sabato 24 gennaio 2015

COS'HO DA DIRE SU HARRY POTTER

Non prendevo un'influenza del genere da...da...da...dall'ultimo picnic in montagna a Gennaio, probabilmente. Al netto della mia tendenza alla tragedia, faccio cagare: sono un bozzolo di coperte dalle fantasie più disparate a stento riconoscibile tra i cuscini del divano. Sul tavolino di fianco a me ho il kit completo di sopravvivenza per influenzati moribondi ovvero: termometro, sciroppo, tachipirina, cellulare in carica costante, fazzoletti smoccolati e, non ultimo, Harry Potter.

La figata vera di questi due giorni orizzontali, oltre alle calze antiscivolo e alle tisane col miele, è stata l'overdose di Harry Potter che mi sono sparata. Ho finito stamane il quarto libro, Harry Potter e il Calice di Fuoco e ho frignato finché Il Pelliccia, buon cuore, non ha fatto un salto in libreria a comprarmi Harry Potter e l'Ordine della Fenice. Non c'è voluto molto a convincerlo, per essere sinceri: si sa che ai moribondi non si può rifiutare nulla, potrebbe sempre trattarsi dell'ultimo desiderio.

A questo punto, avendo superato più della metà della saga, posso ben dirlo: J.K. Rowling (ma come ti chiami poi? Devo googlarti...) io sono una tua grande fan. Una Potter boy. Solo, non capisco che diavolo di fine abbia fatto il mio gufo con la lettera di ammissione. Se mi hanno affidata ad un gufo con un senso dell'orientamento simile al mio, mi metto comoda e aspetto di diventar vecchia. Eppure, sono convinta che sarei stata un'ottima allieva a Hogwarts, considerate le mie notevoli abilità magiche: ad esempio, sono molto brava a far sparire calzini, so trasfigurare le marmellate in muffe e parlo il gattese, anche se con qualche incertezza.

Comunque, avendo del grasso buon tempo a disposizione, era logico che mi venisse alla mente qualche considerazione imbecille sul caso, e naturalmente ho pensato che sarebbe stata una giuoia condividerle con tutti voi.

**Premessa** Visto che il tono della conversazione si sta facendo inequivocabilmente serio (risate preregistrate) vorrei mettere in chiaro che quando leggo un romanzo fantasy non me ne frega una beata mazza che manchi di logica o che non sia credibile. Voglio solo che sia bello. Fine della premessa.

Innanzi tutto vorrei direi che Harry comincia a stare benevolmente un po' sui coglioni: gli va bene tutto a sto ragazzo, tutto! A parte il fatto che è amato dalle istituzioni, pertanto ogni boiata che fa è punita al massimo con i classici dieci punti in meno a Grifondoro (però prima lo fanno cagar sotto con l'espulsione da Hogwarts... Harry, sveglia, ma ancora che ci credi?!), ma lui è il classico esempio del famoso uomo giusto al momento giusto, sempre! Scappa di casa dopo aver gonfiato la prozia, solo, di notte, senza danari e senza magie e puff!, arriva l'autobus magico a recuperarlo. Ha bisogno di far fuori Voldemort in vesti di serpente e gli calano una spada in testa. E' nella merda con la seconda prova del Torneo Tremaghi e prontamente un fantasma esce dalle tubature a spifferargli la soluzione al dilemma dell'Uovo Dorato. Harry, scusa ma ti piace vincere facile così. In più, ha tutti i professori sempre pronti ad essere dalla sua parte e giustificarlo, compresi quelli che poi si rivelano cattivi o pazzoidi. L'unico che ci vede un po' lungo è il povero Piton, ma viene messo continuamente a tacere e bacchettato dal buon Albus Silente che, non si sa come, è sempre dietro la porta. 

