conversazione continuava. Che palle. 

Io non l'ho mai capito questo bisogno di categorizzare le persone in base alla musica che ascoltano. Cioè, non sono mai stata un tipo molto "musicale", se si può dire. Penso che lo scopo principale della musica sia quello di riempire gli spazi vuoti lasciati da altri: tipo io stamattina, che mi sveglio da sola e devo fare le pulizie di una settimana perché la casa sembra i bagni dell'Autogrill di Fiorenzuola a mezzogiorno del quindici di Agosto, e pertanto mi sento afflitta svogliata e sola, taaaaac, metto su un po' di musica di sottofondo.
Altri utilizzi utili della musica: fartela passare in autostrada (e qui avrebbero potuto esistere gli 883 e poi nessun'altro e sarebbe stato di gran lunga sufficiente), fartela passare mentre corri, ballare, fornire basi musicali per creare cori da curva alle partite di basket... Altro? Ah sì, generare rimpianti. Tipo l'altro giorno che mi viene in mente Magica Europa dei Kronos (sì, e voi muti, va bene?) ed è subito un "nooooooo ma ti ricordi che correva l'anno 2003 e andavamo a ballare tutti i weekend e c'era questa e bevevamo il gin lemon anche se faceva cagare e scroccavamo sempre le sigarette in coppia e te le davano pure, perché all'epoca il pacchetto costava tipo tre euro e cinquanta e... nooooo che bei ricordi". 

Vabbè insomma, oggi ho deciso che proprio non ho più orgoglio e faccio coming out con le canzoni che ci sono nel mio iPod e che a volte costringo il Pelliccia ad ascoltare in macchina. Senza vergogna, tanto ormai vi dico tutto.

Allora, Masini l'ho detto. Non si capisce bene il perché ma alla fine l'immagine di una lei che si asciuga gli occhi alla sottana mi fa sempre tanto ridere e allora per me è un sì.

Poi, le Spice Girls. E dire che nel '94 non le ascoltavo però adesso mi piacciono, e soprattutto esprimono concetti aderenti ai miei tipo if you wanna be my lover you gotta get with my friends. Che dire. Girl power.

C'è Oh Diana di Celentano e Paul Anka, perché mi piace che Diana arrivi alla fine della canzone e me la immagino tutta strappona e bionda che saluta un Adriano e un Paul vecchi con il suo "Ehi, ciao ragazzi". Diana una di noi.

Ho dei classici senza tempo tipo Tanz bambolina e Tell me why perché che vita sarebbe stata la mia senza i tamarri.

Ho Neunundneunzig Luftballons perché mi allena il tedesco che non mi ricordo più.

Qualche perla d'annata tipo Figli delle stelle, Amore disperato, Vattene amore, Maledetta primavera. Insomma, tutte quelle canzoni che tutti conoscete ma vi vergognate a tenere nella playlist, ecco io celo.

Ho i Pooh, i Pooh ragazzi!

Ammetto di avere anche ben due canzoni di Zarrillo perché dai son troppo fighe da cantare e poi mi sento molto vicina alla tizia con la rosa blu sul seno perché vittima del pregiudizio, un tatuaggio non fa di me una cattiva ragazza, girl power reloaded.

Ligabue a nastro, vabbè, perché ancora non ho smesso, anche se abbiamo un po' litigato nell'ultimo periodo e non ci amiamo più così tanto ma è una lunga storia e non è facile troncare così, quindi ok Liga, rimaniamo amici.

Ho un po' di quella roba che ti salva sempre il culo, tipo De Andrè, Guccini, De Gregori e compagnia, così posso far finta che Magica Europa e le Spice siano solo una ragazzata (risate preregistrate in sottofondo).

Gente, io ve lo giuro che nel mio iPod ho una (l'unica?) canzone dei Sonhora, e non mi vergogno a dirlo, e anche (e con questa la chiudiamo qua) la colonna sonora di Mulan, amici. Siate forti.

Ovviamente non è tutto, c'è molto di più e probabilmente anche di peggio ma insomma, tanto per iniziare. Solitamente non chiedo mai reazioni ai post perché uno, chissene, e due, lo so anch'io che sto parlando da sola o quasi, ma stavolta, dai, ditemelo: quanti di voi hanno le Spice nell'iPod? Quali sono i segreti più imbarazzanti che nascondete nelle cuffiette? Non lasciatemi sola.




martedì 21 ottobre 2014

COMMESSE, UNITEVI: IL GRIDO DI BATTAGLIA DELLA GIANNI

Oggi mi sento battagliera. Oggi è una di quelle giornate che, in potenza, mi verrebbe da bandire scioperi della fame nazionali, marciare alla testa di cortei, aizzare le folle con invettive appassionate e poi assaltare il Fosso di Helm e banchettare con gli Uruk-hai. 

