martedì 30 giugno 2015

PAURA DEL BUIO

Quando eravamo piccole, io e mia sorella Sgnappa avevamo una paura fottuta del buio.

Madre ci faceva filare a letto alle nove, in un rigido clima militaresco che non conosceva eccezioni se non per il Capodanno, ma poi doveva lasciarci accesa l'abat-jour, oppure la luce in corridoio.
L'abat-jour era una bambola di porcellana con un ombrellino, e capirete quanto poco questo aiutasse.

E' successo che una sera mi svegliassero i singhiozzi di mia sorella impanicata, perché l'ombra della bambola la stava facendo cagare sotto.
Io, che ho sempre avuto una zavorra di orgoglio pesantissima, mica piangevo. In compenso, mi son fatta venire i tic agli occhi.
Tenevo sotto controllo la tremarella autoconvincendomi che ci fossero gesti, scongiuri e mantra in grado di salvarmi dall'improbabile attacco dei mostri: ad esempio, le coperte erano in grado di fornire uno scudo universale contro demoni e assassini perciò, pur con una temperatura esterna equatoriale, se neanche un mezzo mignolo, un limbo di pelle, ne fosse spuntato fuori, potevo dirmi salva. La testa non valeva, per quella bastava chiudere gli occhi fortissimo.

Oppure, i piedi: è risaputo che mostri e cattivi si annidino proprio là, tra le pieghe delle lenzuola, nel buio più buio del fondo del letto, pronti a divorare il primo piede gli capiti a tiro. Io mi addormentavo con le ginocchia in gola, vincendo i crampi, e difatti ho ancora tutte le dita attaccate.

Soprattutto, era importante che mi addormentassi girata con la faccia rivolta verso il muro, dando le spalle alla porta, perché era da là che sarebbero arrivati gli attacchi. Non dalla finestra, da sotto il letto o dall'armadio come in Monsters and Co., proprio dalla porta che dava sul salotto in cui mamma e papà guardavano la tv, la cui luce arrivava soffusa, e probabilmente Freud darebbe un qualche senso a tutto questo.
Quindi io mi piazzavo sul fianco sinistro, occhi chiusissimi a un millimetro dal muro, e speravo di passare indenne la notte, una notte dopo l'altra.
Finché non arrivò un lampo di ragionevolezza, un moto di maturità che tra i nove e i dieci anni mi costrinse a un discorso molto serio con me stessa: sei una bambina grande, Gianni - mi dissi. Il tuo cervello abbondantemente irrorato e ricco di scanalature lo sa che una faccia contro il muro non ti salverà dai cattivi, per il puerile motivo che di cattivi non ce n'è, in questa stanza. Pertanto orsù, comportati da adulta e impara a girarti sull'altro fianco, mostra il tuo lato più vulnerabile alla porta!

E' con orgoglio e anche qualche commozione che ricordo il cuor di leone che ci misi nell'affrontare la prova. Notte dopo notte, sfidando le più recondite paure, mi costrinsi a dormire sul fianco destro, occhi ben stretti e cuore in tumulto finchè ecco, non mi successe niente. Ero salva ed ero capace di sfidare la porta. Ero cresciuta! Avevo conquistato la meravigliosa condizione di poter dormire sui due lati! Quella notte marciai tronfia verso il letto e l'idea arrivò come un lampo: posso dormire come mi pare. Posso girarmi a destra e a sinistra come e quando voglio, sono libera! Da che parte ho voglia di dormire oggi? Mi girai con la faccia verso il muro. Madre ci diede il bacio della buonanotte e spense le luci.
Buio.
Panico.
Non vedo la porta, potrebbe entrare chiunque da lì. Cercai di resistere, facendo forza sulla mia razionalità, ma niente. Mestamente, mi girai. Avevo imparato una grande lezione su di me: chi nasce coniglio, non può morire leone. Deve solo stare attento a cercare di non sporcarsi troppo le mutande.

mercoledì 24 giugno 2015

ODE ALLA CIABATTA

Sono indietro come la coda del cane, non c'è bisogno di ripetersi.