Inoltre, Harry Potter è chiaramente affetto dalla famosa Sindrome di Marissa Cooper, tradotto, porta sfiga: abbiamo capito tutti che è una calamita potente per le peggio creature si possano immaginare nel mondo mago e, tendenzialmente, chi gli bazzica un po' troppo attorno muore o rimane inguaribilmente menomato. Eppure ogni anno è accolto con irrefrenabili manifestazioni di giuoia a Hogwarts. Fossi la signora Weasley, provvederei a trasferire i miei figlioli in blocco a Beauxbatons.

Non ho nulla da obiettare sugli amici di Harry che mi stanno simpa, ma qualcosa sui suoi nemici lo vorrei dire, per esempio: Lucius Malfoy, amico caro, ci hai rimbambito quattro libri di seguito con le tue paranoie sui Sanguemarcio e Nati Babbani e poi salta fuori che il Signore Oscuro aveva un padre umano? Ma ce la fai, Lucius? E tu Draco... Draco Draco io credo in te: voglio credere che tu sia un cattivo vero, non un semplice bullo, su, hai ancora tre libri per combinare qualcosa.

Ma poi, possibile che tutti quelli che stanno nella casa di Serpeverde siano così merde? Dai qualcuno  per sbaglio si salverà, no? E se no chiudetela sta casa.

Infine, vorrei spendere due parole sul Quidditch, lo sport più imbecille del mondo. Ora, non che io ci capisca troppo di sport, ma questo ha delle regole veramente babbee: non capisco perché l'intera squadra debba farsi il mazzo a segnare quei quattro punti con la Pluffa quando tanto poi lo sappiamo tutti che ci pensa Harry a vincere di centocinquanta punti una volta che afferra il boccino. Sto boccino vale troppo, io non ci sto! Fossi uno dei Cacciatori entrerei in sciopero immediato. Senza contare l'immoralità di giocare con Bolidi di ferro che vengono presi a mazzate con il chiaro intento di spaccare il naso agli avversari. Ovviamente, anche nel gioco del Quidditch, il buon Harry è imperscrutabilmente privilegiato: è chiaro che il boccino è una cosa velocissima e minuscola e pertanto difficilissima da vedere. E a chi affidano il compito di recuperarlo? A un quattrocchi miope come l'Harry, ovviamente! Ma facciamogli guidare anche un aereo, già che ci siamo! E giusto per battere il tasto dello stronzo privilegiato, il buon Harry cavalca una costosissima scopa ultimo modello che gli permette di far mangiar la polvere a tutti, regalatagli -senti senti- dal padrino, che è solo un evaso dalla prigione di massima sicurezza di Azkaban. A quanto pare, nel mondo mago non  usa confiscare i beni dei collusi con associazioni a delinquere.

Ora, mi piacerebbe andare avanti ad libitum con questo giochino divertente ma la verità è che comincio a sentirmi in colpa: sinceramente, Harry Potter ha solo delle PICCOLISSIME lacune e incongruenze nella trama e i personaggi sono un po', beh, un POCHINO stereotipati. Ma come ho provveduto saggiamente a specificare nella premessa io di base me ne infischio. Harry Potter mi sta non solo divertendo, sta anche alimentando la mia folle ingordigia di realtà parallela fantastica. Ergo, torno alle mie letture ragazzi. Se vedete un gufo smarrito, probabilmente è il mio, ditegli di seguire verso nord nord est.

lunedì 19 gennaio 2015

BRUTTI, CICCIONI E IMMAGINARI.

Sono una dall'innamoramento facile.

Generalmente i miei amori sono colpi di fulmine, durano qualche settimana e poi svaniscono. Oh dimenticavo, i protagonisti sono tendenzialmente personaggi immaginari.

Questa settimana, nel giro di pochi giorni, mi sono innamorata due volte, rispettivamente di Sirius Black e poi di un tale chiamato Nick Dunne.