Ci sono dei giorni che va così. Anzi, per la verità no, i giorni sono tutti uguali, è che ogni tanto salta fuori una qualche questione, un certo tal discorso, una frase qualunque buttata lì per caso, che ti fa montare dentro l'ira funesta. Tipo a me succede quando dicono che a Milano c'abbiamo solo la nebbia. Quando sento la pubblicità della LAV alla radio. Quando lo sveglione di turno mi fa notare che guarda! Hai un brufolo enorme! - ma dai, brutta testa di palta, se ci ho spalmato sopra otto chili di fondotinta e una mano di vernice è perché forse non mi faceva piacere che la gente notasse il mio brufolo enorme perciò ti ringrazio di averci acceso i riflettori sopra, grazie, grazie mille.

Insomma, facendola breve e tagliando corto con gli sproloqui, è successo che pochi giorni fa, una delle blogger che seguo con l'affetto che riserverei a cugine di primo grado e al barista che mi fa il cuore di cacao sul cappuccio, ha pubblicato un post. La blogger in questione è Valentina di Inspire with Grace, e ve ne avevo già parlato qui. Il post invece è questo e se vi va, leggetelo, è carino, è scritto bene e, se vi piace la moda, potreste trovarlo molto ma molto interessante.  Se non vi va di leggerlo, ve lo riassumo io in due parole, così posso andare avanti col discorso: il post gira tutto intorno all'equazione secondo cui to be a fashion blogger is the new fare la commessa. Ovvero, cestello raccoglimmondizia per tutti quelli che: non hanno voglia di studiare, non sanno fare nient'altro, vogliono un lavoro facile, *altri luoghi comuni a caso*. Insomma, zero competenze, zero preparazione, poco sbattimento e soldi facili. Con queste prerogative, una volta si andava a fare la commessa (o la parrucchiera, amiche, tiro in mezzo anche voi), adesso si fa la fashion blogger. Certo

Allora, Valentina fa la commessa. Come me e come tanti di voi, agenti, commerciali, rappresentanti, sailcazzo. Siamo tutti commessi, perciò fatevene una ragione. Punto primo.
Punto secondo: ci sono due modi per fare le cose, tutte le cose. Uno è alla cazzo. L'altro è per bene. Io faccio la commessa e lo faccio per bene. Ho deciso di farlo, dopo aver preso una laurea scientifica, per una serie di motivi che non voglio star qui ad elencare, ma che sicuramente comprendeva il fatto che a me questa professione piace. Ho detto professione, sì. Io sono una professionista, ho lavorato e lavoro con professionisti. Ho studiato, ho fatto la gavetta, mi sono fatta il culo quadro tra formazioni, workshop, trasferte, budget da raggiungere, obiettivi personali, obiettivi cumulativi, training e, non da ultima, quotidiana esperienza sul campo, a contatto con delle persone. Di età diverse, razze diverse, culture diverse, lingue diverse, con una concezione propria di desiderio, qualità, design, servizio, lusso.
Per questo, per tutto questo, mi girano i coglioni quando le persone che incontri ti chiedono "Che lavoro fai?" e alla tua risposta "La commessa" la loro reazione più coinvolta è "Ah", e conseguente repentino calo di interesse, perché se fai la commessa non sei nemmeno degno del tanto di buona creanza che spinge quantomeno a fingere di mostrare interesse per il proprio interlocutore. Mi girano i coglioni a palla quando se fai la commessa in una boutique di lusso, di certo non ti ammazzi di fatica. Oppure quando, con tanto di occhioni sgranati ti chiedono "oh, ma davvero lavori anche nel weekend/a Pasqua/a Capodanno/il giorno del battesimo di tuo figlio?". Dai.