Qualche giorno fa, con circa un anno di scarto da tutte le peggio influencer del pianeta, sono diventata anch'io felice proprietaria e ostentatrice delle più famose ciabattazze scacciacazzi sul globo terracqueo.
Prova della mia immensa gioia, è che non riesco a smetterla di instagrammarmi i piedi.



La verità? (E' stavolta è la verità pura, lo giuro). Mi sono sempre piaciute. Mi piacevano già quando erano un affronto al buon costume, ma ho dovuto aspettare la loro consacrazione per tirar fuori il bancomat e digitare pin e tasto verde. Perché chiaramente sono una miserabile schiava della moda con una personalità piccolissima, e in tutti gli anni precedenti c'erano espadrillas, gladiators e mules da acquistare per sembrare una cogliona, ragazzi, qui non è che chiunque possa fare di testa propria eh.

Per sicurezza, ho lasciato correre un'estate, giusto per essere certa di essere l'ultima, ma proprio l'ultima, ad arrivarci, però adesso sono con gli occhi a forma di cuore e praticamente non metto altro. Giuro. Esondazioni, maremoti e altre calamità tipo i matrimoni non mi separeranno dalle mie ciabattazze, mai.

Comunque, visto che sto blog una qualche utilità ce la vorrà pur avere, che se volevo incensarmi per gli oculati acquisti che faccio potevo anche tenere un diario col lucchetto sotto il materasso o chiamare la Sgnappa, di seguito alcune informazioni utili che vi convinceranno che in the end la ciabattazza is always una good idea:

- Comodità. Giusto? Sbagliato! quante volte devo dirvelo che una cosa figa non ha da essere comoda? Che noi della comodità ce ne freghiamo? Certo, sulle Birkenstock una qualche aspettativa ce l'avevo anch'io ma di fatto, no. Almeno il mio modello, che si chiama Arizona, no. Nel senso che me le perdo da tutte le parti e il rischio il piede nella palta è giusto lì, appena scese dal marciapiede. Son sempre dietro a recuperarle.
Potevi prendere un numero più piccolo, direte voi. Ecccccerto, ma queste hanno la suola coi bordi alti, mica puoi barare, pena tallonite.

- Facilità di pronuncia. Vi dico un segreto, io ero indecisa tra le Arizona e le Gizeh, è che non sapevo come dirlo.

- Beltade. La verità è che stanno bene con tutto, tranne che coi bragoni bracaloni da Medina in fantasia, i quali parrebbero la scelta più logica e invece no, fanno subito centro sociale. Lo so perché ci ho provato e mi hanno chiesto indicazioni per il Conchetta.

- Empatia coi boyfriend jeans. Vestitini sì, full skirt sì, pantaloni sì, ma il meglio di loro lo danno coi boyfriend. E La Gianni loves boyfriends che fanno tanto mollatemi che non c'avevo sbatti stamattina e invece col cazzo, ci ho messo tre ore davanti all'armadio e alla fine ho messo di nuovo i boyfriend jeans perché non ho culo e mia stanno da dio e me li posso permettere, ciao neh.

- Instagrammabilità. Ma solo se hai la pedicure fatta bene, tipo me con un discreto fucsia che col nero è la morte sua proprio.

- Resistenza agli elementi. Fondamentale ragazze che come me siete arrivate in ritardo, se ci va bene abbiamo al massimo quest'anno per metterle prima di relegarle al ruolo di scarpacce da imbiancatura - come se io imbiancassi, poi. Quindi è necessario che siano sfruttabili col sole e con la pioggia. Arsura e umidità. Mare e montagna. Terriccio e asfalto bollente. Mettiamole ovunque che la vita è breve ma, si sa, la moda ancora di più

venerdì 19 giugno 2015

VORREI MA NON POSSO SWIMWEAR EDITION

Come era logico, sto in fissa con i costumi da bagno.

