martedì 25 febbraio 2014

VIA DEI MATTI NUMERO ZERO, 20124, MILANO.

Il Pelliccia ed io staremmo quasi pensando di cambiare casa  **risate preregistrate di sottofondo**. 

Sono passati più di due anni dal giorno felice in cui ci siamo trasferiti qui, in via dei Matti numero zero e per chi ancora si sta chiedendo come sia possibile che due sfigati come noi abbiano trovato un appartamento a un tiro di cannuccia dall'Area C, la risposta è: basta scegliere un palazzo che sta insieme con lo scotch.

Quando due anni fa il Pelliccia ed io approdammo qui, eravamo satolli del nostro amore e con tanta tanta voglia di costruire il nostro nido. Ovunque fosse. Ma ovviamente non a qualunque costo. E poi che bugiarda, non è vero che ci saremmo accontentati di un "ovunque " qualsiasi: io volevo che fosse da qualche parte in centro. Perché ho il culo pesante, uno. E due, perché sotto sotto sono inguaribilmente snob. 
Ergo, la famosa arte del compromesso: sotto la Madonnina sì, ma nella casa dei Lego. 
Mi ricordo ancora lo sguardo di terrore che è saettato tra me e il Pelliccia quando la padrona di casa, illustrandoci l'appartamento allora vuoto, ci disse: "Qui nel bagno la porta c'era ma l'hanno divelta, non so perché!". Non lo vogliamo sapere, signora.
Il nostro appartamento da vuoto sembrava una padella wok: alto ai bordi e basso in centro, ovvero, sfondato. Adesso è pieno e non c'è un mobile che sia uno in grado di stare in piedi senza pezzi di cartone e cunei di legno che lo tengano in bolla. Lavare i vetri è uno sport estremo in casa Pelliccia, perché bisogna trovare l'esatto punto di equilibrio sulle piastrelle sconnesse ed evitare di ribaltarsi di sotto.
E, parlando di finestre, il Pelliccia ed io ci siamo trasferiti in Novembre, quando le giornate cominciavano ad accorciarsi. E per fortuna, perché alla nostra protesta circa le persiane marce e pericolanti (io non le tocco!, urlai, Uccideranno qualcuno!!), la padrona di casa ha risposto facendocele trovare smontate sul pavimento della camera; e quando abbiamo alzato il ditino facendo notare che forse, le persiane erano uno strumento abbastanza irrinunciabile in una camera da letto, il suggerimento pensato è stato quello di ovviare con delle belle tende spesse. Così col Pelliccia abbiamo dormito due mesi con i cartoni attaccati alle finestre. E poi abbiamo capitolato e ste persiane ce le siamo comprate.
D'altronde, eravamo già temprati dalla precedente esperienza con lo scaldabagno per cui, impegnati a montare le mensole dell'Ikea, ci sorprese la chiamata della padrona di casa che ci avvisava dell'imminente arrivo della ex coinquilina per riprendersi lo scaldabagno. Scusi? Eh certo, lo scaldabagno è suo. Cioè vuole dire che lei ci ha affittato un appartamento senza l'acqua calda?!

C'è da dire che, in due anni e con tanto amore, il Pelliccia ed io siamo riusciti a trasformare l'antro delle streghe in una casina tutto sommato accogliente, nonostante la stufa che per non andare in blocco deve rimanere smontata e la porta d'ingresso che, rimessa insieme in qualche modo dopo l'intrusione dei ladri, non ha più una serratura ma un buco nel legno in cui infilare la chiave. E nonostante il citofono non abbia mai e dico mai funzionato, costringendoci alle sceneggiate napoletane dalla finestra ogni volta che suona qualcuno.

Ma se la struttura in sé e per sé non è forse il massimo, sono ben altre le cose che collocano questa casa in via dei Matti numero zero. Al piano terra del palazzo hanno da poco aperto un centro massaggi cinese. Sì, uno di quelli che fanno il massaggio romantico a 50 €. Che vi dirò, a me starebbe anche bene, se non che per sottolineare la tendenza del locale si è deciso di posizionare sul pianerottolo una lampadina che emana una soffusa luce rosa. Ed è sempre bello quando torno dal lavoro schiacciare l'interruttore e trovarsi a Pigalle.
E poi succedono le cose strane: tipo l'altra mattina, che scendo un po' assonnata, con in mente solo il cappuccino che ancora dovevo bere, e mi trovo nell'androne una montagna di michette. Ma tante, tipo un chilo di michette di fianco alle bici! La spiegazione? Boh, nessuno l'ha scoperta mai.