Allora io, qui ed ora, con lo stendardo delle Commesse Unite che sventola dal balcone, voglio spiegarvi veramente cosa vuol dire fare la commessa:
vuol dire essere istruite, perché devi saper parlare con la gente, e non importa se loro sono avvocati e non sanno usare il congiuntivo, tu devi, e con eleganza devi anche fare finta di non notare il loro sefarei;
vuol dire essere formate, su diversi livelli, dai materiali, alle tecniche di lavorazione, alle caratteristiche meccaniche di certi prodotti, al know-how, alle influenze artistiche-storiche-geografiche delle collezioni, alla storia della moda;
vuol dire essere informate, sui competitors, sugli influencers, ma anche sulla situazione politica della Papuasia, ad esempio, perché una commessa lo sa che un aereo che cade in Malesia o una guerra in Medio Oriente possono avere ripercussioni devastanti sul proprio cassetto, pertanto essere una commessa
vuol dire essere in grado di pianificare, elaborare strategie di vendita, essere capaci di gestire in maniera intelligente nel tempo le proprie risorse, perché vendere può anche essere facile ma continuare a vendere, soprattutto in certe condizioni, può essere molto ma molto difficile;
vuol dire essere eclettiche, perché devi essere in grado di rapportarti (e vendere) alla principessa settenne della Birmania così come alla nonnina che dà fondo alla pensione per la laurea della nipote;
vuol dire essere multiculturali, la commessa sa quando cade la festa di Metà Autunno in Cina, quando finisce il Ramadan, sa che agli asiatici il biglietto da visita si offre con due mani e che i mediorientali trovano offensivo quando ci si congratula con loro per l'acquisto, che in Cina il bianco è il colore del lutto, un cappello verde è sinonimo di tradimento e che il nome proprio non va mai scritto con la penna rossa;
vuol dire essere competitive, perché gli obiettivi da raggiungere sono giornalieri, mensili e annuali, e vengono calcolati sul budget del negozio, sul proprio budget personale e su obiettivi qualitativi mirati;
vuol dire essere collaborative, perché gli obiettivi si raggiungono in gruppo, ma non passive perché si nuota in un mare di squali e bisogna stare a galla senza braccioli;
vuol dire saper gestire le emergenze, e per emergenze non si intende solo la cassa che smette di funzionare alle quattro del sabato pomeriggio o l'ascensore in blocco, ma anche tubi dell'acqua che esplodono tipo Niagara Falls, tentativi di furto, psicopatici in cerca di un momento di gloria, starlette incazzate, popstar di fama mondiale in abito di lattice che mandano in tilt l'intero centro città;
vuol dire parlare almeno due lingue ma tre è meglio;
vuol dire conoscere a memoria prezzi, misure, giacenze e arrivi perché il beneficio del dubbio è concesso a tutti, tranne alla commessa, perché di una commessa impreparata non si fida nessuno;
vuol dire sviluppare senso estetico, perché le persone si affidino a te come a una consigliera di moda;
vuol dire essere sempre impeccabili, dentro e fuori dalla boutique, perché rappresenti il marchio e può capitarti di incontrare una cliente al mercato di San Marco il lunedì, e se sei in tuta e scaramigliata non va bene né sei giustificabile;
vuol dire essere in grado di rinunciare ai weekend con gli amici, alle vigilie di Natale a preparare lasagne, ai ponti al mare, all'epifania, il carnevale, il 25 aprile, il primo maggio, il due di giugno, pasqua, pasquina e pasquetta a casa con la propria famiglia;
soprattutto, soprattutto, vuol dire essere sorridenti. Sempre. Sempre. Anche quando ti sei lasciata col fidanzato, anche quando il cliente è maleducato, anche quando, e alcune mie colleghe lo sanno purtroppo fin troppo bene, ti diagnosticano una brutta malattia e cominci a perdere i capelli e vieni in negozio con la parrucca. E non esiste cosa più difficile di questa, di essere sempresempresempre sorridenti.

La cosa buffa è che tutto quello che vi sto dicendo è di una banalità disarmante, perché è sotto gli occhi di tutti voi, tutti i santi giorni, al supermercato, al bar, al telefono, in lavanderia, in palestra. Siete continuamente a contatto con venditori, per la maggior parte svogliati, impreparati o semplicemente maleducati, tanto che la volta che incappate in un venditore bravo, che sa fare il suo mestiere, siete i primi ad essere felici come pasque e a sentirvi appagati.