Logico perché, vista la mia deprecabile abitudine a cambiare lavoro a luglio, quest'anno il mare lo vedrò solo nelle simpatiche foto che avrete cura di pubblicare in abbondanza su Facebook.
Il mese di giugno, inoltre, non si smentisce mai, e dopo averci fatto penare con tassi d'umidità da Boa constrictor e temperature da forno a legna, in occasione della riapertura delle piscine all'aperto ci ha premiato con un filotto di giornate piovose e termometro in picchiata. Grazie amico.

Comunque, meglio così, perché quest'anno il mio parco costumi delude e, se da qualche parte brilla una stella solitaria (vedi il mio tesssssoro di Triangl), per il resto la solita vecchia presa di coscienza tardiva, del tipo: perché mai, col mio color di pelle muffito, dovrei avere costumi rosa pallido? Gli slip coi laccetti, ma davvero? Chi ha introdotto nel mio armadio queste buffe fasce coi volant?

Il mondo là fuori invece vive e prospera pieno di costumi da bagno splendidi, meravigliosi, così profondamente irraggiungibili, valevoli di svariati euro, che starebbero tanto bene su una proiezione di me (tonica e abbronzata) mollemente adagiata sotto le fresche frasche di una qualche palma piantata in un luogo remoto e blu:

- il bikini anni '50: non una novità di quest'anno, di certo. Un tantino troppo hipster per essere indossato veramente, ma qui siamo nel fantastico mondo dell'immaginazione perciò lasciatemi dire. Solo per le strafottenti dell'abbronzatura che, se vi riesce, non perdona.

Oysho - Topshop - Topshop


- il bikini in neoprene: perché le dipendenze si auto alimentano e Triangl batte chiodo con una collezione a do ra bi le. La sensazione di stare compressa dentro mutande di ghisa passa abbondantemente in secondo piano davanti alla sovraespoizione di colori fluo.
N.B. Se vi piacciono i costumi ma vi stanno antipatiche le spese di sdoganamento, H&M e Oysho copiano alla grande.

Tutto Triangl

- il costume intero: only the brave proprio. Only quelle che l'abbronzatura gli fa schifo. Only per la protezione 50.

Topshop - Topshop - Oysho

sabato 6 giugno 2015

E POI FU IL FISCHIETTO

C'era una volta, tanto tempo fa, una fanciulla che odiava gli sport, specialmente gli sport da maschio.
Non le piacevano gli stadi, la sola vista di un pallone la faceva sbadigliare, non capiva nulla di punteggi e classifiche e nemmeno trovava sollievo nell'ammirazione di muscoli guizzanti sotto magliette sudaticce e sintetiche. Chi di voi donzelle ha deciso che c'era del fascino negli sportivi, oltre ai polpacci depilati e a fascette per capelli di dubbio gusto? Lei odiava tutto questo.

E poi, un giorno, fu il fischietto.

Se vogliamo essere del tutto onesti e cronologicamente coerenti, in principio fu Il Pelliccia: non importa quanti discorsi ispirati si facciano da single sulla salvaguardia della propria personalità di ferro, arriva sempre il momento in cui si comincia a frequentare una persona interessante e questa ti propone l'uscita da spavento. Gli amici puntano discrete somme dando fiducia alla tua integrità morale, certi che mai mai mai e poi mai acconsentirai a sorbirti il concerto gospel del coro parrocchiale diretto dalla cara zia Caterina. E poi tu dici sì.

Per compiacere Il Pelliccia, nei primi mesi della nostra relazione io sono andata a mostre fotografiche, ho letto tutto Q di Luther Blisset e fatto finta mi fosse piaciuto, e sono andata a vedere una partita di basket.

Tutto ciò succedeva cinque anni fa, e io del basket sapevo che i giocatori erano molto alti, da qualche parte c'erano due canestri e una palla da infilarci dentro. Le uniche partite che avevo all'attivo erano quelle giocate da mio cugino a sei anni nei pulcini della polisportiva.