E però. Però c'è che in via dei Matti numero zero alla fine si sta bene. Solo qui succede che si facciano le grigliate in cortile d'estate,e se si annerisce col fumo il muro del pittore che sta al piano terra, nessuno si arrabbia o si lamenta. Anzi, il ristorante di fianco ci mette il vino. E in primavera, quando si cominciano a lasciare le finestre aperte la sera, in orario aperitivo l'elettricista del terzo piano mette la musica per tutti. Solo qui succede che rientri tardi la sera, incroci la coppia che abita sotto di te e ti tirano sbronza a suon di grappa croata. E se vai via qualche giorno c'è chi è disposto a farsi sette piani tutti i giorni per sfamare il tuo gatto.

Ecco perché io e il Pelliccia giriamo, cincischiamo, spulciamo i siti ma poi, di fatto, temporeggiamo. Perché di nido d'amore ce n'è uno, e per quanto brutto, malandato, pazzo e assurdo, il nostro è ancora qui. Dovremmo crescere, ma c'è ancora tempo...

giovedì 20 febbraio 2014

HALL OF SHAME: FASHION BLOGGERS, Sì MA NO.

Ad aprire un blog son capaci tutti, e infatti anche noi abbiamo aperto il nostro.
Anche a spararsi i selfie son capaci tutti, e infatti.

Però io pensavo che per fare la fashion blogger non bastasse smanettare su Wordpress, postarsi le pose e crederci un sacco. Che ne so io, direte voi, e infatti. Infatti vorrei ringraziare il pubblico a casa e soprattutto quei 30 personaggi problematici che hanno deciso di seguire The Funny Project (ehi, grandissimi!), che io non lo so che disagi abbiano loro in famiglia e nemmeno ci voglio entrare, fatto sta che sono anche empatica con il resto del mondo che saggiamente non ci caga.

Perché sapete io, io pensavo... Pensavo che per fare la fashion blogger e avere 800k di fan qualcosa in più ci volesse. Chessò, mica pretendo che si sappia distinguere l'organza dalla mussolina, però magari, così, un po' di buon gusto ce lo vogliamo avere? Una seppur vaga percezione del proprio fisico, ce la vogliamo mettere o no? E, la sparo così, esagerando, magari un pizzico di fantasia? Un minimo di creatività, perdio?

Perché io me lo chiedo veramente cosa spinga > mille (mille) anime ad aprire, che ne so, Coopstyle che pubblica delle foto così:


Coopstyle

Dai, ma veramente?! La maglia a rete che neanche Lenny Kravitz con quelle tette? C'è davvero qualcuno che pensa sia una buona idea?
Valentina secondo me ha due problemi: uno, ha il gusto sopraffino di una tamarra delle giostre; due, ha la sciagurata tendenza a buttarsi addosso a casaccio tutti gli ultimi trend di strada (la cuffia di lana con la veletta, per esempio. Cioè adesso. Qualcuno glielo vuole dire che ce l'eravamo già bruciata ad Ottobre?), senza preoccuparsi che il risultato abbia un senso logico. Ultimamente ce l'ha con il berretto hip hop e se lo infila con qualsiasi look le venga in mente, creando disastri tipo questo:

Coopstyle

Valentina, ma come come come nell'universo potrebbe mai essere una mossa intelligente abbinare il traforato con la giacca del college, lo zaino, le pumps classiche e quel cappello? E per tutti gli dei, quegli shatush? Chi è il tuo parrucchiere, Neal il grade artista?!
Intitola il suo post "Urban chaos". Come non essere d'accordo, Vale.

Come qualcuno già sa, io ho un piccolissimo debole per le fashion blogger asiatiche. Le amo. Perché di solito se ne sbattono dei cliché e osano cose che noi umani siamo ancora lì a cercare le navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. Certo che quando osano certe cose...