Ora, al di là di tutta sta pappardella, sono perfettamente cosciente del fatto che di certo fare la commessa non è il lavoro più difficile del mondo. Tutti possono fare la commessa. Ma tutti possono fare il biologo, ad esempio. E lo posso dire, perché l'ho fatto. Scommetto che io, come tutte le persone mediamente intelligenti, avrei potuto fare senza grossi problemi anche la veterinaria, la fisioterapista, la contabile, la geometra, l'oculista o l'insegnante. Il punto sarebbe stato farlo bene. Ho scelto di fare la commessa. E ho scelto di farla bene.

giovedì 16 ottobre 2014

TUTTE LE MINI GIANNI CHE CI SONO IN ME

Tipo, c'è la mini Gianni Scrittrice, per esempio: quella che sogna di scrivere un libro da quando era in quinta elementare ma non le è mai venuta un'idea e allora, stanca di attendere un'ispirazione che non arriva, ha deciso di rimoderare i suoi sogni e vorrebbe, chessò, aprire una libreria, anche on-line. O fare la bibliotecaria.

Poi c'è la mini Gianni Donna in Carriera, quella dell'yes we can, che ancora ci crede che ha tutte le carte in tavola e che, lavorando sodo, piolo dopo piolo questa scalata ce la si fa, e si vede già in cima a sbandierare la bandierina del successo.

Tra queste due c'è poi la mini Gianni Mantenuta. Lei sta tutto il giorno davanti a Friendzone e Abito da sposa cercasi, non ha voglia neanche di abbassarsi quando le pizzica un piede e la vedi sempre in giro col pigiama di sei giorni e il vaso di Nutella in mano.

Mini Gianni Microbiologa ogni tanto cerca di metter fuori la testa e dire la sua, ma non ce la fa, purtroppo. Ha avuto un brutto shock qualche anno fa, quando le altre mini Gianni l'hanno dimenticata all'autogrill e da allora non si è mai più ripresa. Credo abbia i giorni contati oramai.

C'è la mini Gianni Ricca col portafoglio a ventaglio che sta tutto il giorno a litigare con la mini Gianni Povera, quella che tiene i conti e paga l'affitto.

C'è la mini Gianni Ecologista, ma esce poco di casa: quando si fa vedere chiude l'acqua mentre si lava i denti e si ricorda che le lattine vanno con la plastica e non con il vetro.

C'è la mini Gianni Snob che struccata non ci esce e lo smalto sbeccato è da poveri, però poi c'è anche la mini Gianni Trazzona, quella coi calzini bucati e le babbucce pelose.

Mini Gianni Polvere Di Stelle si veste solo di rosa, le piacciono i tutù e le formine dei biscotti a forma di cuore. E' amica di mini Gianno, un transessuale in cravatta e Clark's che ha una predilizione per i film splatter e che oltretutto è misogino.

Mini Gianni Intellettuale ha ultimamente prestato la sua collezione di Murakami a mini Gianni Vanity Fair, ma lei poverina non ha tempo di leggere, sta cercando di imparare a memoria tutte le domande del Trivial Pursuit per evitare l'ennesima figura barbina al prossimo pranzo di Natale. Non ce la farà mai comunque, è proprio tonta.

Mini Gianni Runner cerca di rassodare le chiappe di mini Gianni Culo Pesante, ma temo sia una battaglia persa in partenza.

Mini Gianni Cuor di Leone cerca di convincere mini Gianni Pecora che nessuno la mangerà se dovesse capitarle di chiedere informazioni agli uffici comunali o nel caso si perdesse in zona Lorenteggio e non sapesse più come tornare a casa.

In mezzo a tutto ciò c'è La Grossa Gianni -che sarei io- e che dovrebbe essere tipo il capo e tenere a bada le litigiose mini Gianni che albergano in lei, ma è difficile. Grossa Gianni non sa mai a chi dar ragione e a chi torto, non sa di chi si può fidare e chi dice la verità. E quindi rimane lì con l'espressione un po' gonza a barcamenarsi, tirata per le maniche da una mini Gianni o l'altra e, così, ogni tanto è stanca. Per dirla tutta, ogni tanto non si sente per niente in buona compagnia.

giovedì 9 ottobre 2014

MI SENTO IN DIRITTO DI ESSERE PRETENZIOSA PERCHE' DOMANI E' IL MIO COMPLEANNO

Beh, scusate tanto se domani è il mio compleanno e per l'ultima volta compirò gli anni col due davanti. Ve lo dico mentre mi mangio il muffin più brutto del mondo che mi sono autocucinata da sola, sfidando le più elementari leggi della fisica, nel tentativo di sollevarmi lo spirito dal pesante fardello dei trenta-meno-uno:


Sì, è cotto. No, non è un flashmob, ma potrebbe, e no, non mi son ispirata agli orologi sciolti di Dalì. E' solo che le mie inabilità raggiungono vette meravigliose, delle volte. E' qui che si nasconde il vero genio ragazzi.