Sì, sto leggendo Harry Potter. No, non l'avevo mai letto. Perché? Perché all'epoca militavo nel #teamsignoredeglianelli, e poi ci avevano fatto due palle così con sto Harry Potter e mi era passata la voglia. Nel corso degli anni avevo provato eroicamente a guardicchiare qualche film, ma certe scelte logistiche (divano, pomeriggio di Natale), avevano precluso il buon risultato. Poi quest'estate io e il Pelliccia vagavamo in quel di Porto Ercole e c'era la libreria sul porto con gli espositori esterni e mi è ritornato in mente. Ma all'epoca avevo Murakami e me lo sono ridimenticato. E poi mi è tornato in mente di nuovo, e allora ho preso il primo. E' stato amore, era scontato. Un libro per bambini che parla di maghi non poteva assolutamente lasciare indifferente me, che rimango convinta fermamente di essere capitata per un puro e mero sbaglio in una realtà di una noia così mortale, e aspiro a mondi nettamente più babbei, in cui si possano risolvere i problemi agitando una bacchetta magica e blaterando parole di derivazione latina a caso. Ma non avevo ancora trovato il personaggio del mio cuore, fino al Prigioniero di Azkaban. Sirius Black è il mio nuovo amore, un po' perché pare essere l'unico personaggio che abbia più di dodici e meno di ottantadue anni; poi perché ha la fisionomia del poète maudit, emaciato e con i capelli lunghi e incolti; e poi perché è l'innocente ingiustamente perseguitato, cosa che non può non far breccia nel mio cuore. Non ho ancora visto il film e resisto alla tentazione di googlare l'attore che l'ha interpretato, sto ancora cercando di smaltire la cocente delusione occorsa con Mikael Blomkvist. Nella mia fantasia, Sirius Black rappresenta il fenotipo dell'uomo brutto che piace, categoria di cui sono grande fan. Perché mai accontentarsi di quella pera lessa di Brad Pitt quando si può avere Adrien Brody e il suo naso, per esempio? Mi son sempre domandata cos'abbiamo di sbagliato noi ragazze: senso di insicurezza incurabile? Sindrome della crocerossina? Com'è che non ci piace mai il capitano della squadra di baseball nei telefilm americani? Nelle nostre fantasie ci sono tizi che non conoscono il rasoio, hanno i nodi nei capelli e possibilmente la faccia e la maglietta di chi si è appena svegliato dal sonno. Nel mio caso ho paura sia una questione di scarsa autostima che mi fa avere sogni mediocri. Per lo stesso principio desidero cappotti di Zara e non quelli di Celine. Sono di quelle che si arrendono. 

E poi c'è Nick, che ho conosciuto ieri. Io e il Pelliccia siamo andati a vedere Gone Girl. Mi piacerebbe fare una piccola digressione sul film ma ho paura di spoilerare troppo, perciò mi limito a lanciare nell'etere domande senza risposta: l'avete capito come fa ad essere incinta lei? Come ha fatto nel giro di venti giorni prima a prendere e poi a perdere dodici chili? Chi le ha tagliato i capelli a carrè? Perché nessuno la ferma per chiederle patente e libretto? All'ospedale non potevano farle una doccia?
Ritornando a me e Il Pelliccia che entriamo in sala, il primo fotogramma è su un Ben Affleck imbolsito con maglietta della salute e pantaloni della tuta. Io, con gli occhi a palla: "Però, Pelliccia, hai visto come si è fatto fisicato il Ben?". Pelliccia: "Amore, non è fisicato, è grasso". 

Eh sì, me pare grasso.

In effetti è grasso, con le tettine cascanti. Ha il faccione. Io però mi sono innamorata, di Ben e del suo adipe. Insicurezza? Bassa autostima? Segreto desiderio di sconfanarsi col proprio uomo l'intera California Bakery? Probabile. Sono cinque anni che convivo con un uomo magro e con la conseguente ansia di diventare la sua armatura, ansia che si traduce in un ingurgitamento compulsivo di dolci seguito da colpevoli corse al parco e indagini critiche allo specchio. Non è facile.

Comunque, voi vi innamorate?