Sarà stato il caso, o sarà forse stato Il Pelliccia che è un maledetto volpone, la partita galeotta era Olimpia Milano vs Pallacanestro Cantù, cioè il derby dei derby. Come dire Rory vs Paris, la polizia vs l'FBI, i sandali alla schiava vs la ritenzione idrica. Se non ho reso l'idea, significa sangue sul parquet. Significa il Forum pieno che scoppia, i cori, gli striscioni, l'adrenalina a fette, una selva di maglie rosse e l'esaltante sensazione di star vivendo un momento importantissimissimo. Che se non è ora non sarà mai più. Che vincere è la cosa più importante, la più importante in assoluto che ci sia al mondo, e chissenefrega se ci sono guerre, catastrofi ambientali, le tasse da pagare, a me hanno messo in mano un fischietto. Tutti intorno a me hanno un fischietto, undicimila persone armate

Il fischietto è stato il mio anello di fidanzamento col basket. Ho fischiato Cantù con tutti i miei polmoni e lì ho imparato la prima lezione importante dalla mia rinascita sportiva: dovevo saltare. Se non salti, si tacciabile come canturino, e questo a me non sarebbe mai dovuto accadere. Non finché fossi stata dotata di fischietto almeno.

Da quella partita in poi è stato vero amore, tra me e Il Pelliccia e anche tra me e l'Olimpia. Ho imparato lezioni di vita fondamentali e utilissime, ad esempio:

- se sei grosso, devi sfruttare i tuoi chili e la tua altezza sotto canestro;
- penetrare può avere un'accezione sportiva de tutto lecita;
- la palla ha bisogno di circolare, come me quando temporeggio in rotonda;
- esistono parole fighissime che non sapevo facessero parte della lingua italiana, tipo minutaggio, che ora uso continuamente e con spocchia.

Soprattutto, ho imparato i cori, e non ho nessuna paura ad usarli. Canto in curva e urlo merdeeee come non ci fosse un domani, mentre Il Pelliccia mi guarda sconsolato, domandandosi come sia stato possibile che la sua dolce bambolina venisse rimpiazzata con un ultrà incazzato.

Continuo a non capirci un cazzo di basket, tipo io i falli di passi non li vedo mai. Mi distraggo proprio mentre fischiano il tecnico e per non sbagliare grido buuuu all'arbitro. Soprattutto, come la migliore delle supplenti occhialute elementari, premio l'impegno: sei una pippa e l'intero forum urla all'allenatore tiralo fuooooriiii? Io mi dispiaccio, e forse diventi il mio preferito per un po'. Però ti devi impegnare eh. In compenso, sono spietata con gli avversari: inspiegabilmente, pare che tutte le loro mamme pratichino una professione disdicevole. Più passa il tempo, e più si allunga la lista di città in cui non vorrei mai più metter piede, tanto che comincio a paventare un futuro di vacanze spese a fare selfie davanti al Castello Sforzesco e prendere la tintarella all'idroscalo.

Il 28 giugno dell'anno scorso l'Olimpia ha vinto lo scudetto e io non mi sentivo così emozionata dal Natale del '97, quando ho scartato la Barbie Usignolo.

Adesso ci risiamo: vincere, perdere, vincere, subire tanti canestri e poi recuperarli, i gruppi su Facebook, i tweet dedicati, la mia maglia rossa, la diretta su Rai Sport, il tifo il tifo il tifo, il crepacuore, i vola Olimpia vola e poi il tifo il tifo e il tifo. E uscirne con una nuova, inestirpabile convinzione: Sassari, ridente città in quel della Sardegna, tu con i tuoi simpatici nuraghi con me hai chiuso, perché io, quel pugno in pancia a Cerella, finché avrò vita e fiato per il mio fischetto non lo dimenticherò mai mai mai.
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