Comunque, questo è un post ruffiano con lo scopo di: uno, risvegliare le vostre torpide menti che poi domani non voglio sentire scuse sul fatto che vi siete dimenticati di farmi gli auguri. E due: è il mio compleanno ragazzi, facciamo una wish list!

Mettiamola così, negli ultimi paio d'anni ho abbandonato il romanticismo fanciullesco che mi faceva desiderare la sorpresa e mi sono data alla compilazione di ben più pratiche wishlists che hanno tolto da gravi imbarazzi parenti e fidanzato (per non parlare della sottoscritta, ben felice di mettere le sue zampacce su prede altrimenti destinate a rimanere ad ammuffire nelle vetrine tristi).

Naturalmente non ho di certo mollato il colpo quest'anno, perciò è con trepidazione che aspetto la cena di domani sera quando scarterò il mio nuovo feticcio, aka la macchina da cucire (leggo del panico nei vostri occhi o sbaglio?), mentre alcuni di voi hanno già avuto il piacere di ammirare le mie nuove scarpette da corsa sull'Istagram (grazie Pelliccio! <3).

Diciamo con con la ciccia sono a posto. Tuttavia, se ci fosse qualcuno tra voi con il desiderio di rendere grazie alla Gianni per la compagnia ed onorarla nel suo quasi-trentesimo compleanno (sto giocando d'anticipo, l'anno prossimo farà meno paura così) e non sapesse proprio quali tra i tanti pesci che ci sono al mondo pigliare, ecco qualche velato suggerimento che potrebbe aiutare voi e fare irrimediabilmente contenta lei.

1/ NON SI SCHERZA UN CAZZO, LA GIACCA ANTIVENTO.
Perché i veri duri non mollano mai, e adesso che ho perfino le scarpette magiche del Pelliccia, correre d'inverno non mi fa paura. Come tutte le migliori vittime dello shopping compulsivo sconsiderato, a metà luglio avevo già guantini, paraorecchi e maglietta termica in previsione della lunga stagione invernale, ma mi manca l'antivento. Eventualmente, in un colore inaffrontabile, perché se c'è una cosa bella dell'andare a correre è che puoi vestirti come un evidenziatore Stabilo senza farti ridere dietro dai polli.

Adidas-Nike-Asics

2/ CAN'T STOP THE MUSIC, GLI AURICOLARI DA RUNNER VERA, PERCHE' NON MI E' PRESA LA SCIMMIA, MA NEANCHE UN PO'.
Quelli che NON scivolano dalle orecchie, che io li ho comprati da Decathlon a ben 14, 99 € e non valgono un calzino fritto, me li perdo sempre. Ma quelli seri costano quanto un cucciolo di foca perciò regalatemeli please.

3/ UN CESTELLO DI COVER IN PAOLO SARPI.
Come al solito al passo coi tempi, mentre la gente si accoltellava in fila per l'Iphone 6, io ho comprato il 5 (usato, per il massimo della poracceria). Gaudio gioia e felicità immensa nel ritrovare un telefono che non sembra andare a manovella e che non mi costi il 30% di batteria per aprire le Mappe, ma il prezzo da pagare è stato l'addio alla mia collezione di cover imbarazzevoli:



Fate un'opera caritatevole e pensateci voi, prima che me ne occupi io e poi ci ritroviamo inondati di brillantini.

Infine ricordate che, se proprio siete a zero, un libro è sempre una buona idea, una trousse di Pupa o un gioiello della Breil sono sempre delle idee di merda!

Buon compleanno Gianni!

Volete un muffin?


sabato 4 ottobre 2014

AMIGURUMI ovvero L'ENNESIMO FALLIMENTO DELLA GIANNI HA UN NOME GIAPPONESE

Ho rallentato il ritmo sincopato delle uscite dei miei post e no, la ragione non è che ho ricominciato a lavorare seriamente, mi sto ancora trastullando in attesa che arrivi la metà di ottobre e la mia vita riprenda il rincuorante tran tran della vita impiegatizia.

La verità è che quando non mi sentite per qualche giorno significa -tremate tremate- che sto architettando una qualche minghiata.

C'era una volta una blogger bravissima* che coniò un termine fantastico per descrivere le sue produzioni, che volevano essere DIY di livello e invece le uscivano sempre un po' sgangherate: erano tutti FAIL-DA-TE, i cugini sfortunati dei tanti talentuosi fai-da-te che impazzano nella blogosfera. 