P.S. Pelliccia, spero con questo post di non aver offeso la tua sensibilità. Ricordo ancora la nostra prima litigata, quando ti innamorasti di quel topo misero della Lizbeth Salander. Non ti ho perdonato, ma ora ti capisco.

domenica 11 gennaio 2015

MARIE KONDO E IL MAGICO POTERE DEL RIORDINO


Ieri è successo l'impensabile. Entro da COS alle 10.01 del mattino, visualizzo una felpina nera con i riccioli al 50% di sconto, controllo la taglia, è una S, non sto neanche a provarla, vado spedita verso la cassa e.

Mi blocco. Come tante e tante volte ha cercato di insegnarmi a fare la mia mamma penso la fatidica frase: "Mi serve davvero?". Mi serve davvero. Quando mai è stato un problema. Ovvio che una felpa coi boccoli non serve davvero. Ovvio che il fatto che ne abbia già un'altra sempre di COS ma presa a prezzo pieno, con il frisè invece che coi riccioli, altresì identica, non dovrebbe essere una giustificazione per fermarmi. Anche se tutti dicono faccia cagare. Anzi, apposta la dovrei prendere.
Penso che solo pochi minuti prima io e il Pelliccia stavamo facendo calcoli per la casa nuova, e ci eravamo promessi di essere accorti, Cioè, io l'avevo promesso. Avevo detto: "Figurati, amore, rinuncerò a qualcosa ma ce la facciamo". Ce la facciamo. Hai voglia. Non basta.

Quello che veramente ha il potere di fermarmi è la visualizzazione mentale del mio armadio. Un armadio ordinato. Un armadio in cui i vestiti tengono le distanze di sicurezza uno dall'altro e non si tamponano. Un armadio in cui è facile trovare le cose.

Sono reduce da un lavaggio mentale importante.

Vi ricordate quando vi avevo parlato di decluttering

Che in questo periodo io non stia bene, penso l'abbiate capito. Se dovessi tradurre il mio malessere in una percezione fisica, direi che mi sento compressa. E poi boh, chi di voi ha nozioni di psicologia forse potrebbe dire che ho bisogno di riprendere il controllo. Mettere ordine nella mia vita e blablabla. Non lo so. So che d'un tratto si è palesata chiara e forte la necessità di fare spazio. Questa casa in cui mi sono sempre trovata bene come in un nido, d'un tratto si è fatta piccola e drammaticamente piena. In una casa piccola dove la roba è stipata, tutto è più difficile. Prendere un paio di scarpe è difficile. Trovare un libro un'impresa titanica.

Per distribuire colpe e meriti, tutto è nato da un link che mi postato la mia amica Hella su Facebook. Questo link parla di una tizia giapponese, tale Marie Kondo, che, a quanto pare, ha scoperto la ricetta magica per il riordino definitivo. Ovviamente compro il libro. Si chiama Il magico potere del riordino e promette qualcosa di fantastico, ovvero di insegnarti come riordinare una volta, e che sia per sempre. Perché per me questo è sempre stato il problema di riordinare: una giornataccia di fatica mentale e fisica per incastrare il domino perfetto, e poi l'obbligo morale di dover perseguire la stessa linea maniacale ogni santo giorno perché se no in tempo zero la casa torna l'allegro macello di sempre. Dalle mie parti, si chiamerebbe schiavitù, questa.

Marie Kondo è chiaramente una persona disturbata. Ha cominciato con la fissazione del riordino all'età di cinque anni. Cioè, mentre io giocavo con le barbie, questa metteva a posto. Pazza. Racconta la sua infanzia sociopatica con la serenità dell'accettazione, ripercorrendo le tappe che l'hanno portata ad elaborare il metodo definitivo. A quindici anni tornava da scuola con l'ansia di mettere a posto. Io con quella di vedere Paso Adelante. Vabbè. Fatto sta che adesso fa la "consulente domestica", qualunque cosa questo voglia dire, e tiene corsi strapagati a casalinghe disperate e a manager che vogliono imparare a riordinare i propri uffici. Massimo rispetto.