In Her Stilettos

Diya, hai seriamente messo degli occhiali a forma di cuore sulla tua faccia? Ma per quale stracazzo di motivo, figlia mia! Ti vuoi male, ti vuoi molto molto male! Secondo me la fregatura è che lei è based in New York City. Non è 100% asiatica, e infatti le colleghe ammerigane l'hanno contagiata. Ma malemalemale.
E poi su, qualcuno deve pur farlo: Diya, cuore mio, con le ginocchia che hai, basta con le gonne corte. Non sono una buona idea. Perché non provi un'emozione nuova, un'esperienza sconvolgente, e non ti infili un paio di pantaloni? Li hanno sdoganati negli anni '20!

Stando sempre da quella parte del mappamondo, io mi chiedo, fortissimamente mi chiedo chi mai in coscienza potrebbe ispirarsi al look di una con questo colore di capelli:

The Haute Pursuit
Che voglio dire, la Vanessa a me non dispiacerebbe neanche per niente. Le runners con il manicotto di pelo e il cappotto cammello secondo me sono geniali. Ma il caschetto paglierino non lo posso affrontare. Non ce la faccio ma non ce la faccio proprio!

Passiamo ora a quella categoria di fashion blogger che ti riempiono il cuore di gioia. Quelle che apri i loro post, vedi le loro foto, e ti mettono proprio allegria. Quelle tipo Jacqueline di FashionSnag:

Fashion Snag

Ora, al di là della travolgente originalità di questo look e del fatto che, evidentemente, a Denver quando nevica si va con la magliettina di cotone... Ma che cos'ha sta ragazza che non ride mai? Fa così schifo la vita in Colorado? Vabbè, si potrebbe pensare. Magari è lo scatto che è venuto un po' così. Magari è la giornata che le girava storta. Aveva mangiato del limone. No. No. Lei è così sempre:

Le faranno forse male le scarpe?

Sì, effettivamente questo look fa piangere.

Comunque, tutte queste ragazze sono dilettanti in confronto alle campionesse del cattivo gusto, le regine del fail, le superstar del trash che sono le gemelle Beckerman.
La loro specialità è indossare capi iperfirmati per svariati euro e farli sembrare straccetti di Bershka. Il loro Beckerman Blog è la versione fescion di "Non sapevo di essere incinta": quelle cose che sono talmente trash, talmente brutte, che ti diventa un'attrazione morbosa, e non puoi smettere di guardarle perché vuoi vedere quanto possono essere ancora più trash e brutte man mano che si va avanti.

Per capirci, le due pazze pazze sorelle si sono presentate alla New York Fashion Week conciate così:

Beckerman Blog
A me l'unica cosa che viene da dire è WTF?!? Una mia amica una volta si era comprata un vestito del genere per andare in spiaggia e l'ho derisa. L'altra ha addosso gli stivali Chanel di quest'inverno. Nell'accozzaglia neanche li avevo riconosciuti.
Le gemelle Beckerman tuttavia possono fare di peggio: ho quasi la sensazione che si nascondano dietro al loro status di fashion blogger con il loro "personal style" da sfoggiare per agghindarsi con le peggio cose e prenderci per il culo. Perché io non voglio assolutamente credere che vi piaccia andare in giro combinate così, ragazze:

Beckerman Blog

Ma perché amica mia? Perché? Sembri lo yeti in crisi da guardaroba negli scatoloni durante il trasloco.

Beckerman Blog

Non riesco nemmeno a capire quante cose hanno addosso una sopra l'altra. E non saprei quale aggettivo utilizzare per quel vestito, quella borsa, quel cappello. Ma non ce l'avete una mamma, delle amiche, figlie mie? Qualcuno che vi voglia bene?
Quello che vorrei davvero chiedere alle gemelle è: seriamente vi piacete così? Vi sentite belle? O ci state prendendo per il culo e poi la sera vi fate matte risate leggendo i commenti dei vostri followers che trovano così gorgeous i vostri outfit senza senso?

Beh, la Milano Fashion Week è appena iniziata; se sono fortunata magari le becco che passeggiano per Via della Spiga e glielo chiedo. Ma più probabilmente credo che scapperei via terrorizzata se dovessi incontrare per strada due pagliacce conciate così:

Ciao, Minnie!


domenica 16 febbraio 2014

COSE CHE VOGLIO DA TE, PRIMAVERA 2014.

Un paio di settimane ed è Marzo, e a Marzo, anche se nevica e ci sono due gradi a mezzogiorno, è PRIMAVERA. Sulle ali di questa ventata di ottimismo, nella piovosità senza speranza di una domenica pomeriggio, oggi ho deciso che ormai ci siamo, e, se la primavera è alle porte, di certo non ci vogliamo far cogliere impreparati.