Io che non ho mai usato le manine per una beata fava tranne che mettermi lo smalto e subito dopo mangiarmi  le pellicine, da un anno quasi mi improvviso creativa: dapprima furono i boshi (dai che ve li ricordate tutti), di cui riempii inermi amici e parenti, poi il raptus distruttivo su un paio di jeans innocenti, per approdare, con il vento della tracotanza in poppa, nella vasta landa delle macchine da cucire (terra per lo più inesplorata).

L'estate mi ha vista impegnata in attività ginniche (ebbene) e tutti quanti credo abbiano tirato un nascosto sospiro di sollievo nell'illusione che la mattana del fai-da-te mi fosse passata.

E INVECE NO!

Tornato l'autunno, mi sono chiesta: con quale attività potrei impiegare le pause tra una tisana e un pisolino sul divano la sera?

Logicamente, il mio nuovo hobby avrebbe dovuto rispondere ai medesimi criteri dei suoi predecessori di cui sopra, e vale a dire:

- stimolare la naturale associazione mentale con circoli di pensionate che organizzano mercatini di       beneficenza;
- produrre una quantità di scarti sufficiente a deturpare mezza casa;
- essere di totale inutilità;
- avere un nome carino.

E fu così che saltarono fuori gli Amigurumi.

Cito da Wikipedia: "Gli amigurumi non hanno un uso pratico; sono creati e collezionati per ragioni estetiche. Caratteristica estetica degli amigurumi è essere kawaii".
Behhh! Posso forse resistere alla tentazione di qualcosa che è kawaii? Ovvio che no.

Con tutta la mia supponenza mi sono diretta a grandi falcate verso la mia merceria di fiducia, ho varcato la porta, forte dei miei progetti di gloria e ho tuonato: "Devo fare gli amirugù. Gli arigumù. Gli ambaribù. Gli stramaledetti animali all'uncinetto perdio!"

Sono tornata a casa armata di uncinetto 3, un'intero RAL 840 di spolette di cotone, tutta la bambagia delle terre di Tara e un libricino di istruzioni per fare dolcetti orribili. A morte i dolcetti, io volevo fare uccellini, gattini, cagnolini, lumachine, topolini e il resto dell'arca.

Ho iniziato con tanto entusiasmo. Madonna che fatica. Andate in palestra voi? Puah. Io per imparare a fare il cerchio magico avrò perso 4 etti. Ma alla fine si sa, la parte più difficile è sempre l'inizio. Poi vado come un treno. Ragazzi, sono lanciatissima. Sforno una coppia di gufi. Meh. Sono un po' strani. Cioè, un po' stortini. Ste perline per gli occhi me li fanno un po' indemoniati. Non sono soddisfatta e allora, seguendo una cristallina logica, penso che il gufo è uno stronzo. Non devo sprecare tempo con questi schemi da principianti, provo qualcosa di più alla mia portata, provo il gattino.

Trovo lo schema su www.creativitàorganizzata.it, è di tale Stipenhaak, una tizia olandese, ed è così:


Carini no? Non sembrano complicati, sono delle palle con le orecchie-una coda-cose. Ce la faccio di sicuro.

Due giorni e parecchi capelli persi più tardi...


Che dire. Sembra un incrocio tra un barbapapà e un birillo coi baffi. Ha le orecchie completamente spanate, diavolo. E in generale ha un'aria così triste, così triste, che non so se mettermi a ridere o lasciarmi spezzare il cuore.

Va beh, ci ritento. Questa volta sarò attenta, maniacale. Conterò tutti i punti. Chiuderò i nodini con erculea potenza. Andrà bene, lo so. Sarà un coniglietto bellissimo, esattamente uguale a quello di Stephanie, Makezine.com:


Non sono adorabili? E alla fine, beh, sono quattro palline. Secondo me ce la faccio.


Credo che la Bestia qui di sopra sia appena scappata dal set de L'Esorcista.

E allora che facciamo, ci arrendiamo? Giammai! C'è ancora troppo spazio vuoto nella vecchia piccola fattoria della Gianni.

Un saluto dallo zoo degli orrori! (Tenente alla larga i vostri bambini)

Che paura!!!

*La blogger bravissima di cui vi dicevo si chiama Valentina, e trovate i suoi fail-da-te che tanto fail non sono sul suo blog che si chiama Plastica, dove purtroppo non scrive più molto spesso perché è passata a parlare di cose serie (leggi modamodamoda ma anche arte e lifestyle) sulla sua nuova pagina Inspire with Grace.







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