Il suo metodo prevede un trattamento shock: metto a posto tutto nel più breve tempo possibile (lei ti dà un massimo di sei mesi), l'effetto sarà così sconvolgente che non avrò bisogno di rifarlo mai più per il resto della vita. E non perché d'un tratto mi trasformo in una maniaca dell'ordine e della pulizia, ma perché le cose che trovano il loro posto nella tua casa, e ci stanno felici, ci ritorneranno in maniera naturale. E la tua casa ti può aiutare a tenere ordine, pace e armonia con tutti i suoi coinquilini, partendo da te e finendo con gli elastici per i capelli, la confezione di domopak o le mutande.

Stop. Mi rendo conto che occorre fare un passo indietro. La filosofia di Marie Kondo non si basa propriamente sulla convinzione che le cose abbiano un'anima (non è così pazza) ma più che altro sul fatto che vadano rispettate, come se l'avessero. Cominciando dalla nostra casa, le quattro mura che contengono tutte le nostre cianfrusaglie. Marie Kondo, quando entra in casa, tutte le volte che entra in casa, ci si mette in mezzo e la ringrazia. E' convinta che una casa felice sia più collaborativa. Magari ha ragione. Lo stesso fa con i suoi oggetti: quando si sveste, la sera, ringrazia i suoi vestiti per averle tenuto caldo, prima di riporli, ringrazia le scarpe per il loro duro lavoro e gli orecchini per averla fatta bella. Dice che ci mette cinque minuti. Non le credo nemmeno se mi porta le evidenze fotografiche. 
Comunque. Questo era solo per farvi capire il personaggio e il suo tipo di approccio. Il suo metodo, che ha ribattezzato metodo Konmari, gira sostanzialmente intorno a questo: animismo spiccio, insomma.

I passaggi da seguire per il metodo Konmari sono pochi e semplici. Per prima cosa, prima di iniziare è necessario chiedersi qual è lo stile di vita che idealmente desidereremmo avere nella nostra casa. Con uno sforzo immaginativo, figuratevi il tipo di casa in cui vi vedreste passare il vostro tempo con animo sereno. Se io penso alla casa dove vorrei rientrare la sera, mi viene in mente un incrocio tra una baita di montagna, con tendine ricamate a punto croce, fuoco nel camino e panche in legno, la copertina sul divano e le padelle di rame appese, e una camera d'albergo, col bagno sgombro, le tende pesanti alle finestre e pareti asettiche. Cerco di tradurre il mio inconscio interpretando l'orrore architettonico che ho in mente come il desiderio per una casa con poche cose dentro, ma allo stesso tempo calda e accogliente.

Una volta che decidete di iniziare, fuori i coglioni. E' un riordino totale. E lo so, anch'io l'ho pensato: vivo in quaranta metri quadri, non avrò mica chissà quanta roba. Sì. Ce l'avete. Perciò siate pronti, fisicamente intendo.