Parola d'ordine: pianificare. Perché fare shopping è un lavoro per duri, non bastano gambe allenate, braccia robuste per trasportare buste piene e un paio di stipendi da buttare allegramente all'aria. Ci vuole coraggio. Determinazione. E soprattutto, ci vuole un'abbondante preparazione per evitare di farsi risucchiare dal turbinio di passioni che Zara è sempre capace di suscitare, e che ci fa tornare a casa due ore dopo con le braccia piene di top floreali che quando mai.

Tutto ciò per dire che io ho deciso cosa voglio. Dalla mia vita. Questa primavera.

Innanzitutto voglio un paio di scarpe, e le voglio così:

Prada
Sempre Prada

Ma anche mi accontenterò di:

Zara, per esempio.
Comunque, tanto per farvi capire il genere. Una scarpina un po' così, con quel tacco un po' così e quell'espressione un po' così. E lo so che tutte pensate che sia da sfigata, e che la vita è corta e i tacchi non dovrebbero esserlo ma:
intanto io sono una principiante dei tacchi perciò mi sembra che quattro centimetri e mezzo sia un'altezza più che ragionevole;
e poi comunque con i tacchi alti faccio subito strappona, e invece il mio nuovo mood per la primavera 2014 sarà chic e femminile, e questi secondo me ci stanno benissimo.

Speravo di riuscire a portarvi ad esempio qualcuna delle mie fascion blogger del cuore a supportare la mia tesi, ma niente, queste se ne vanno in giro con i trampoli.  Epperò non mi lasciano sola, perché c'è chi mi giustifica il secondo paio di scarpe che voglio e cioè la slipper camouflage, che detta così mi fa sentire tanto Carla Gozzi, ma insomma, la pantofolina animalier, cosa che ad esempio Andy mi sta dando tanta soddisfazione:

Ci piace un sacco.

La versione sporty? Non so...

E cercando scarpe, insomma, le idee ti vengono...

Ad esempio ho scoperto che voglio tutte le gonne di Tricia, perché questo è il mio modello, ragazze. Mi sta bene. E soprattutto, lo posso mettere anche in bici (yeah!).







E infine il feticcio. Perché ogni stagione ha il suo feticcio, e quest'anno è lui, l'unico: il tutù. Voglio un tutù. Un tutù così:

Park and Cube.

Però rosa. Repetto, aspettami!

venerdì 7 febbraio 2014

DIY: JEANS SHREDDATI, YES I DID IT!

Ogni volta che mi prendo qualche giorno di ferie, piove a dirotto, il che non è malaccio, perché mi dà la motivazione perfetta per:
dormire tutti i giorni fino alle undici;
imbruttirmi cinquanta ore sul divano con la tv fissa su Real Time
inventarmi boiate da fare.

Visto  che sui programmi di Real Time c'è ben poco da dire (raggiungono un tale livello di sociopaticità che mi mancano le parole), mi concentrerei sulle boiate.
La Boiata di questa settimana, che poi in realtà è uscita benaccio facendomi sentire very powerfull nonostante la casa fosse ridotta ad un cumulo di macerie prima della fine dell'opera, è questa:


Ho shreddato un paio di jeans risalenti ad un'era prescolastica, che sono stati per anni anni e anni i miei jeans preferiti (vi dico solo che quando li ho acquistati la gamba stretta era pura avanguardia) e che per ovvi motivi erano ormai ad un passo dal cassone dell'immondizia, perché erano troppo consunti anche per la beneficenza.

Comunque, appurata la magnificenza del risultato, che io per prima non ci averei mai e poi mai creduto, ho deciso di condividere con voi questo mio nuovo know-how con il mio personale tutorial  per:

SHREDDARE UN PAIO DI JEANS: HOW TO by LaGianni.

1) Cercare su YouTube tutorial più credibili per avere una vaga idea di come si shredda veramente un paio di jeans.

2) Scegliere un paio di jeans davvero irrecuperabili e spararsi un brutto selfie per autoconvincersi della necessità di sacrificarli in nome dell'arte.