Si riordina per categorie e non per stanze. Sembra una cosa stupida e invece funziona perché, un'altra volta, anche se non ce ne rendiamo conto, le nostre cose sono sparse dappertutto e in maniera illogica in giro per casa. Tipo, io ho scarpe in almeno tre posti diversi. Idem i medicinali. O i libri. Raggruppate tutto quello che rientra in una categoria e cominciate da quello, così siete sicuri di non aver lasciato indietro nulla.
La Maria suggerisce di cominciare coi vestiti (che sono i più facili ma anche i più abbondanti, generalmente), continuare con libri, carte, oggetti misti e finire coi ricordi, il cui sacrificio è tendenzialmente più difficile. Vi diffida dal cominciare coi ricordi, dice che non riuscirete mai ad uscirne, perché non siete abbastanza forti, quindi occhio. Se una categoria è troppo grossa, potete dividerla in sottocategorie: io ho diviso i vestiti in pezzi sopra, pezzi sotto, capispalla, intimo&calze, scarpe, borse, costumi. E ho introdotto altre categorie: trucchi, saponi et al., asciugamani, pentolame.
Funziona così: prendi una categoria, tiri fuori tutto, ma tutto, lo sbatti per terra e poi, un oggetto alla volta, scegli se tenerlo o buttarlo secondo questo metodo di discriminazione altamente efficiente: "Mi dà gioia?" Sì-No, tenere-buttare. Non ridete, non è una cazzata.  Funziona alla grande. E' l'unico modo per scegliere cosa veramente ci piace e ci fa piacere avere intorno e a cosa invece siamo disposti a rinunciare. Tutte quelle cose che si sono salvate dai decluttering precedenti perché forse ci rientrerò l'anno prossimo, l'ho messa poco ma è un peccato, la tengo da mettere in casa, altre scuse X, via. Vanno buttate. Non le rimetterete mai e non vi piacciono. Secondo Marie, non riusciamo a liberarci di queste cose perché o siamo attaccati al passato (mi piaceva tanto e adesso non più ma ci sono affezionata) o perché abbiamo ansia per il futuro (forse mi servirà). Io rientro in pieno nella seconda categoria, e non va bene. Lo scopo è circondarci di cose che ci piacciono e ci fanno star bene adesso, per tutto il resto non c'è spazio, ciao.
La parola magica è buttare: buttare ciò che non ci piace e trovare la giusta collocazione per il resto. Non è così facile, ovviamente. Buttare le cose è permesso, ma bisogna farlo con una certa diplomazia: sono cose che ci hanno accompagnato e ci sono state probabilmente utili per un periodo, lungo o breve, della nostra vita, perciò ci è richiesto di essere per lo meno riconoscenti. Ho fatto la prima mezzora a ripetere ad alta voce cose come: "Ciao calzini, siete stati molto morbidi e caldi e vi ringrazio per aver sopportato a lungo la puzza dei miei piedi, ma purtroppo ora avete un buco sul tallone e perciò vi devo buttare. Arrivederci a presto!" Dopo il tredicesimo addio circa ho mandato a cagare la filosofia di Marie e ho cominciato a infilare stracci nel sacco nero borbottando: "Sì vabbè, grazie tante a tutti ma qui mi ci vuole fino all'estate prossima".
La morale è che ho buttato via uno scatolone più cinque sacchi di roba. A me sembra tanto, ma in coscienza mi immagino la faccia severa di Marie che mi rimprovera, perché le aspettative sono di 20 -venti- sacchi per persona. Vabbè ciao, per riempire venti sacchi avrei dovuto buttare via il frigorifero e il gatto.

Una volta che hai deciso cosa tenere, lo devi rimettere al suo posto. Non semplicemente riempire ex novo i cassetti, no. Devi trovare il posto giusto per ogni cosa. Fuori dai denti, il posto dove le tue cose possano sentirsi felici. E io spero che i miei reggiseni e le mie calze si siano felici dove stanno, perché l'unica opzione alternativa sarebbe farli penzolare dal soffitto, perciò ragazzi veniamoci incontro.
Ma non è finita! Quando riponi le tue cose al loro posto, è un po' come se andassero in vacanza: hanno lavorato per te e ora si devono riposare ed essere comode. E potete immaginare come l'ultima di una pila di magliette schiacciata e soffocata dalle altre compagne possa essere comoda. Come si fa, allora? Semplice, si sistemano le cose in verticale. E va beh, sui libri e raccoglitori non ho problemi, Marie, ma per i vestiti ho avuto bisogno di chiedere l'aiuto da casa.


Come piegare le magliette affinché possano essere felici secondo il metodo Konmari.

Di base, vale l'idea che i vestiti stanno meglio piegati che appesi. Però anche la Marie conviene che ci sono alcuni capi che bisogna per forza lasciar penzolare da quei brutti orpelli che sono gli appendini, ad esempio le giacche e i cappotti. E come si fa per quei vestiti su cui abbiamo qualche dubbio? Facciamo la prova: appendiamo i nostri capi e li osserviamo. Ci sembrano felici? Svolazzano gioiosamente oppure stanno belli tesi con un certo aplomb? Allora significa che dobbiamo lasciarli appesi. Altrimenti li pieghiamo. Facile eh.
Ora, Marie, devo proprio confessare che ho imparato a piegare i collant con i tuo metodo, ho sistemato magliette e sciarpe in verticale, ma coi maglioni di lana giuro ho desistito. E' una stronzata, dai, Marie.