Qui sembra che ho le gambe di venti centimetri, ma vabenecosì.
3) Mettere insieme la seguente strumentazione:

Grattugia per il grana;
Forbici grandi;
Forbicine;
Pinzette per sopracciglia.
Il tutto in una monocromia inquietante, tra l'altro. In realtà la grattugia non l'ho mai usata e le pinzette le ho gettate lontanissimo in un momento di sclero dopo che eran dieci minuti che tentavo di sfilare i fili blu del denim invano, ma approfondiremo questo tema più tardi, non voglio anticiparvi troppo.

4) Con la forbice grande, praticare dei tagli in orizzontale ad minchiam sulla gamba del jeans, in corrispondenza di dove vorrete la shreddatura. Se la volete solo in un punto particolare (per esempio, sul ginocchio) vi suggerisco di farli con il jeans indossato, in modo da non sbagliare altezza. Se invece volete solo attuare un'opera di distruzione come nel mio caso, potete pure farli a random. 

5) Qui è arrivato il difficile. Perché tutti i tutorial che mi sono vista, tutti, a questo punto ti dicono di impugnare le pinzette ed estrarre i fili blu che costituiscono l'ordito del jeans. Sono in pratica i fili verticali, che tu hai appena tagliato a diverse altezze nel punto 4. In teoria, ma solo in teoria, i fili che stanno nella porzione di jeans compresa tra due tagli, non essendo più ancorati a niente, dovrebbero sfilarsi facilmente e lasciare nudi e visibili (con cavolo) i fili orizzontali bianchi e facendovi ottenere il tipico effetto shreddato.
Il lancio della pinzetta è avvenuto qui, esattamente, perché sa dio che ordito aggressivo avevano i miei jeans, ma sti fili blu non venivano. Neanche a piangere. Superato l'attimo di panico in cui ho realizzato di trovarmi con in mano un paio di jeans tagliuzzati e non shreddabili, ho recuperato l'ottimismo ed ho elaborato il punto numero

6, ovvero il punto salvagente) Se la montagna non va a Maometto, è Maometto che va alla montagna. Tradotto: se non riesco a disarcionare i fili blu, libererò quelli bianchi. Ho girato i jeans e, piano piano piano piano (tipo che ci ho impiegato mezza giornata a fare tutto) ho tirato tutti i fili bianchi senza romperli, portandoli verso l'apertura del taglio e liberandoli dalla schiavitù dei fili blu. Vi faccio vedere le foto, che si capisce meglio:

Potete qui ammirare come, con la mia forbicina, sto liberando il filo bianco.
Ogni po' di fili bianchi che tirate tagliate via l'esubero di fili blu orfani, se no vi intralciano il lavoro.


Dopo molti fili bianchi tirati, il risultato sarà questo qui.

E niente, non sono sicurissima che abbiate capito proprio tuttotutto, perché tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare di fili blu che hanno letteralmente invaso l'intera mia magione (e i bastardi si insinuano dappertutto, sono giorni che continuo ad aspirarli a mazzi dal pavimento), ma vabè, io devo dire che sono così soddisfatta dei miei jeans che i batuffoli di filo blu ancorati a tende, coperte, divano e pelo del gatto sono solo un piccolo prezzo da pagare.

Ora manca solo il sole perché se esco a sfoggiare i miei nuovi jeans con questa temperatura mi si sgretolano le cosce.





mercoledì 5 febbraio 2014

HAPPY NEW YEAR 2.0: L'ANNO DEL CAVALLO

Se eravamo appena usciti dalla depressione di inizio anno, ci hanno pensato i Cinesi a ributtarci giù, che con tempismo perfetto sfalsano il loro capodanno di un mese esatto rispetto al nostro, costringendoci a un nuovo faccia a faccia con la dura realtà. Come lo si affronta? Festeggiandoci su.

Quest'anno io e Il Pelliccia il capodanno cinese non ce lo volevamo proprio perdere, e così ci siamo fiondati in Paolo Sarpi venerdì sera pronti a prendere la ciocca. "Ma non c'è un cazzo!" ci lamentiamo con la cameriera del ristorante. "Eh no, noi festeggiato ieli", ci risponde. Ah. Vabbè. "Pelò c'è ancola festa domenica pomeliggio", ci consola. Ah sì? Dai, figo, almeno abbiamo la scusa per non marcire una giornata intera sul divano.