             

N.B. Come forse intuirete dal cassetto delle magliette, sarebbe preferibile disporre i colori dal più scuro al più chiaro. E' le giacche andrebbero sistemate dalla più lunga alla più corta. Ottimismo, raga. Rispettare entrambe le indicazioni non è stato facile, ma vi assicuro che il mio armadio adesso ha un'aria molto molto felice, credetemi.

Qual è la morale di tutto ciò? Che ovviamente non ringrazio la casa ogni volta che ci entro, né ringrazio piumino e stivali per avermi fatto compagni durante la giornata. Ma ho una casa sgombra e soprattutto un armadio in cui ci sono solo cose che mi piacciono e che metto, dove tutto è facilmente raggiungibile e non devo lottare contro squadroni di appendini per tirare fuori la camicia che mi serve tutta stropicciata. E' una sensazione bellissima e, sembra assurdo, ma davvero la vita sembra un po' più semplice. 
Non ho buttato via neanche un libro ma un sacco di scartoffie e riviste di cui non me ne facevo nulla, e le mie mensole sono molto più vuote e facili da spolverare. 
Ho schiacciato i sensi di colpa e ho buttato regali mostruosi e bomboniere inaffrontabili.

Mi sento meglio? Non tanto. Però ho risparmiato 40 euro da COS. 
E, cosa inaudita, non me ne sto neppure pentendo.


martedì 6 gennaio 2015

MAH. IO BOH.

Com'è?

Un anno iniziato peggio del 2015 non me lo ricordavo da, tipo, mai. Il due di gennaio già stavo calcolando i giorni che ci separano dal 2016. In lacrime. Per dire.

Il mio passatempo preferito in questi giorni è fantasticare su improbabili futuri altrove, futuri in cui io e il Pelliccia facciamo lavori che ci piacciono, abbiamo vacanze lunghe e passiamo tanto tempo insieme.
La visione più ricorrente è quella di me e lui, in uno di quei posti sul mare selvaggi (ma con la corrente elettrica e il wifi), in un piccolo appartamento con due vecchietti come vicini di casa. Lui farebbe lo skipper, io la libraia. Staremmo spesso in infradito e da dicembre a marzo potremmo tornare in visita a Milano perché si farebbe la stagione corta.

Altre varianti ci vedono trasferiti a Berlino, lui con cospicua borsa di studio, io giornalista freelance che Carrie levati; a San Pietroburgo con me che insegno italiano ai russi, perché immagino che questo tipo di mercato sia fiorente laggiù; a Lisbona, io traduco libri, lui è un affermato professore universitario.

Ma immaginarmelo come skipper devo dire mi diverte di più.

Insomma, avete capito che sto (ancora e di nuovo) scalpitando. Ho un chiodo fisso in testa e non posso pensare ad altro. Volevo scrivere sul blog, mi rendo conto che questo post fa schifo, non so ancora se lo pubblicherò o no, ma non riesco a concentrarmi su vestiti, trattamenti per capelli e minghiate. Non riesco ad essere naif, sono solo pesantepesantepesante. Sono un macigno.

Vorrei dirvi che ho iniziato il bagno di Harry Potter e, com'era logico, mi piace.
Vorrei dirvi del decluttering che sto attuando seguendo il metodo nazista di una giapponese.
Vorrei dirvi che oggi è l'epifania, e io sono a casa e mi aspetto la calza piena di dolci dalla mia mamma.

E invece ci ho messo mezza mattina a cagar fuori ste quattro righe sconclusionate.

Questo post fa schifo ragazzi, non me l'ero immaginato così il mio primo post 2015.
Mi spiace.
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