Così domenica scorsa io e Il Pelliccia ci siamo incontrati con Yangwawa in Paolo Sarpi per vedere la Parata dei Draghi e dei Leoni e festeggiare degnamente l'avvento dell'Anno del Cavallo, che, pare, dovrebbe essere un anno buono, perciò godetevelo, che l'anno prossimo sarà quello della Capra, e Yangwawa mi ha detto che nell'anno della Capra non si devono fare figli perché nascono sfortunati. Insomma, fatevi i vostri conti.

Intanto, ci sono delle cose da sapere, prima di festeggiare a caso. Cose importantissime, la prima delle quali è che il primo giorno dell'anno non ci si può lavare i capelli. Questo perché pare che in cinese il carattere per "capelli" abbia a che vedere con il carattere per "arricchirsi" (boh?), e non sia mai che con una spruzzata di Pantene ci si lavi via la fortuna di un anno.
La seconda è che il capodanno cinese è anche detto "Festa di primavera". Sarà, forse in Cina, qui faceva freddo e (ma dai?) pioveva.

La parata era figa. Io l'ho vista la sera, in realtà, dalle foto che ha scattato Il Pelliccia sopra le teste, perché c'era più gente che al concerto degli One Direction. Incidenza cinese: uno ogni sei milioni di italiani, compresi quelli che smanettavano il drago, ma vabbè. 

Questo è quello che vi siete persi:



Draghi e Leoni, giustamente. E devo dire che i leoni erano particolarmente ganzi.



Signorine cinesi in abiti tradizionali rossi perché, mi dicono, il rosso porta fortuna e soprattutto aiuta a scacciare i demoni malevoli che pare si aggirino tra noi nei giorni di transizione tra l'Anno del Serpente e quello del Cavallo (paura eh?)

Ma soprattutto...




Cani in piena crisi di identità. Sarò un cane? Sarò un leone?

Ovviamente, non è Sarpi se non si fanno degli acquisti ad minchiam perciò Yangwawa ed io ci abbiamo dato dentro con le boiate: prima tappa, Oriental Mall, la nuova mecca. Yangwawa fa scorta di merendine e datteri, sia mai che scoppi una guerra:



Qui Yangwawa mi inizia alla nuova dipendenza 2014, ovvero il Bubble Tea. Una roba che in cinese ha un nome impronunciabile epperò è buonisssssssima:


Praticamente the con latte, ha dentro delle pallottoline nere gommose la cui origine rimane fumosa, data la dettagliata spiegazione di Yangwawa (mah... non so... sono tipo delle erbe... pressate... ci fanno i dolci anche... se ne mangi tante sanno un pochino di liquirizia). La cosa figa è che ti mettono questo mega-cannuccione nel bicchiere, così mentre sorseggi puoi tirar su le palline gommose e mangiarle insieme al the!


Una Yangwawa felice del suo Bubble tea.

Yangwawa ed io concludiamo in bellezza il nostro shopping demente nel luogo della perdizione per eccellenza, tipo che Il Pelliccia si è fatto il segno della croce quando ci ha viste entrare: i negozi di cover. In Sarpi non puoi entrare in uno di questi posti e non comprarti una cover per l'Iphone, anche se non ce l'hai. Ci sono tipo centordici fantastilioni di cover per qualunque cosa, pareti intere sommerse di cover, che di solito hanno i brillantini.  O sono a forma di marshmallow. Io ne ho una con lo specchietto incorporato. E' il regno del trash formato cover. Ma Yangwawa ed io domenica scorsa avevamo una missione ben precisa: trovare e acquistare i pirulini che si mettono nel buco degli auricolari, sì, dai, quei così che non servono a niente ma che infili lì di bellezza. Non so come, ma dopo due/tre tentativi ci hanno capite ed ecco i nostri regali di inizio anno:


Sono estremamente soddisfatta della fragolina, anche se devo dire che la sezione trasversale di kiwi a cui ho dovuto rinunciare un po' mi pesa ancora adesso sulla coscienza...

E insomma, mi sento di affermare che l'Anno del Cavallo è iniziato sotto i migliori auspici. Per precauzione mi sono letta l'oroscopo, comunque, e a parte la scioccante scoperta di essere nata sotto il segno del Bufalo (no ma dico, ma con tutti gli animali che c'erano sulla dannata arca, il bufalo?) ho capito cheeeeee... niente. Anche quest'anno, mi sa, una bella fava, a meno che non si abbiano "dei colleghi o dei familiari con i quali avevate buttato giù l’idea di una piccola società" e allora " questo è proprio il momento giusto per iniziare a concretizzare il progetto" (non sono io) o a meno che uno non sia single, e allora "tutta festa per voi". E vabbè. Se volete deprimervi anche voi, questo è il link per l'oroscopo, e se quello per l'Anno del Cavallo non vi soddisfa abbastanza, preoccupatevi, perché l'anno prossimo se non ve lo ricordate è l'Anno della Capra. Sciagura a voi.

lunedì 3 febbraio 2014

NUOVE OSSESSIONI: LA MACCHINA DA CUCIRE

Non vi ho ancora raccontato del mio nuovo feticcio, il corso di taglio e cucito che ho appena iniziato a frequentare nel laboratorio dello Spazio B**K di via Porro Lambertenghi.

State ridendo? Non so come mai, ma ogni volta che dico taglioecucito la gente si mette a ridere. E dire che ci sono corsi con nomi ben più buffi che la gente frequenta nell'indifferenza generale, tipo  l'Acquacombat o il Military Fitness (ma che èèèèèèèè!!). 
Facendo fede al mio buon proposito n°3 di inizio anno, io ho deciso di mettere una (grossa) pietra sopra a tutto ciò che inizia con training e finisce con fitness, ignorare qualunque cosa abbia a che vedere con parole come cardio, step, tone, hydro e salamadonna, e concentrarmi a coltivare il mio lato ancora fertile, nella speranza di ricavarci qualcosa di buono o, alle brutte, di far passare il tempo. Ecco perché, sull'onda della vecchiezza scaturita dalla mia nuova relazione con l'uncinetto, mi sono buttata sulla macchina da cucire.

Buttata in senso figurato, intendo. Ma anche fisico, da un certo punto di vista.

Ci siamo andati in tre al corso, mercoledì sera: io, la mia collega Pallina e le mie Underground. Le Underground le considero ente a parte e non delle semplici calzature perché effettivamente, con una para di cinque centimetri, sembravano avere vita propria su quell'aggeggio del diavolo che è il pedale.
Quindi, primo appunto: mercoledì prossimo, in ballerine.

La nostra maestra si chiama Chiara. Sorprendentemente, è una ragazza giovane, non una vecchia bacucca con le dita a radice di pino consumate dall'artrite. Giusto per convincervi che la macchina da cucire non è un arnese per vecchi.

Io mi ero persa la prima lezione mercoledì scorso causa Parigi (cominciamo bene), perciò io e Pallina andiamo lì una mezzora prima per recuperare.

Lession number one: Come si infila il filo. Chiara dice, mi raccomando, prima di cominciare a cucire assicuratevi che il piedino sia giù, se no si ingolfa il filo. Io: OK! e parto: macchina ingolfata. Molto bene.

Primo esercizio: fare le cuciture dritte. Pallina va come un treno. Io... io litigo col pedale:

Drittezza is a state of mind.
Va bene, in qualche modo ce la faccio. Ho fatto anche lo zig zag (avete visto?), sono proud of myself. Così Chiara dice: adesso vi do due scampoli di tessuto e ci faremo un sacchetto. Deglutisco. Un sacchetto? Ho appena imparato a fare lo zig zag! Ma va bene, mi ci metto.
Pallina sta già inserendo la coulisse che io sono ancora a disfare le cuciture sbagliate che ho fatto (perché sì, non ci avevo pensato che un sacchetto necessita di un'apertura per essere utilizzato, e allora?). Quindi disfo, rifaccio. Ripasso la cucitura che mi è andata fuori dal tessuto. Sbuffo, sudo. Mi si rompe il filo. Di nuovo. Di nuovo. Chiara mi cambia la macchina, lei ha fiducia in me. La colpa non è mia, è di quella dannata macchina. Stiro, rischiando di uccidere. Passo la coulisse, il bordino che ho lasciato è piccolo, ma io celafacciopassarecazzooooo!!!! E finalmente...
TADAAAAAAN!!!



Sto quasi per piangere dalla commozione... il mio sacchetto!! E la coulisse funziona davvero, guardate!


Insomma ne sono uscita stanca, affamata (che non avevo mangiato), ricoperta di fili ma VITTORIOSA! Dopodomani avrò la prossima lezione: cosa sarò capace di fare? Una federa per cuscino forse? Un tovagliolo? A breve gli aggiornamenti sui miei progressi (se ce ne saranno)... stay tuned!

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